Il fuoco che purifica: è questo il significato simbolico o meglio il pretesto che, a partire dal Medioevo, venne utilizzato per torturare ed eliminare gli eretici di ogni specie, accomunati però dal non essere allineati con l’ortodossia della Chiesa romana. E così, nel corso dei secoli, sono finiti arsi dalle fiamme “purificatrici” personaggi molto diversi tra loro, come fra Dolcino, Girolamo Savonarola, Giovanna D’Arco e il campione del libero pensiero Giordano Bruno, senza poter contare con esattezza le migliaia di anabattisti, ebrei, “streghe” e “stregoni” condannati dai vari tribunali della Santa Inquisizione sparsi per l’Europa.
Quando poi prese il sopravvento culturale la rivoluzione scientifica e si diffuse il pensiero degli illuministi, al punto che i sovrani iniziarono a concedere il diritto alla libertà religiosa, la pratica delle condanne al rogo venne abolita; e finalmente, nell’Ottocento, con le prime costituzioni liberali, la libertà religiosa diventò un principio universalmente riconosciuto.
Finiti i roghi degli eretici, all’inizio del Novecento, si vide un’altra forma di fuoco purificatore, non più utilizzato contro i corpi degli uomini considerati pericolosi, ma contro i frutti del loro pensiero: i libri. Il 10 maggio 1933, infatti, un gruppo di studenti tedeschi di fede nazista bruciarono pubblicamente i libri di scrittori socialisti, come Karl Marx e Bertold Brecht, di autori stranieri quali Ernest Hemingway e Jack London, di scrittori tedeschi “traditori” perché anti-nazisti come Thomas e Heinrich Mann e, di conseguenza, libri di autori ebrei, tra i quali Franz Kafka, Arthur Schnitzler, Franz Werfel, Max Brod e Stefan Zweig. Quel giorno vennero persino date alle fiamme alcune Bibbie e opuscoli dei Testimoni di Geova.
Bruciare i libri nasce, dunque, come pratica e frutto dell’ideologia nazista, caratterizzata dalla xenofobia e dall’antisemitismo. Ovviamente anche in Unione Sovietica i libri degli oppositori e dei non ortodossi venivano proibiti, ma lo si faceva in modo più occulto e subdolo, semplicemente vietandone la pubblicazione o la diffusione. Il rogo, come palese e pubblica distruzione dei prodotti della libertà culturale, è tipicamente espressione dell’ideologia nazista e idealmente deriva dall’uso del fuoco purificatore della Santa Inquisizione medievale.
Non c’è da stupirsi, dunque, che un esponente xenofobo della estrema destra svedese, Rasmus Paludan, abbia bruciato davanti all’ambasciata turca una copia del Corano, in segno di protesta contro la riluttanza della Turchia ad esprimere parere favorevole riguardo all’entrata della Svezia nella Nato. Quello che invece stupisce e dovrebbe indignare tutti quelli che si riconoscono nel principio della libertà religiosa è che la manifestazione sia stata annunciata dal suo organizzatore nonché regolarmente autorizzata dalle autorità preposte. Una manifestazione dove si brucia un testo considerato sacro da milioni e milioni di fedeli musulmani non solo riporta in auge la orribile pratica nazista del rogo dei libri, ha prodotto anche, come prevedibile conseguenza, quella di un ulteriore irrigidimento della posizione del presidente turco Erdogan e persino del suo principale oppositore, Kemal Kilicdaroglu.
Ma non è finita qui: sempre a Stoccolma, a distanza di appena una settimana dal rogo del Corano in odore di neo-nazismo, arriva alla polizia locale la richiesta ufficiale da parte di un altro cittadino svedese, certamente antisemita, per ottenere l’autorizzazione a bruciare un libro della Torah, uno dei testi su cui si fonda l’ebraismo, dinanzi all’ambasciata israeliana.
Va ricordato che in Svezia l’autorizzazione a bruciare il Corano è stata data in seguito alla sentenza della Corte d’Appello, che stabiliva l’obbligo per la polizia locale ad autorizzare la manifestazione in nome del diritto alla libertà d’espressione. Ma se bruciare libri sacri, si tratti del Corano o della Bibbia, può essere considerato da un tribunale una normale forma di libertà d’espressione, è evidente che in Svezia il concetto è male inteso oppure lo spirito anti-religioso e il laicismo dogmatico, che in passato furono espressione dell’ideologia nazista, stanno prevalendo sulla tradizione liberale.
C’è però da fare una ulteriore considerazione: in Italia la stampa e gli altri media si stanno occupando in modo assai marginale della questione, nonostante i suoi risvolti davvero inquietanti; mentre la vicenda del rogo della “Venere degli stracci” a Napoli sta producendo un’ondata di indignazione generale e un vero bombardamento mediatico. Ma se nel caso dell’incendio doloso dell’opera di Pistoletto pare si tratti solo del gesto sconsiderato di un clochard alcolizzato, nel caso del rogo dei libri sacri, invece, si sta dando alle fiamme uno dei principali bastioni della tradizione liberale, ovvero la libertà religiosa. E quest’ultimo episodio dovrebbe allarmarci molto, molto di più.
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