Nella sala degli Arazzi di palazzo Chigi, durante i saluti e i ringraziamenti di rito ai giornalisti prima della pausa estiva, al presidente Draghi è pervenuta una domanda un po’ maliziosa sul reddito di cittadinanza: il principale cavallo di battaglia del Movimento Cinquestelle.
E lui, con quella tipica espressione che ormai ci è familiare, tra il sornione e il faceto, ha rivelato a tutti i presenti e quindi ai loro lettori che “concettualmente” non è contrario.
Apriti cielo. E’ subito scattato il riflesso condizionato di Giorgia Meloni che ormai ha preso la strada della contestazione a prescindere e che, dopo avere rinunciato a giocare in prima persona la partita del Campidoglio, continua a sperare di assumere la leadership del centrodestra solo in virtù dei sondaggi. Secondo la sorella d’Italia, Draghi avrebbe dichiarato la sua vicinanza al credo grillino
Ma qui la Meloni sbaglia; e anche quelli che hanno difeso i sacrosanti principi liberali del merito personale e del tenere lontano lo Stato il più possibile dal mondo delle imprese e del lavoro, dimostrando di aver frainteso il pensiero del premier.
Draghi, infatti, separando il concetto dal metodo e dai risultati, non ha detto che il reddito di cittadinanza, così com’è stato messo in opera fino ad oggi, funziona e non va modificato.
Al contrario: ha chiaramente lasciato intendere che, fermo restando l’obiettivo civilissimo di garantire a tutti una soglia minima di vita dignitosa e di sopravvivenza, in un futuro molto vicino bisognerà verificarne i risultati e intervenire, facendo tutte le opportune modifiche per evitare che il reddito di cittadinanza si trasformi in un incentivo al non lavoro o al lavoro in nero.
Questa non vuole essere un’esegesi del pensiero o del retropensiero di Draghi, perché la vicenda è molto esplicita di suo, se la si vuole leggere senza preconcetti ideologici.
Mario Draghi è un liberale nel senso più nobile del termine, lo sappiamo bene; e comunque la sua formazione non lo porta ad esaltare le virtù assolute del mercato, né tantomeno della finanza. Il celeberrimo “whatever it takes” fu proprio l’espressione immediata della sua consapevolezza che le Istituzioni pubbliche possono e devono intervenire quando si tratta del bene della gente.
E allora nessuno scandalo se si dichiara “concettualmente” favorevole a una forma di sussidio che aiuti i cittadini nei momenti di difficoltà.
Il punto che invece andrebbe sottolineato è che, grazie alla riforma Cartabia del processo penale, egli ha appena abbattuto l’altro cavallo di battaglia dei Cinquestelle: l’abolizione della prescrizione.
Ma infierire contro un avversario già gravemente ferito, dicendo apertamente che il reddito di cittadinanza si è dimostrato nei fatti un fallimento completo per cui va abolito – come ha fatto comprensibilmente Matteo Renzi -, ci avrebbe fatto venire in mente il famoso episodio di Francesco Ferrucci durante l’assedio della Repubblica di Firenze nel 1530 ed il suo “Vile, tu uccidi un uomo morto”.
Inoltre, i numerosi (ahinoi) parlamentari dei Cinquestelle fanno parte dell’attuale maggioranza di governo. Smontare le loro passate riforme, come è avvenuto nel caso della Giustizia, è una delle condizioni necessarie che la stessa UE richiede per dare avvio al Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il premier Draghi, però, ricorda bene i Promessi Sposi di Alessandro Manzoni e sa che bisogna procedere “adelante con juicio, Pedro, si puedes”: per non provocare un pericoloso terremoto nel momento più delicato della storia italiana dal secondo dopoguerra ad oggi.
Lascia un commento