Le analisi dei divari tra il Mezzogiorno e il Centro Nord del Paese che si sono susseguite nel tempo hanno sistematicamente documentato da un lato la debolezza del sistema produttivo meridionale, dall’altro le carenze delle infrastrutture e dei servizi pubblici che, insieme alla presenza dei fenomeni criminali, contribuiscono a ostacolare lo sviluppo economico del territorio. Questo rapporto non fa eccezione. Rispetto al precedente progetto di ricerca dedicato oltre un decennio fa dalla Banca d’Italia all’economia meridionale (Cannari e Franco, 2010), le analisi qui sintetizzate mostrano un quadro per certi versi più preoccupante, in quanto i divari si sono allargati e la questione meridionale è diventata ancor più chiaramente parte di una più ampia questione nazionale.
Con la crisi finanziaria e quella successiva dei debiti sovrani, l’Italia ha registrato un significativo arretramento e ha perso ulteriore terreno rispetto ai paesi più avanzati e al resto d’Europa, accentuando una tendenza già evidente dalla fine degli anni novanta del secolo scorso (capitolo 2). In questo quadro il Mezzogiorno, che già dagli anni ottanta del Novecento aveva mostrato difficoltà nel mantenere il passo con il resto del Paese, ha visto progressivamente diminuire il suo peso economico, evidenziando una crescente difficoltà nell’impiegare la forza lavoro disponibile, una riduzione dell’accumulazione di capitale, in precedenza fortemente sostenuta dall’intervento pubblico, e una minore crescita della popolazione rispetto alle aree più avanzate del Paese dove si sono concentrati i flussi migratori. A partire dalla crisi finanziaria il ritardo del Mezzogiorno in termini di PIL per abitante si è dunque ampliato, in parte seguendo una tendenza all’aumento dei divari territoriali che ha riguardato la maggior parte delle economie avanzate. I processi diffusivi dello sviluppo economico si sono infatti indeboliti e si è accentuata la distanza tra le regioni periferiche e le aree che vantano centri urbani in grado di sviluppare forti economie di agglomerazione. Si tratta di un processo guidato dal cambiamento strutturale e dallo sviluppo delle attività di servizio avanzate, più frequentemente localizzate nelle aree urbane, che rimpiazzano le produzioni industriali a minor contenuto di conoscenze, interessate da processi di automazione pervasivi o ricollocate in paesi caratterizzati da un più basso costo del lavoro, commercialmente sempre più integrati con le economie più sviluppate.
Dalle nostre analisi emerge come nel Mezzogiorno il settore privato, già fortemente sottodimensionato rispetto al peso demografico dell’area, si sia ulteriormente contratto e presenti ora una composizione ancora più sbilanciata verso attività produttive a minore contenuto di conoscenza e tecnologia e a più bassa produttività. In particolare nell’ultimo decennio si è ulteriormente ridotto il peso già modesto delle attività manifatturiere meridionali sul totale nazionale ed è stata minore la capacità dell’area di sviluppare i servizi a maggior valore aggiunto. Nelle regioni meridionali sono accentuati i tratti tipici del sistema produttivo nazionale, tra i quali il ruolo preponderante di micro imprese e di attività a controllo familiare, nel complesso poco dinamiche e meno in grado di sfruttare le nuove tecnologie digitali, il cui impiego richiede una forte complementarità tra capitale umano e capacità organizzative e tecnologiche (capitolo 3). I pochi segnali di vitalità emersi nello scorso decennio hanno coinvolto le esportazioni (che, per quanto marginali nella dinamica del prodotto dell’economia meridionale, sono cresciute a ritmi simili a quelli del Centro Nord), la produzione energetica e il turismo (in forte aumento nella componente estera fino al 2019). In generale, però, il tessuto imprenditoriale meridionale mostra evidenti fragilità che si riflettono nelle condizioni economiche e finanziarie delle imprese, in media meno produttive, meno capitalizzate, meno profittevoli di quelle del Centro Nord. La maggiore rischiosità che le caratterizza, unita a fattori di contesto sfavorevoli come i tempi elevati delle procedure di recupero dei crediti per via giudiziale, si traduce nella difficoltà di accedere al credito e ad altre forme di finanziamento, limitandone ulteriormente la capacità di investire e crescere.
