E ora? Il Governo è fatto. E’ stato tutto così veloce. Stavo ancora insultando (in maniera “urbana” ovviamente. Cerco sempre di non offendere nessuno come persona!) Di Maio che me lo sono trovato Ministro degli esteri in un Governo “amico”. Appunto non so dire molto di più di: e ora? Sono, come tanto militanti del Pd, frastornato. Ho alcune certezze. La prima è che si tratta di un Governo legittimo, legittimamente votato da un Parlamento legittimo e questo mi fa sentire tranquillo. Non faccio parte di una “banda a delinquere” e quando vedo Salvini e la Meloni in stato di agitazione permanente, che gridano all’inciucio e al tradimento e invitano alla rivolta il popolo, sono orgoglioso di non appartenere a quella cultura politica. Poi altra certezza. Renzi c’è. Va in giro per il mondo. Non si occupa del PD. Non ha correnti dentro al PD. Non partecipa a caminetti e salotti. Ma c’è. E lo si vede nel risultato. Tre ministri e cinque sottosegretari sono il “bottino” della sua corrente. Non male per una minoranza, pur qualificata. Non critico minimamente la sua strategia. E sono, in fondo contento, che nel centrosinistra italiano ci sia la sua presenza, tutto sommato, di qualità. Una sola richiesta: “perché non la smetti di volerti presentare come un “oltreuomo” e stai in terra come tutti noi? Sono certo che, alla fine, staresti più simpatico a tanti. E raggiungeresti obiettivi e risultati migliori per te, per il PD e per il centrosinistra”. Ultima certezza. Il PD riesce, da tempo, sempre ad “entrare nella stanza dei bottoni”. A governare pur tra mille difficoltà. E su molte cose anche bene. Su altre invece sempre “in ritardo”. Governa, convince in maniera alterna ma desta poca “simpatia”. Quanto tempo è, come militante, che non mi sento orgoglioso di appartenere alla comunità del PD. Certo gli altri sono peggiori, ma possibile che come PD non riusciamo da tempo a galvanizzare il nostro popolo? E’ un problema. E va affrontato.
E ora veniamo ai dubbi. Sono tanti. La voglia di ripetere, senza mai averlo detto in precedenza, il #senzadime è elevata. E non tanto per una sorta di “non possumus” fra Pd e grillini. Ho sempre pensato che valesse la pena di mettersi intorno ad un tavolo e dialogare. L’avrei fatto dopo il 4 marzo senza se e senza ma. Cosciente del fatto che in un sistema elettorale di tipo proporzionale con tre polarità l’ipotesi di mettersi al tavolo a dialogare con un “esercito nemico” è pressochè inevitabile. In questo caso però ci sono un anno e mezzo di Governo trainato dalla Lega e subìto senza fiatare dal M5s, un Presidente del Consiglio che, se pur si è riscattato all’ultimo miglio, è stato subalterno alla politica di Salvini ed infine un capo del M5s, tal Di Maio, che si è contraddistinto per atteggiamenti e politiche fortemente populiste, spesso antiistituzionali e sempre mirate ad individuare nel PD e nella comunità da questi rappresentata come il “nemico da battere”. Insomma un po’ troppa “materia” da digerire in poche giornate di discussione.
Ma ora il Governo c’è. Con i suoi ministri e sottosegretari che non anelano “all’alto”, né della competenza né della pregnanza politica, e con alcune presenze che davvero ci riportano indietro ai nefasti giochi correntizi della prima Repubblica. Il Pd avrebbe dovuto tentare, a differenza dei populisti, di puntare più in alto. Di rinnovare la compagine di Governo. Di immettere più competenze e presenze civiche. Insomma di far vedere qualcosa di diverso da un accordicchio. Non è stato così. Ancora una volta noi militanti ci facciamo piacere il Governo. Per ritrovare un po’ di orgoglio e di passione ci sarà ancora da attendere.
