26 settembre 2021: segnatevi la data: è ’ il giorno fissato dal Governo tedesco per le elezioni del Bundestag nelle quali si misurerà la forza dei diversi partiti politici ma nel contempo si avrà anche l’elezione di un nuovo Cancelliere in sostituzione di Angela Merkel che ha riconfermato la sua volontà di non candidarsi, una scelta che (quasi) sicuramente sarà mantenuta: dopo 15 anni il ricambio è una necessità per la fisiologia della democrazia tedesca, che non può dipendere da un personaggio politico pur di elevata statura politica.
Eppure si avverte chiaramente una sensazione di smarrimento, un interrogarsi sul futuro del paese e dell’Europa quando “Mutti” (mammina), come la chiamano, lascerà il suo incarico.
Per il futuro della Germania resta centrale quella che sarà la linea politica della CDU, profondamente divisa al suo interno, dove riemergono, assieme al richiamo del conservatorismo popolare e cristiano, l’insofferenza per la Grande Coalizione fino alle spinte ad alleanze con l’estrema destra, come ha plasticamente evidenziato la caduta di Annegret Kramp-Karrenbauer, prescelta alla sostituzione di Angela Merkel, a causa della scelta di allearsi in Turingia con l’estrema destra della AfD, sconfessata duramente dalla Cancelliera.
Il partito ad oggi è diviso tra tre candidati tra i quali due nemici storici della Merkel: il primo è Friedrich Merz, che due decenni fa ha guidato la CDU al Bundestag, finché non è stato cacciato dalla stessa Merkel mentre preparava la sua corsa verso la vetta, alla quale oggi vuol tornare da posizioni conservatrici; il secondo nemico è Norbert Röttgen, presidente della commissione per gli affari esteri del Bundestag, cacciato dal ministero dell’ambiente. Il terzo è invece un moderato più vicino alla Merkel, pronto a ripercorrerne il tracciato post-ideologico, Armin Laschet, ministro-presidente del Nord Reno-Westfalia.
L’incertezza regna sovrana perché a causa della pandemia è stato più volte rinviato l’appuntamento per la scelta del leader del partito e candidato alla cancelleria, ora fissato tra il 15 e il 16 gennaio 2021.
Le scelte che compirà la Germania il 26 settembre si rifletteranno sugli equilibri europei, oggi fondati sul rapporto tra la Cancelliera e la sua ex delfina, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, ma anche nella condivisione della politica della BCE di Christine Lagarde contro il rigorismo della Bundesbank che solo recentemente, con la pandemia, pare essersi attenuata.
La politica dell’immigrazione, i temi della fuoriuscita dalle ricorrenti crisi fino al tracollo prodotta dalla pandemia prolungata con il lancio del Next Generation EU , l’aiuto ai partner europei dal debito facile come l’Italia, l’atteggiamento della UE nei rapporti interatlantici con gli USA, la posizione verso la Russia di Putin e le spinte egemoniche della Cina, con l’attenzione ai temi dei diritti umani sono tutti aspetti nei quali opzioni di politica interna si intrecciano alla costruzione del consenso, in una prospettiva intergovernativa, con l’avanzamento dell’unità europea, all’insegna del suo motto ufficiale “In varietate concordia”.
L’Italia dovrà aver presente questa scadenza del settembre 2021 per poter cogliere tutte le opportunità che in una drammatica congiuntura sono state offerte per il rilancio della sua economia e delle sue fragilità sociali.
Non è detto che questo atteggiamento di comprensione resti immutato, per l’incapacità di definire un efficace Recovery Plan che non sia di meri sussidi ma che affronti i nodi che frenano la crescita, per la tendenza a forzare il ricorso all’indebitamento con comportamenti al limite del moral hazard.
Proseguendo su questa pericolosa china non resterebbero che l’invocazione della canzone di Luigi Tenco
“Ti prego, Angela, no, non andartene – Non puoi lasciarmi quaggiù da solo – Non è possibile che tutto a un tratto –
Io possa perderti, perdere tutto”
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