Dato il sottodimensionamento e la debolezza del comparto privato, il settore pubblico ha nel Mezzogiorno un peso e una rilevanza economica nettamente superiori rispetto al resto del Paese. L’economia meridionale si è trovata così particolarmente esposta nell’ultimo decennio alla correzione di finanza pubblica imposta dalla crisi dei debiti sovrani, che ha determinato il calo dell’occupazione nelle varie articolazioni della Pubblica amministrazione e la riduzione degli investimenti pubblici, da cui indirettamente dipendono anche molte attività del settore privato. Nel complesso i livelli di impiego della forza lavoro, già tra i più bassi di Europa, sono ulteriormente diminuiti, come è diminuita la qualità media dell’occupazione; nel settore privato rimane alta l’incidenza del lavoro irregolare ed è maggiore l’instabilità dei rapporti lavorativi (capitolo 4). Si sono così intensificati i processi migratori in uscita, soprattutto dei lavoratori più giovani e qualificati. Data anche la minore capacità di attrarre i flussi migratori dall’estero, l’economia meridionale è caratterizzata da prospettive demografiche nettamente peggiori rispetto al resto del Paese.
Su questo quadro sfavorevole pesano pure gli ampi ritardi nella dotazione di infrastrutture e nella qualità dei servizi pubblici (capitolo 5). Il divario è particolarmente marcato nel confronto tra le grandi città, che nel Mezzogiorno, anche per questo, stentano a svolgere il ruolo di soggetti catalizzatori dello sviluppo economico. Le già ricordate misure di contenimento della spesa pubblica hanno avuto effetti marcati sugli enti territoriali, dove le peggiori condizioni di bilancio ereditate dal passato hanno reso necessarie politiche di rientro dai disavanzi più severe. Al di là degli sviluppi più recenti, gli enti locali del Mezzogiorno incontrano difficoltà legate da un lato alla mancata definizione di livelli essenziali delle prestazioni da assicurare in tutto il Paese (solo in parte colmata di recente) e all’assenza di adeguati meccanismi di riequilibrio territoriale nel finanziamento dei servizi pubblici, dall’altro alla ridotta capacità contributiva pro capite e alla perdurante scarsa capacità di riscossione dei tributi. Inoltre, la qualità dei servizi locali resta mediamente più bassa anche nei casi in cui non emergono chiari deficit di risorse, evidenziando carenze nell’efficacia ed efficienza dell’azione pubblica, che interessano gli aspetti organizzativi, l’informatizzazione delle procedure e la dotazione di capitale umano delle amministrazioni. Per quanto riguarda la dotazione infrastrutturale, il Mezzogiorno risente inoltre della minore capacità progettuale e realizzativa delle amministrazioni territoriali, che ostacola il pieno ed efficace utilizzo dei fondi disponibili, a partire da quelli europei. Differenze nella qualità dei servizi erogati si registrano pure negli ambiti di responsabilità dello Stato, come ad esempio la scuola e la giustizia, per i quali non sono previsti strumenti di intervento direttamente orientati a garantire risultati omogenei sull’intero territorio nazionale che tengano conto delle differenze di contesto socioeconomico, tipicamente di svantaggio nelle regioni meridionali.