E allora tutto si sposta sulle cose da fare. Attendiamo e vediamo di capire qualcosa in più del programma che è stato presentato. Vediamo di capire quali saranno le direttrici operative. Discuteremo e approfondiremo nel tempo le singole azioni, gli strumenti e le norme che verranno. Qui vogliamo solo gettare una luce sulla voce “economia” che ci sembra davvero uno dei temi principali da cui dipenderà o meno la riuscita di questo Governo. Una sola voce, ma ricca di suggestioni e di criticità: la crescita. Questo Governo o sarà capace di rilanciare la crescita o si troverà impaniato fra piccole furbate di stampo populista, fra racconti di redistribuzione della ricchezza e fra docce fredde da ferrea gestione del Bilancio.
Per la crescita vediamo tre linee principali. La prima è quella seriamente e saldamente keynesiana. Rilanciare gli investimenti pubblici, che sono attualmente a livelli “da depressione”, avendo come punto di riferimento l’innovazione, la rigenerazione e la sicurezza del territorio. L’Italia è un territorio vecchio, malandato e insicuro. Con una mobilità arretrata se si eccettuano poche isole felici del paese. Con città novecentesche che non hanno fatto i conti con la rivoluzione digitale, che non è ovviamente mettere un wifi in una piazza. E con livelli di rischiosità da eventi naturali al di sopra del sostenibile. Oltretutto in previsione di ciò che accadrà con i cambiamenti climatici. Non è più accettabile. Occorrer buttare sul piatto 10/15 miliardi in più ogni anno. Meglio se dentro un grande contenitore europeo finanziato con Bond Ue a tasso zero.
La seconda linea di attacco è quella, più di lungo periodo ma con riflessi anche nel breve, della ricostruzione della filiera educazione, formazione, innovazione, lavoro e impresa. Non si può continuare a stare, come Italia, nella filiera bassa. Con bassa innovazione, bassa produttività, bassi salari e imprese arretrate. Bisogna lavorare non tanto sugli incentivi alle imprese, che fanno l’effetto “fuoco di paglia”, quanto sulla ricostruzione di una sistema dell’innovazione capace di dare supporto continuo al lavoro e all’impresa e, perchè no, anche alla pubblica amministrazione che deve stare dentro i processi di cambiamento e non come “peso” da trascinare.
La terza linea di attacco è non tanto il supporto al lavoro ma più generalmente alla persona. In un sistema innovativo deve cambiare il modo di “stare dentro i processi produttivi” e deve cambiare tutto il sistema degli incentivi, degli strumenti di accompagnamento e di sostegno in caso di inattività o di necessità di nuova formazione. Se è certo che le persone non vanno lasciate da sole in un mercato sempre più turbolento e non prevedibile deve essere abbandonata la visione assistenziale e statica per arrivare ad una impostazione di supporto in chiave dinamica. Dove l’impegno individuale, il merito, la passione e la voglia di mettersi in discussione vengano premiati. E allora è facile che vada rivisto tutto il sistema del reddito di cittadinanza e del supporto alla povertà e alla inoccupazione non tanto per prevedere un risparmio in quell’area di intervento quanto per prevedere una diversa strumentazione. Dalla assistenza alla creazione di nuove opportunità. Ma non con l’idea di abbandonare le persone nel mezzo di una crisi. Anzi con l’idea di accompagnarle per il tempo necessario. Ma che sia tempo speso bene a crescere e a individuare nuove strade e nuove collocazioni.
Insomma il tema della crescita rischia, se non ben analizzato, di restare come un macigno appeso nel programma del nuovo governo. Troppe dichiarazioni sulla redistribuzione della ricchezza con pochissimi accenni al tema della creazione della ricchezza lasciano in parte dubbiosi sull’indirizzo di governo dell’economia. E anche i Ministeri del Lavoro e dello Sviluppo economico quasi totalmente in mano al M5s lasciano un qualche elemento di perplessità. E proprio il caso di dire al PD riformista: se ci sei batti un colpo! Se non ora quando?
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