Gina Semetich era sopravvissuta al campo di concentramento di Terezin, là era stata trascinata dalla Cecoslovacchia invasa dai nazisti. Adesso, a 91 anni, in Israele, a Kissufim, quattro chilometri da Gaza, i nazisti l’hanno trovata di nuovo, trascinata, picchiata, buttata per terra, uccisa. Perché era ebrea. I sopravvissuti che nel mondo hanno visto questa scena hanno capito che era tornata la Shoah. Diversa, come sempre è la storia, ma come nella loro vita precedente, i bambini sono stati ammazzati e fatti a pezzi (i nazisti li sbattevano nel muro, Hamas gli ha tagliato la testa), le donne in cinte sono state sventrate, i giovani e le giovani violentati e uccisi, all’improvviso, in un pogrom. Nell’Essex la polacca Fran di 85 anni dice a un giornale che lei non si sente più sicura. Ha paura. Come lei tutti i sopravvissuti che hanno bisogno solo di abbracci. Tutti gli ebrei del mondo hanno dentro la memoria di una fuga, di una guerra, di un miracolo: c’è sempre in famiglia un avo, un nonno, una madre, vittime dell’antisemitismo. Ma dopo la Seconda guerra mondiale, il mondo gli aveva giurato “Never Again”: Exodus era arrivata in porto, il legittimo sogno di decolonizzazione del Medio Oriente in cui ci fosse posto anche per lo Stato Ebraico mai abbandonato, era stato la prima legittima affermazione di una promessa dopo Auschwitz. E adesso? Molte terribili storie, senza mai dimenticare quella Ucraina, marcano questo 2023, ma nessuna è minacciosa, dopo la strage di Be’eri o Kfar Aza, al grido di “Yehud yehud”, come l’inseguimento degli ebrei nelle vie di New York, di Londra, di Parigi, di Milano… Questo è stato l’anno del ritorno dell’antisemitismo genocida, il mostro che ha devastato la Terra solo 75 anni fa, e che lo farà di nuovo se non si compirà una rivoluzione per ora non all’orizzonte. Un famoso sindaco italiano qualche giorno fa in tv diceva che era stato a una manifestazione che era certo, filopalestinese come lui, ma certo non antisemita, era solo antisionista. Niente più essere più ingenuo, o truffaldino. L’antisionismo odierno e antisemita, perché è genocida, vuole la distruzione di Israele, e degli ebrei di tutto il mondo. E lo dimostra in ciò che fa e dice. Nelle botte, negli assassini, nelle minacce, nella teorizzazione degli ebrei come male assoluta, quella dell’antisemitismo contemporaneo dopo quello religioso ed etnico. Mentre l’antisemitismo subito dopo l’attacco di Hamas si moltiplicava del 400 per cento, su Facebook occupava i post col 193 per cento in più, in Francia gli ebrei venivano attaccati per strada 1040 volte. I suoi cori di strada nel mondo dicono: “Fuck the jews”, “A morte Israele”, “Hamas Hamas uccidi gli ebrei”, “Ci mangiamo gli ebrei”, “Aprite i confini uccidiamo gli ebrei”, “Fuori i sionisti da Roma”, “Rivedrete Hitler all’Inferno”, ”Loro hanno le armi noi abbiamo Allah”. Il motto più significativo è quello “dal fiume al mare la Palestina sarà libera”: ma si è verificato che la folla non sa da che fiume a che mare, è un’indicazione di genocidio metafisico, ma il sangue degli ebrei non lo è, e si è visto. Chi marcia o fa comizi, non vuole uno Stato palestinese accanto a Israele, ma la distruzione di tutto ciò che sia ebraico, in Israele come a Roma, come a Parigi. Università prestigiose, teatri, organizzazioni culturali, musicali, artistiche, espellono, terrorizzano, vilificano gli israeliani e gli ebrei. Ci hanno costretto a sorridere quando le tre direttrici dell’Ivy League fra le urla dei campus a caccia di ebrei si sono esibite nel loro: “Il genocidio dipende dal contesto”. Ma non fa ridere che all’Onu, dopo aver conosciuto le atrocità mai viste nemmeno con l’Isis, Guterres se ne esca dicendo: “Non nasce nel vuoto”. Era già successo che Israele annegasse nel sangue, per esempio della Seconda Intifada