Era dato per disperso, dopo che aveva fondato Azione e si era presentato contro il candidato del PD alle comunali di Roma, anche se poi al ballottaggio aveva finito col sostenere l’usato sicuro di Gualtieri. Ma il suo atteggiamento da contestatore della sinistra assistenzialista, la sua perenne vis polemica e controcorrente, il suo muso duro contro la micidiale alleanza PD-M5S, gli anatemi nei confronti di Fratoianni e dei Verdi, e finanche gli epiteti lanciati a Di Maio nonostante la svolta moderata, avevano reso Carlo Calenda simpatico e gradito a noi liberal-democratici da sempre in attesa di un profeta o semplicemente di un leader dell’area riformista, atlantista ed europeista.
Un’area fluida, anzi liquida come si direbbe oggi, vagamente identificabile con il topos del Centro, ma comunque definibile con alcune parole d’ordine: agenda Draghi innanzitutto, e quindi transizione ecologica ma “adelante con juidicio”; sì ai termovalorizzatori e ai rigassificatori per i prossimi anni, e magari anche una riflessione razionale sul nucleare di ultima generazione. E nessun aumento della tassazione complessiva, sia chiaro, perché non sta scritto neppure nei Vangeli che anche i ricchi devono piangere, figuriamoci poi il ceto medio.
Non ci convinceva, dunque, la riedizione dell’Ulivo voluta da Enrico Letta, imbarcando la sinistra radicale, che ha votato quasi sempre contro i provvedimenti del governo Draghi, e i transfughi dimaiani del M5S, trasformisti al massimo livello e ideatori del reddito di cittadinanza (ve lo ricordate Di Maio sul balcone ai tempi dell’abolizione della povertà?).
Questo, fino a pochi giorni fa, Carlo Calenda lo aveva detto e ridetto e, siccome “scripta manent”, basta andarsi a leggere le sue dichiarazioni; per capire che poi gli è bastato l’incontro del 2 agosto con Letta e i vertici del PD per rimangiarsi tutto quanto. E far ritorno nella Casa madre: la sinistracentro o il centrosinistra o l’Ulivo o il campo largo, che sono tutti sinonimi, termini equivalenti per significare che niente è cambiato in Italia: perché le ammucchiate pre-elettorali per sconfiggere la Destra neofascista ( o viceversa la Sinistra marxista) ci riportano indietro di trent’anni (come ha giustamente scritto Giancarlo Magni su SR).
E il nostro terzo polo riformista e liberal-democratico che fine fa? A guardare realisticamente la situazione, verrebbe da dire: va a farsi benedire al camposanto. Per cui non ci resta che piangere. Anzi, non ci resta che Matteo Renzi.
Luigi
Congratulazioni a Roberto Riviello per la chiara e precisa analisi dei fatti narrati a proposito degli eventi tristi accaduti nelle ultime settimane nella politica italiana.
Il senatore Matteo Renzi: unico politico ancora lucido e lungimirante.