Alitalia è costata cara al contribuente italiano nel corso degli ultimi anni, e l’ennesima nazionalizzazione rischia di aumentare ancora di più il costo per i cittadini. La soluzione che il governo sta portando avanti per la compagnia italiana, come ammesso candidamente dal ministro Luigi Di Maio, è infatti una nuova vera e propria nazionalizzazione.
La maggioranza sarà in mano pubblica tramite Ferrovie dello stato italiane e tramite il ministero dell’Economia e delle Finanze, che insieme prenderanno il controllo della cloche di Alitalia.
La nuova compagnia (NewCo), che si libera al contempo della BadCo e degli oltre 3 miliardi di debitoverso i creditori e i contribuenti, avrà dunque soci che non arrivano in maggioranza dal mondo aereo.
La strategia della compagnia è quindi cosiddetta standalone, vale a dire che non ha nessun partner aereo di riferimento, se non Delta (che tuttavia per la legislazione attuale europea non può esercitare nessun controllo di fatto). Questa è la prima debolezza della nuova Alitalia di Di Maio, che con la sua quota di mercato del 2 per cento dei passeggeri trasportati a livello europeo è troppo piccola per competere coi colossi che operano nel mondo aereo attuale. Solo per fare un confronto, Lufthansa ha ricavi 11 volte quelli del vettore italiano e Ryanair ha circa 7 volte il numero di passeggeri di Alitalia.
Un operatore piccolo e debole che ha visto un margine operativo negativo nel 2018 di oltre il 13 per cento, quando tutti i maggiori operatori aerei europei hanno visto dei margini positivi. Si va infatti dal 18 per cento di Ryanair fino all’1,7% di Air France, passando per l’oltre 13 per cento del gruppo Iag che comprende British Airways, Iberia, AerLingus e Iberia.
I problemi di Alitalia non sono tuttavia legati solo alla profittabilità dell’azienda, ma anche alla dimensione. Il mercato italiano continua a crescere, dato che dal 1997 a oggi il numero di passeggeri è praticamente triplicato, mentre Alitalia continua a perdere quote di mercato. Ad esempio, il mercato internazionale (quello più importante) vede una quota di passeggeri trasportati da Alitalia ferma all’8 per cento del totale.
Come fa un’azienda del genere a essere definita strategica dalla politica? Non solo Ryanair ed Easyjet trasportano più passeggeri, ma anche il gruppo Lufthansa e il gruppo Iag sono più strategici per permettere ai passeggeri stranieri di arrivare in Italia.
Inoltre l’accordo con Ferrovie dello stato non serve a fare integrazione per portare turisti stranieri in Italia, come si potrebbe ipotizzare: quella è già realtà. Ad esempio, il biglietto unico integrato tra Trenitalia ed Emirates esiste dall’agosto del 2018 e permette a un viaggiatore di utilizzare una delle compagnie aeree più grandi al mondo e connettersi poi col treno per scoprire l’Italia.
Non si capisce il bisogno da parte di Fsi – che ha fatto un’utile di 540 milioni di euro nel 2018 – di comprarsi una compagnia aerea che ha perso circa 500 milioni di euronello stesso anno per fare un accordo commerciale. Vi è anzi il serio rischio di affondare anche Fsiinsieme ad Alitalia, semplicemente per mantenere sotto il controllo pubblico la compagnia aerea.
Alitalia va lasciata al mercato – e questo non vuol dire necessariamente lasciarla fallire: c’è anche l’opzione che qualche operatore aereo esperto che possa esercitare il controllo sia interessato a comprarsela, facendo magari dei tagli in un primo periodo, per poi rilanciarla.
Questo però esclude l’intervento dello stato, che ha mostrato nel corso degli anni di non sapere gestire la compagnia aerea. Per tale motivo è necessario dire basta a un’Alitalia pubblica, gestita come proprietà privata della politica e per questo motivo ho lanciato una raccolta firme sul popolare sito di petizioni Change.org: occorre lasciare fuori la politica dalla gestione di una compagnia aerea.
Andrea Giuricin
Questo il testo della petizione:
Ancora una volta sentiamo parlare di soluzioni nazionali per mantenere in vita una compagnia che è tutt’altro che risanata.
Alitalia perde 1,2 milioni di euro al giorno e probabilmente il rosso sarà pari a 450 milioni di euro a fine anno. Il tempo scorre senza nessuna pietà.
Quella pietà che il Governo dovrebbe avere nei confronti del contribuente italiano, visto il salvataggio a carico degli italiani con i “capitani coraggiosi” del 2008 e l’intervento di Poste con cash dei risparmiatori postali del 2014.
Cambiano i Governi, ma il contribuente sempre paga!
Gli italiani hanno già perso 10 miliardi negli ultimi anni per mantenere in vita una compagnia fallita da tempo.
Di strategico è rimasto il portafoglio degli italiani.
Una compagnia che vede un crollo continuo della propria quota di mercato, mentre il mercato aereo italiano va alla grande. Solo per dare un riferimento, Alitalia trasporta da e per l’estero solo l’8,5 per cento dei passeggeri, meno di Ryanair, Easyjet e anche del gruppo Lufthansa.
Si parla insistentemente di Ferrovie dello Stato (altri soldi pubblici) che dovrebbe entrare nel capitale della compagnia aerea. Ma c’è bisogno di comprarsi una compagnia che perde quasi mezzo miliardo di euro per fare integrazione treno-aereo?
La risposta arriva direttamente da Trenitalia: il primo agosto la compagnia ferroviaria ha fatto integrazione del biglietto con una delle più grandi compagnie al mondo: Emirates.
Perché allora fare sprecare i soldi dei pendolari per una compagnia aerea decotta?
Per questo motivo vogliamo chiedere agli italiani una firma per chiedere che Alitalia non sia salvata ancora una volta dallo Stato attraverso la costituzione di un’impresa pubblica
Non ci stiamo a fare spendere altri soldi degli italiani senza il loro consenso!
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