senza un cenno di compassione. Ma adesso siamo più avanti. Anche la Kristalnacht ebbe luogo nel novembre del 1938, e ancora non c’era la guerra, né le deportazioni. Ma “From the river to the sea” parla chiaro: “Globalize the Intifada”. Non è il sionismo che crea il nuovo l’antisemitismo e con esso l’odio per l’occidente; esso è solo il nuovo veicolo dell’antisemitismo che ha già distrutto l’Europa e si sta estendendo dai kibbutz sul confine di Gaza all’affermazione violenta del movimento woke, dell’assertività mussulmana, chiama guerra di liberazione il terrorismo, cerca alleanze (Iran, Russia…) che destrutturino il mondo contemporaneo da religione a religione, da razza a razza, da sesso a sesso. Investe la conversazione di sinistra, distrugge la religione dei diritti umani. Il rifiuto di capire che uccidere 1500 ebrei facendo a pezzi i bambini e le donne urlando “Yehud yehud” è antisemitismo, è pari alla rinuncia del principio di decenza per cui il mondo occidentale cercava, dopo aver ucciso 6 milioni di ebrei, di riscattarsi con “Never Again”. Ma adesso, non ci possiamo più credere. Non sono le piazze di ragazzi ignoranti o di immigrati furiosi che hanno la responsabilità della svolta attuale, e che la rendono pericolosa. Sono le anime gentili degli intellettuali e delle istituzioni. L’antisemitismo ha avuto una radice di odio religioso, poi etnico, e coi passaggi teorici legati al nazismo e poi col comunismo leader del mondo arabo, e infine con l’integralismo islamico contro l’impresa nazionale ebraica, si è trasformato in odio teorico, che ha invaso i media e le istituzioni. Tutti gli slogan di invenzione sovietica, poi trasferiti nella cultura woke, contro il colonialismo, l’imperialismo, il capitalismo, persino la supremazia bianca per cui gli ebrei sono diventati bianchissimi, persino l’odio lgtbq per il Paese in cui si rifugiano tutti i gay arabi… tutto si è rovesciato su Israele. Le maggiori istituzioni, specie l’ONU sono diventate la sentina dell’odio antiebraico mondiale: ogni mese il Consiglio di Sicurezza fa una finta “riunione sul medio Oriente” contro Israele, l’anno scorso l’assemblea generale ha passato 15 risoluzioni contro Israele, e 13 sul resto del mondo, Iran, Turchia, Siria,Russia… Bernard Lewis, ricorda come la strage di 800 palestinesi perpetrata da cristiani libanesi a Sabra e Chatila nello stesso tempo in cui 20mila persone furono uccise a Hama da Assad padre, fu l’unica strage di cui si parlò perché la presenza militare di Israele in zona consentiva di biasimare gli ebrei. Sharon fu assolto da un tribunale internazionale. Nella difficile guerra in corso, Israele, dopo il 7 ottobre deve liberare sé stessa e il mondo a liberarsi da Hamas, batterlo sopra e sottoterra mentre usa i civili come scudi umani rispettando i diritti umani. Israele difende la sua esistenza cosa che a differenza di qualsiasi altro stato, non gli viene riconosciuto. “Never Again”, cioè, lo deve dire Israele stessa; nessuno glielo potrà impedire. Quello che il nuovo antisemitismo ignora è che è la prima volta in cui annichilire gli ebrei, con pogrom, stupro, sterminio, reclusione, non è più possibile. Per questo Israele deve purtroppo combattere: il mondo deve capire che non capiterà mai più che si lascino uccidere in silenzio. Pensarlo, immaginare che non debbano difendersi perché segnati da qualche colpa originaria, è antisemitismo: quindi, per esempio, è segno di doppio standard, ovvero di antisemitismo, chiedere un cessate il fuoco che riproponga la minaccia di Hamas. Non lo si chiederebbe a nessuno. Se si vuole essere degni di dire “Never Again” non ci sono scorciatoie.
(questo articolo, già pubblicato su Il Giornale, 30 dicembre 2023 è ripreso con il consenso dell’autrice)
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