L’antisemitismo tradizionale, religioso ed economico, ha radici antiche nella storia e nella cultura europea. Il problema fu quello del passaggio all’antisemitismo politico-razziale, anch’esso vecchio di secoli, , almeno dal tempo della rivoluzione francese e poi nell’800 quando si parlava di “cospirazione ebraica”, di complotti e di potenza del capitale ebraico nel mondo. Lo fecero la cultura di destra e quella di sinistr, come è noto.
Si pensi al bel libro di George Mosse sulla società di massa e sulla mobilitazione politica attraverso temi di grande impatto politico e sociale.
Il mito della superiorità e della missione civilizzatrice del popolo italiano veniva anch’esso da lontano: si pensi al Primato civile e morale dell’Abate Gioberti nel Risorgimento italiano
La ripresa tardiva del colonialismo italiano con l’impresa d’Etiopia da parte di Mussolini favorì un uso politico della missione del popolo italiano e il mito della “razza civilizzatrice”.
Altro fattore che favorì l’orientamento razzista italiano in senso antisemita fu l’alleanza Roma-Berlino che, dopo la guerra civile di Spagna, sfociò nel 1936 nell’Asse Roma-Berlino dopo la visita di Hitler in Italia fra masse plaudenti nelle città come a Firenze.
Fino ad allora il “razzismo italiano” in direzione antisemita si era espresso su un giornale romano come “Il Tevere” fondato nel 1934 da Telesio Interlandi.
Il 5 luglio 1938 il “Giornale d’Italia” pubblicò il “Manifesto della razza” . Fra gli estensori c’erano biologi, antropologi, patologi e psichiatri di peso. Si affermava sulla base di prove “scientifiche” che la razza italiana era pienamente ariana ed andava difesa dalla contaminazione ed in particolare dagli ebrei, definiti “estranei e pericolosi per il popolo italiano”.
Mussolini alla fine assecondò questa impostazione razzista che prese forma il 1° settembre 1938 con le cosiddette leggi razziali varate dal Consiglio dei Ministri e controfirmate dal Re.
Le leggi razziali erano diverse e complicate, ma rivelarono un atteggiamento di eccezionale gravità, di violazione dei diritti umani e di discriminazione che sembravano impossibili in un paese civile.
Poteva il Re non controfirmare quelle leggi? Forse sì, anche perché gli ebrei in Italia avevano preso parte in prima linea al Risorgimento italiano. Non solo alcuni ebrei furono filofascisti ed altri, come sappiamo, fieri oppositori ma nelle università e nella cultura italiana avevano un peso rilevantissimo.
Il Re prima di firmare poteva almeno convocare Mussolini e far presente la gravità delle conseguenze di quelle leggi: prima di firmare, almeno questo poteva essere fatto, così come nel paese qualche voce avrebbe potuto levarsi contro.
Quelle leggi furono, alla luce di ciò che accadde con la politica di sistematico sterminio di Hitler, un atto di mostruosa e assoluta gravità
Il contesto che abbiamo delineato può aiutarci a capire. Poi proprio il concetto di “purezza della razza” non si addiceva agli abitanti di una Penisola invasa e meticciata da popoli diversi, celti, arabi, vichinghi, arabi, tedeschi e chi più ne ha più ne metta.
Bastardi, ma anche per questo assai vari e creativi, ma anche opportunisti.
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