Questa testata ha sempre avuto molta attenzione al tema femminicidi, io stesso ne ho scritto svariate volte, e questa volta mi ero ripromesso di non entrare nel tema, tornato alla ribalta per l’orrido omicidio di Giulia Cecchettin, per una sorta di rassegnata stanchezza. Stanchezza perché, nonostante le parole e i buoni propositi del passato, il fenomeno sembra non avere fine. Ma proprio l’insistenza di molti commenti sul concetto di “emergenza” mi ha fatto cambiare idea e quindi torno sul tema.
Perché, dobbiamo mettercelo in testa, in realtà non c’è nessuna emergenza, ovvero non è un fenomeno che ha avuto un’impennata particolare, perché il numero (inaccettabile) di femminicidi in Italia è costante da decenni.
Il grafico sotto indica gli omicidi in Italia ogni 100.000 abitanti, distinti per genere della vittima. Il numero totale di femminicidi resta sostanzialmente e drammaticamente costante; per la precisione cala di un po’ ma restiamo intorno a quel 0,5 femminicidi ogni 100.000 abitanti che vuol dire una vittima ogni tre giorni. È un dato spaventoso, certamente, ma appunto non è un’emergenza di questi anni. Peraltro siamo su cifre analoghe anche andando a ritroso di altri 10 anni.
Si vede altresì che è molto calato (per fortuna) il numero totale di omicidi in Italia. Poiché quello dei femminicidi resta sostanzialmente costante, è aumentata l’incidenza percentuale degli stessi ma questa non è in sé una brutta notizia. Altro mito da sfatare è che siamo noi italiani particolarmente “cattivi”; ho letto in questi giorni la frase “l’Italia è il terzo paese UE per numero assoluto di femminicidi..” e grazie, se parliamo di numeri assoluti, essendo il terzo Paese per abitanti.. non è che deve stupire che in Italia avvengono più femminicidi che in Olanda o a Malta. Questo sotto è il grafico di incidenza di omicidi (sempre ogni 100.00 abitanti) commessi da partner o familiari nella UE (quindi un ottimo proxy del femminicidio vero e proprio, ovvero non semplicemente l’omicidio di una donna ma l’omicidio di una donna per il suo essere donna):
Notare bene, stiamo parlando di UE, cioè probabilmente il posto migliore sulla terra dove può vivere una donna. Non oso pensare all’India o ai paesi musulmani. Ebbene, l’Italia che a noi (giustamente) appare spaventosa, come si vede, è ben sotto la media (solo le spagnole, le svedesi e, di gran lunga, le greche stanno meglio delle italiane). Quest’evidenza contraddice peraltro la tesi (gettonatissima in questi giorni) che sia tutta responsabilità della “società patriarcale”, se peggio messi stanno i Paesi nordici, modello per certi versi di emancipazione della donna e di società ideale. È quanto meno un indizio che la società patriarcale c’entri sì ma vada declinata in senso contrario: non è il permanere della società patriarcale la causa scatenante di molti eventi infausti ma, al contrario proprio la sua crisi. Non ho statistiche, ma sono quasi certo che se avessimo disponibile il dato dei femminicidi di un secolo fa questo sarebbe inferiore. Perché all’epoca le donne stavano meglio? Certo che no: ma perché stavano zitte, subivano, magari si prendevano botte e ingoiavano qualsiasi umiliazione ma così facendo non mettevano in crisi il ruolo dell’uomo (vedasi il film della Cortellesi..).
Ultima considerazione che evidenzia la complessità del fenomeno è che purtroppo non esiste un “femminicida tipo”. Può macchiarsi di quest’infamia il giovanissimo come l’anziano, il ricco e il povero, il colto e l’analfabeta.. lo dicono tutti gli esperti e basta spulciare l’elenco dei femminicidi avvenuti di recente. Si trova tutto e il contrario di tutto. Neppure la geografia è un indizio. Questo grafico sotto (l’ultimo che vi infliggo) mostra che la distribuzione regionale è assolutamente random.. Scorrendo la “classifica” si trova una regione del nord, poi una del sud, poi una del centro, del nord.. con un ordine assolutamente casuale.
Tutto ciò premesso non è per minimizzare il fenomeno, che è assolutamente inaccettabile, ma solo per inquadrarlo e pensare agli antidoti più efficaci da mettere in atto, condivido alcune riflessioni che servono a capire che fare (e a cercare di evitare soluzioni non efficaci).
- Il fenomeno è globale, non è un male specifico che abbiamo in Italia, né è legato ad altri parametri (quindi rende vano circoscrivere un target di persone da educare). È intrinseco al fatto che l’uomo è fisicamente più forte e prevarica il soggetto più debole, esattamente come avviene in natura. Agisce cioè il homo homini lupusdi Hobbes.
- Agisce sicuramente, come detto prima, anche per il fatto che l’evoluzione della società in senso paritario ha scardinato alcune certezze e privilegi dell’uomo (e riconoscimenti sociali) che venendo messi in crisi scatenano la reazione violenta.
