La decisione del Tribunale costituzionale federale tedesco del 24 marzo 2021 può annoverarsi tra i grands arrêts sia con riguardo al diritto dell’ambiente sia con riguardo al futuro del costituzionalismo. Provo a motivare questa affermazione partendo dal rilievo della decisione per il diritto dell’ambiente, riservandomi di intervenire sul tema in maniera più articolata.
La sentenza interviene sulla legge tedesca riguardante il cambiamento climatico del 12 dicembre 2019 (Bundes-Klimaschutzgesetz, da ora KSG), dichiarando l’illegittimità di alcune su parti. Senza entrare per ora nel dettaglio del contenuto della motivazione e del dispositivo, ne va sottolineato l’impatto sul contesto politico e giuridico. A tal proposito pochi temi, nel diritto dell’ambiente, sono così controversi come il cambiamento climatico. Le resistenze di molti Stati, in testa gli Stati Uniti d’America durante la presidenza Trump, al riconoscimento del fenomeno sono note a tutti. Tanto più colpisce, in questo clima così controverso, l’avvio delle prime azioni legali nei confronti di Stati e grandi aziende con attività fortemente impattanti sul riscaldamento terrestre. I casi più noti hanno riguardato: le cause attivate, nel 2008 e nel 2013, dagli Inuits di fronte alla Corte Interamericana dei diritti umani contro le attività e le omissioni degli Stati Uniti d’America all’origine, secondo i ricorrenti, dello scioglimento dei ghiacci e quindi del cambiamento climatico cui sono sottoposti i territori di residenza; l’azione intentata, nel 2008, dalla Città di Kivalina in Alaska dinanzi alla Corte di appello degli Stati Uniti (IX circuit) per i danni causati all’ambiente circostante da una serie di aziende statunitensi attive nello sfruttamento delle energie fossili (lo scioglimento dei ghiacciai sta erodendo il territorio sul quale la città insiste); e ancora la recente causa avviata nel 2019 da una giovane studentessa statunitense contro il proprio governo per l’inazione nella lotta al cambiamento climatico (Juliana v/s United States of America), ancora di fronte alla Corte di appello (IX circuit).
Azioni legali che non hanno avuto successo sulla base di diversi argomenti, il principale dei quali porta a evidenziare la difficoltà di dimostrare un nesso causale tra le azioni o le omissioni del Governo degli Stati Uniti e/o delle aziende statunitensi e il riscaldamento globale.
Rispetto a tale contesto il Tribunale costituzionale tedesco mostra un deciso cambio di registro, ritenendo che, se è vero che il cambiamento climatico è fenomeno globale anche dal punto di vista causale, ciò non permette alla Germania di sottrarsi ai suoi obblighi. Esiste infatti, nella Costituzione tedesca, un articolo (il 20a) il quale , nella misura in cui obbliga a tutelare l’ambiente, esercita una pressione sulle istituzioni tedesche a cercare soluzioni al cambiamento climatico a livello internazionale (punto 199). In verità, già ad inizio del 2020 la Corte di cassazione olandese aveva aperto la strada condannando il proprio Governo per non aver messo in atto misure efficaci nel contenimento del cambiamento climatico. L’argomentazione del Tribunale tedesco mi pare avere, però, un plusvalore dommatico: dopo questa sentenza, quale peso avrà ancora la sovranità come argomento per sottrarsi agli impegni internazionali sul clima?
La decisione è di assoluta rilevanza anche per il rilievo che il Tribunale assegna alla scienza, che nel diritto dell’ambiente gioca un ruolo decisivo. In queste 110 pagine vi è un dialogo molto fitto non solo con la dottrina giuridica ma anche e soprattutto con i rapporti di importanti istituzioni scientifiche. Prima fra tutte l’Intergovernmental Panel on Climate Change, le cui stime sono assunte come base di partenza per valutare le scelte del legislatore tedesco e degli istituti di consulenza in materia ambientale che hanno determinato i contenuti della KSG. Ne deriva un effetto di notevole legittimazione che il Panel, oggetto spesso di feroci critiche da parte di coloro che negano la realtà del cambiamento climatico, riceve da questa sentenza. L’attenzione che il Tribunale dedica alle proiezioni del Panel sui possibili scenari derivanti dal contenimento del riscaldamento entro 1,5°C ovvero entro i 2°C e sui conseguenti gigatoni a disposizione della Germania dimostra, per un verso, la strettissima interrelazione tra enunciati scientifici e scelte politiche e, per l’altro, il condizionamento che la scienza esercita sulle decisioni normative (e intendo riferirmi sia alla decisione del legislatore che a quella del giudice). In fondo, senza la seria presa in considerazione di tali analisi scientifiche, ben difficilmente il Tribunale avrebbe potuto giungere a ritenere violato il principio di proporzionalità, il quale, nella lettura datane dal giudice costituzionale, impone che la riduzione delle emissioni di CO2, fino al raggiungimento della neutralità climatica imposta dall’art.20a, sia distribuita nel futuro in maniera tale da non violare i diritti fondamentali alla vita e alla proprietà privata (punto 243).
