Il tema dell’immigrazione è un argomento complesso. Avrebbe bisogno di essere inserito in un’ottica di lungo periodo dove sono rilevanti le variabili demografiche che cambieranno, stanno già cambiando, la presenza dell’uomo sulla terra. Non solo, sempre con un’ottica lunga, ci sarebbero da valutare anche i temi relativi al cambiamento climatico e ai suoi adattamenti. E anche lì si va da una previsione di cambiamenti importanti a scenari di cambiamenti epocali. Infine, last but not least, le dinamiche economiche che sono da sempre state alla base dei fenomeni migratori. Questi sconvolgimenti daranno le grandi direttrici del movimento della popolazione sulla terra. Ed è facile pensare che tutti e tre i “motori” convergeranno verso spostamenti significativi verso l’Europa.
Questo è il contesto che si deve avere davanti quando si tratta il fenomeno dell’immigrazione. Non per “prendere tutti” come dice anche oggi Minniti per rispondere alla “vulgata di sinistra” che tanto piace alla “cultura di destra”, quanto invece per prepararsi come paese e come Europa ad affrontare per tempo il problema. E ad aumentare e migliorare le opportunità e i vantaggi e a far diminuire le criticità e gli svantaggi del fenomeno. E non solo rispetto alla prima fase (i flussi, cioè gli ingressi) ma anche tutte le altre fasi rilevanti che, messe assieme, dovrebbero fare una politica (la gestione dei flussi, l’integrazione, la cittadinanza e i rimpatri).
Ed invece che facciamo? Stiamo tutti concentrati sulla prima fase (gli ingressi), con una particolare attenzione agli ingressi irregolari dal mare, e tutti concentrati sulle ricadute e criticità del breve periodo. Anzi, ancora più “corto”. Dell’oggi. Ed è chiaro che con una vista corta e tutta concentrata solo sugli ingressi irregolari il “convento” non può passare altro che il “fare il tifo” per il capitano, sempre più truculento e sprezzante, e la capitana, eroina “denoantri” di una sinistra sempre in cerca di qualche simbolo a cui appendere il proprio stato confusionale.
E cosa scorgiamo di fronte a noi. Una situazione, per molti versi, dentro la normale amministrazione. Un numero di immigrati, che hanno fatto ingresso in maniera irregolare e disordinata in maniera sensibile, ma non sconvolgente, che è stato gestito spesso in modo altrettanto disordinato e irregolare tanto da creare nella popolazione una percezione di “paura e di disagio” del tutto superiore alla reale situazione. Ed è stato facile per una destra populista lavorare su questa criticità per ingigantire il fenomeno e i problemi da questo creati. Ed oggi, lasciando fare il ragionamento di lungo periodo necessario al paese, è dentro questa percezione che si deve operare. Sia che, come la destra, si utilizzi il fenomeno per acuire le paure e quindi proporre poi soluzioni drastiche e antiumanitarie sia che, come la sinistra, si pensi di dover gestire il fenomeno facendo appello al senso di solidarietà e umanità della popolazione italiana. Peraltro ben avvezza a comprendere i problemi dell’emigrazione che hanno riguardato il paese per grande parte della propria storia moderna.
E allora, dentro questa fase di “rifiuto” generico e spesso irrazionale, occorre proporre alla popolazione italiana tre temi principali. Il primo è il controllo dei confini e quindi dei flussi dell’immigrazione irregolare. Questo tema non è un optional. E’ un tema fondativo in questo momento dell’identità nazionale. E chiunque non ne tenga conto rischia di rimanere una presenza politica di pura testimonianza. Nulla di più. Il secondo è la ordinata gestione delle presenze nel paese. Ordinata perché non lasciata a gestioni improvvisate e magari truffaldine, perché accompagnata da processi formativi e di inserimento nel lavoro e infine perché controllata e ripulita da presenze malintenzionate, legate alla piccola e grande delinquenza. E in questo contesto il tema dei rimpatri diventa decisivo agli occhi dell’opinione pubblica. Il terzo infine riguarda la gestione delle differenze culturali fra la popolazione interna, sempre di più anziana e colta, e la popolazione di arrivo, spesso giovane e priva di conoscenza della cultura europea. Qui si tratta di gestire la differenza con intelligenza, cercando di favorire lo scambio culturale e la convivenza fra diversità, non lasciando al caso la soluzione dei contrasti. Il caso può essere un buon processo nel lungo periodo, in una evoluzione di tipo darwiniano delle società, ma è invece una cattiva guida per la gestione immediata del fenomeno dato dall’incontro di culture diverse. C’è da lavorare.
Come si vede, date tutte queste premesse, ci sentiamo fuori sia dalle politiche, le azioni e i commenti di Salvini, ispirati a raccattare sempre più voti in una popolazione sempre più irascibile su questo tema, sia dalle bravate della Karola che hanno per effetto quello di aumentare ancora di più l’indisponibilità della popolazione italiana ad accettare i flussi di immigrazione irregolare. E magari, oggi, anche se dovessero diventare regolari attraverso l’apertura di canali ufficiali. Insomma la politica di Salvini è “nulla cosa” se vista nell’interesse di lungo periodo del paese. Ma è vincente se teniamo conto della “pancia” della popolazione. La politica alternativa della sinistra è invece perdente nel breve periodo e del tutto inesistente nell’ottica, giusta e necessaria, del lungo periodo. Forse è ora che la sinistra esca dalla logica minoritaria, sedicente umanitaria ma di fatto perdente anche su quel fronte, e cominci a cimentarsi con una politica di fondo. Che tenga insieme necessità del paese e consenso della popolazione. E per far questo serve a poco lo slogan “siamo tutti Karola”.
Lascia un commento