- Essendo le cause degli eventi largamente inconsce e irrazionali, è del tutto spuntata l’arma dell’inasprimento delle pene perché non è un deterrente. Del resto, più dell’ergastolo.. nemmeno la pena di morte costituirebbe un deterrente, tant’è che in molti casi l’uxoricida poi si uccide egli stesso.
- Al di là della difficoltà materiale di mettere in piedi qualcosa di serio attraverso la scuola e della difficoltà di far sì che i ragazzi non la prendano sottogamba, ovvero un’istigazione al fancazzismo (rischio altissimo in certe scuole e parla il marito di un’insegnante) non illudiamoci che la scuola, corsi di sensibilizzazione ecc. siano una opzione definitiva e risolutiva. Certamente male non fanno ma teniamo conto che non è un problema solo dei giovani. Non è un problema della generazione Z o zero ecc. perché gli stessi femminicidi (anzi di più) si verificavano quando non esistevano i telefonini, i ragazzi non stavano ore come ebeti davanti a un PC, non c’erano i social, ecc. Quindi chi dice che la soluzione è la scuola si illude. È una possibile componente della soluzione ma non aspettiamoci risultati taumaturgici.
- La prevenzione da parte della legge, è certamente un’altra leva di azione ma si consideri che anche questa ha limiti oggettivi, non è che si può limitare oltremodo la libertà personale di un soggetto uomo sulla base di una dichiarazione unilaterale di mobbing.. siamo in uno stato di diritto. Attenzione che le misure draconiane sono spesso inapplicabili (e se applicate sarebbero fonte di potenziali ingiustizie) e rischiano di rimanere una grida manzoniana.
Dunque, che fare? Io penso a questo:
- Va imposta una “narrazione” diversa della nostra società. La donna deve essere rappresentata come un soggetto assolutamente paritario, che non sia incasellata in un ruolo di madre e moglie o, peggio, soggetto/oggetto sessuale. Faccio un esempio: in un servizio sulla triste vicenda di Giulia, parlando delle vicissitudini della famiglia (la morte recente della madre), ripeto: in un servizio sull’omicidio!, parlando della sorella hanno detto “dopo la morte della madre Elena ha dovuto occuparsi della casa e del padre rimasto solo..”. Ma è possibile?..
- Quando si parla di questi eventi troppo spesso l’omicida viene presentato dai media come preso da un raptus, come vittima di “troppo amore”, di gelosia patologica, in qualche modo “giustificato”. La narrazione, anche qui, dovrebbe essere completamente diversa: una totale esecrazione del fatto, l’assassino va descritto come un assassino, punto. Esattamente come un killer della mafia o qualsiasi altro criminale.
- Le donne devono essere sensibilizzate nel cogliere i segnali deboli della tendenza prevaricatrice, devono essere aperti canali di comunicazione con le autorità giudiziarie e di polizia per mettere al sicuro ogni situazione potenzialmente evolvente in qualcosa di peggio. Anche qui, consci che non esiste la soluzione perfetta. Da sempre esistono gli uomini rompicoglioni, invadenti.. spesso si è nell’ambito della normalità. Il caso di Giulia è emblematico. Certo, quel tizio era un rompiballe, si imponeva, avrebbe fatto bene a chiudere ogni rapporto da tempo, ma possiamo – se non col senno di poi – rimproverarla che avrebbe dovuto prevedere quello che aveva in mente? Mi rendo conto che il confine tra la patologia e la fisiologia in questi casi è sottilissimo. Verosimilmente molte donne che leggono questo articolo, sicuramente nella loro vita avranno avuti ammiratori sgraditi e un po’ o molto molesti.. in tutti questi casi sarebbe stato ragionevole un provvedimento di restrizione? Immagino di no, perché quell’ammiratore sgradito era solo un rompiscatole, non un criminale. Insomma, non è affatto facile, nella vita quotidiana, discernere il giudizio. Perché l’amore, con le sue manifestazioni anche irragionevoli, anche fuori dalle righe, è una cosa maledettamente complicata da trattare.
- Naturalmente, il fattore cruciale, all’origine di tutto, è coltivare la durevole consapevolezza della società nel suo complesso, senza se e senza ma, del fatto che è inaccettabile che mediamente ogni tre giorni una donna venga uccisa per motivi legati al possesso. La mobilitazione corale e molto partecipata suscitata dal caso Cecchettin forse (forse.. non mi faccio molte illusioni) può rappresentare un punto di svolta positivo, dopo decenni di sostanziale inanità.
In ogni caso: il tema è estremamente complesso, guardiamoci dal credere che esista una soluzione facile. E guardiamoci dal farne un campo di scontro politico, questo NON può né deve diventare un motivo di polemica tra opposte tifoserie politiche. E soprattutto non deve diventare il pretesto per veicolare messaggi che non c’entrano nulla col tema. Un paradigma negativo in questo senso è questo appello (che non riesco a non trovare delirante) di “Non una di meno”.. transfemministƏ ingovernabili contro la violenza PATRIARCALE! – Non Una Di Meno (wordpress.com). Incommentabile.
(articolo ripreso, con il consenso dell’autore, dal sito www.luminosigiorni,it)
Lascia un commento