E vengo così al rapporto di questa decisione con la storia (e il futuro) del costituzionalismo. È da alcuni anni che le Corti supreme hanno iniziato a porsi il problema della responsabilità intergenerazionale. Anche la nostra Corte costituzionale lo fa da qualche tempo. È tuttavia la prima volta che un giudice della caratura del Tribunale costituzionale tedesco porta, con tanta capacità argomentativa, il testo costituzionale a spiegare i propri effetti in una dimensione intertemporale e quindi intergenerazionale.È bene a questo punto provare a sintetizzare il contenuto della sentenza.
Oggetto del contendere sono gli artt.3, c.1, frase seconda e 4, c.1, frase terza, in connessione con l’Allegato 2 della KSG, i quali dispongono la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra entro il 2030 nella misura del 55% rispetto ai livelli di emissione del 1990 stabilendo un percorso di riduzioni annuali progressive (dettagliato, settore per settore, nell’Allegato). Il nocciolo delle tesi dei diversi ricorrenti è stato che, a causa dell’insufficienza della riduzione delle emissioni, gli effetti del cambiamento climatico si sarebbero tradotti in lesioni dei diritti fondamentali alla vita e alla proprietà (art.2, c.2 e 14, c.1, della Costituzione tedesca).
Il Tribunale non ha ritenuto dimostrabili tali violazioni, giungendo alla dichiarazione di non conformità a costituzione della KSG attraverso un più interessante percorso. In pratica il giudice ha sostenuto che le disposizioni impugnate producono un effetto anticipato di interferenza con i diritti appena richiamati in quanto, continuando a permettere emissioni nell’atmosfera fino al 2030, il legislatore finisce per ridurre il plafond complessivo di CO2 a disposizione della Germania sostanzialmente già entro il 2030. Dopo il 2030 residuerebbe molto meno tempo per mettere in atto misure in grado di evitare il superamento delle soglie fissate dall’ IPCC, così incidendo sui diritti fondamentali dei ricorrenti. Soprattutto il legislatore non si è fatto carico di stabilire fin da ora (cioè dal 2019) quali misure adottare dopo il 2030 per evitare l’irrimediabile, contravvenendo a quanto dispone l’art.20a della costituzione tedesca, che è bene riprodurre: «Lo Stato tutela, assumendo con ciò la propria responsabilità nei confronti delle generazioni future, i fondamenti naturali della vita mediante l’esercizio del potere legislativo, nel quadro dell’ordinamento costituzionale, e dei poteri esecutivo e giudiziario, in conformità alla legge e al diritto» (punto 243). Il Tribunale si dilunga nel mostrare quanto sia invece importante che il legislatore tedesco indichi in anticipo la strada da percorrere, anche perché solo così può attivarsi effettivamente l’innovazione tecnologica (punti 247-250)(e in questa prospettiva il Governo Draghi e il suo Ministero per la transizione ecologica potrebbero trovare molti spunti nella decisione).
In altra occasione ho già avuto modo di affermare che nel costituzionalismo moderno “Il futuro è presupposto come dimensione di libertà delle generazioni a venire nei confronti di quelle passate, non come dimensione temporale che impone responsabilità già nel presente”. Ecco, la sentenza in esame sembra aver finalmente preso atto di cosa voglia effettivamente dire responsabilità intergenerazionale. C’è un passaggio al punto 206 di estrema significatività in cui il Tribunale osserva come sia in qualche modo inevitabile la miopia del legislatore, imprigionato da scadenze elettorali che spesso lo zavoranno ad interessi di breve o brevissimo periodo. A questa miopia, dice la Corte, rimedia la Costituzione, e l’art.20a in particolare, che pongono vincoli intergnerazionali alla decisione democratica.
Chiudo con un’osservazione maliziosa. Il Tribunale tedesco ha capito, meglio e prima di tutti, che l’affermazione di una responsabilità intergenerazionale rafforza e (ri)legittima le funzioni dei giudici costituzionali, gli unici in grado di svincolarsi dalla miopia del presente e di guardare lontano.
(Questo articolo con il consenso dell’autore è ripreso dal magazine Luiss Open del 28 maggio – 3 giugno 2021 dell’Università LUISS di Roma)
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