I recenti rapporti di Banca Italia Firenze e Irpet sullo stato dell’economia Toscana, oltre a tracciare i segnali di esaurimento della rincorsa seguita alla parentesi pandemica, sono tornati a sottolineare le fragilità di un sistema produttivo la cui produttività è ostaggio di un mix settoriale sbilanciato su settori maturi e delle piccole dimensioni di impresa. Gli strumenti di intervento del nuovo Programma Regionale dei Fondi Fes-Fesr 2021-2027 ripropongono incentivi per ricerca, investimenti in macchinari, digitalizzazione e accompagnamento delle PMI sui mercati internazionali. Queste note invitano a affrontare il problema creando le condizioni per una maggiore presenza di ruoli e funzioni manageriali nel nostro tessuto economico.
Quando la Toscana si rialza dalle macerie della Seconda guerra mondiale la sua struttura socioeconomica mostra ancora i segni del “moderatismo” granducale con l’accentuata vocazione rurale. Se si escludono la siderurgia e il settore estrattivo, la consistenza delle attività industriali evidenzia un netto ritardo rispetto alle regioni del Nord. Gli scarni aggregati di imprese meccaniche, chimiche e cantieristiche sono localizzati attorno ai maggiori centri urbani e sulle aree costiere. In secondo piano, nei centri minori della regione sono presenti alcuni embrioni territoriali di imprese, spesso di piccole dimensioni, specializzate nei settori, tessile, abbigliamento, calzature, ceramica, vetro e mobilio. Contro le previsioni main stream sono stati questi i settori protagonisti inaspettati dell’originale ciclo di sviluppo che la Toscana intraprende nel secondo dopoguerra combinando la proiezione sui mercati internazionali con radicamento territoriale e dinamismo imprenditoriale. Nei caratteristici assetti produttivi che assegneranno ruoli di primo piano alle produzioni di beni di consumo, per circa mezzo secolo lo spazio ricoperto da figure manageriali risulta limitato sia in termini assoluti che relativi. Diversamente da quanto avviene all’interno delle imprese integrate, dove l’allineamento e il coordinamento dei flussi produttivi e la determinazione dei relativi costi sono svolti dai dirigenti, nei distretti questo “lavoro da mediano” si concretizza in larga parte attraverso la “mano invisibile” delle fitte transazioni sul mercato della subfornitura. Come annotava Giuliano Bianchi nei primi anni Ottanta: “in termini relativi la quota di dirigenti industriali della provincia di Firenze.. è inferiore di 2/3 alla dotazione esistente a Milano e a Bologna”. Al di là delle riserve su piccole dimensioni e sulla maturità tecnologica, per più di mezzo secolo il disegno organizzativo dei distretti toscani si è rivelato comunque efficace nella produzione di una serie di prodotti caratterizzati da piccole serie, flessibilità e imprevedibilità.
Tutto questo per il passato glorioso della industrializzazione leggera toscana. Con il nuovo millennio le precedenti arene competitive sono state scardinate. Le nuove regole del WTO hanno aperto i mercati occidentali alle produzioni dei Paesi emergenti e, di pari passo, sul fronte interno sono emerse le prime crepe nel sistema dei valori dei toscani che, sia pur tra numerose contraddizioni, aveva corroborato un sentiero di crescita dinamico e inclusivo. L’esaurimento della spinta espansiva ha innescato una dura selezione tra le schiere di piccole imprese facendo emergere un tessuto produttivo più strutturato. Alcuni distretti hanno perso centralità, altri subito una metamorfosi ma, soprattutto, le loro posizioni nello scacchiere economico regionale sono scalzate da imprese medio grandi che operano prevalentemente in settori come meccanica, farmaceutica, elettronica, difesa e costruzione mezzi di trasporto. Emblematica la svolta del settore moda impressa da alcuni grandi gruppi multinazionali insediati con le proprie unità produttive tra le province di Firenze e Pisa. Questi, in concorso tra loro, elevano la valle dell’Arno a più importante polo del settore moda/alta gamma in Italia. Le scelte localizzative, in questi casi, rincorrono il know howmanifatturiero dei distretti ma le catene del valore e i rapporti tra le imprese scorrono su binari diversi da quelli che avevano caratterizzato lo sviluppo economico nella seconda parte del Novecento. La “mano visibile” dei manager con gli accreditamenti, le certificazioni e le specifiche codificate soppianta i tradizionali rapporti di subfornitura costruiti prevalentemente sui legami fiduciari delle semplici strette di mano. Questo vale in modo particolare per le 1.200 multinazionali con sede in Toscana; nel loro caso la quota di quadri e dirigenti sul totale dei dipendenti è pari all’8% contro il 2,8% medio regionale dei dipendenti di tutte le imprese.
Ancorché meno numerosi in termini assoluti e relativi rispetto alle regioni del Nord Italia, i manager toscani oggi sono un primario gruppo sociale che si caratterizza per gli elevati profili professionali e per l’accentuata presenza di laureati STEM. Tuttavia, nonostante la riorganizzazione degli ultimi anni il tessuto produttivo toscano è ancora composto in larga parte da piccole imprese familiari che, per la minuta stazza dimensionale e il particolare stile di gestione imprenditoriale, non sono aperte alla collaborazione di manager. I lavoratori dipendenti del settore privato con qualifica di dirigente sono 4.720. La cornice regionale entro la quale proiettare questi dati è data dalle 2.560 imprese del settore industria con più di 20 addetti o dalle 5.128 di tutti i settori. La consistenza dei dirigenti è esigua ma è bene ricordare che le funzioni manageriali sovente sono svolte anche dagli imprenditori che si occupano in prima persona della organizzazione delle attività dei propri collaboratori e questo ha lasciato meno spazio alla maturazione dei ruoli dirigenziali. La domanda da farsi è se oggi non sia il caso di creare le condizioni per ampliare rapidamente lo spazio per Digital, Market, Project, Product, Export, Innovation e Human Resource Manager. La Toscana e i suoi distretti sembrano averne bisogno!
Allegati
Manager e dirigenti
In Toscana i lavoratori dipendenti con qualifica di “dirigente”, tra enti pubblici e settore privato, sono circa 23.000 (stime su dati ISTAT). Quelli del solo settore privato 4.720 (INPS). I soli dirigenti del sistema sanitario superano abbondantemente quelli privati.
In base alle classificazioni Eurostat sono “manager”, oltre ai “dirigenti”, anche i lavoratori autonomi/imprenditori che svolgono in prima persona i ruoli direttivi-organizzativi e di questi non abbiamo dati sulla effettiva consistenza (ordine di grandezza 20/25.000).
Imprese e addetti per classe dimensionale – Toscana 2020
Industria Totale
Imprese Addetti Imprese Addetti
< 19 add. 35.194 155.591 313.853 703.380
>20 add 2.376 155.331 5.128 392.472
Totale 37.570 300.913 318.981 1.095.852
Fonte: Istat Archivio Imprese Attive
Lascia un commento