Per favorire un deciso cambio di rotta sarà in primo luogo necessario ridurre i divari territoriali in quelle dimensioni che direttamente dipendono dall’azione pubblica. In secondo luogo, bisognerà rafforzare la struttura produttiva del Mezzogiorno. Di questo duplice compito si parla nell’ultima parte del lavoro (capitolo 6), sottolineando come, almeno per il prossimo futuro, l’operatore pubblico possa contare su un ammontare di risorse probabilmente senza precedenti per l’attività di investimento, grazie al sommarsi dei fondi strutturali europei, del Fondo per lo sviluppo e la coesione e del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Si tratta di un’occasione cruciale per avviare una nuova stagione progettuale, che adotti modalità di intervento innovative e orientate ai risultati. La quantità e la qualità dell’offerta di beni e servizi pubblici sono oggi seriamente compromesse da un assetto di governance della Pubblica amministrazione eccessivamente articolato, caratterizzato dalla frammentazione delle competenze, tanto a livello centrale quanto locale. Questa rete complessa di interazioni amplifica le inefficienze, spesso più marcate nel Mezzogiorno, dei suoi singoli nodi. Migliorare l’efficacia delle amministrazioni e i servizi pubblici richiede di intervenire in più direzioni contemporaneamente. Da un lato, appare necessaria la riduzione dei soggetti e degli strumenti che presiedono alla programmazione e alla progettazione degli interventi nel territorio, anche attraverso la semplificazione del quadro regolatorio. Sarebbe altresì utile il rafforzamento del ruolo e della capacità operativa di strutture centrali che possano favorire il coordinamento tra livelli di governo, aiutare il territorio nella progettazione e, se necessario, sostituirsi nei casi di ritardi e inadempienze nell’arco di tutto il ciclo realizzativo. Il problema è evidente per le opere pubbliche ma si estende anche ad altre tipologie di intervento. Dall’altro lato, è indispensabile un deciso miglioramento nella qualità degli input, umani e tecnologici, delle amministrazioni pubbliche. Nello scorso decennio le manovre di risanamento dei conti pubblici hanno inciso sulla dotazione di capitale umano, soprattutto nel Mezzogiorno, ostacolando il ricambio generazionale e l’ingresso di personale con competenze aggiornate. Le risorse finanziarie non possono però garantire da sole un rafforzamento qualitativo delle compagini; per accrescere le competenze tecniche e manageriali del personale è altrettanto importante correggerne le modalità di selezione e carriera. Di pari importanza, e a esso complementare, è il rafforzamento del grado di digitalizzazione delle amministrazioni: l’e-government rappresenta una possibilità concreta per incidere contemporaneamente sull’efficienza nell’uso delle risorse, la riduzione dei tempi amministrativi e la semplificazione delle procedure per imprese e cittadini, l’innalzamento del livello di trasparenza e legalità. Sarebbe infine auspicabile un orientamento più forte delle amministrazioni pubbliche al conseguimento dei risultati, con il monitoraggio del loro operato e degli standard di qualità raggiunti. Per i servizi sotto la responsabilità dello Stato occorrerebbero strumenti gestionali per intervenire nei contesti in cui i risultati siano inferiori alle attese; per quelli di competenza degli enti territoriali la distribuzione di adeguati fondi perequativi dovrebbe essere accompagnata da incentivi altrettanto adeguati nell’allocazione delle risorse che premino il perseguimento degli standard qualitativi minimi definiti a livello nazionale.
Il secondo pilastro di una politica che promuova con decisione la convergenza delle aree in ritardo economico poggia sul rafforzamento dell’iniziativa privata. In quest’ambito, appare cruciale la riduzione dei gap infrastrutturali del Mezzogiorno, per avvicinarlo al core dei mercati europei e sfruttare il potenziale di sviluppo delle sue agglomerazioni urbane e quindi contrastare la tendenza al declino economico e demografico dell’area. Allo stesso tempo occorre favorire un innalzamento qualitativo del tessuto produttivo, sia con politiche di carattere generale, come quelle dirette a migliorare la formazione e ridurre i divari nella dotazione di capitale umano, sia con interventi volti ad attrarre investimenti esterni, a favorire il trasferimento tecnologico e a migliorare la qualità della gestione e delle capacità manageriali delle imprese. Resta inoltre fondamentale il contrasto di quello che è stato definito il “triangolo dell’illegalità” (Panetta, 2019), costituito da evasione, corruzione, criminalità, fattori che premiano le imprese opache e il ricorso al lavoro nero, ostacolando l’affermazione delle migliori iniziative imprenditoriali (Barca e Visco, 1993). Occorre infine ricordare come sia fondamentale il contributo di cittadini, imprenditori e classi dirigenti, che con i loro comportamenti e le loro scelte possono contribuire direttamente a un rilancio dello sviluppo del Mezzogiorno e incidere sulle stesse probabilità di successo delle politiche pubbliche. Le analisi di questo rapporto si concentrano prevalentemente sul periodo antecedente la crisi pandemica, che ha colpito l’economia italiana più duramente rispetto alla media dei paesi avanzati. Nella ripresa del 2021, superiore alle attese, l’economia italiana sembra aver beneficiato, oltre che dell’ampio sostegno delle politiche pubbliche, dei miglioramenti strutturali che hanno caratterizzato lo scorso decennio, a partire dal recupero di competitività sui mercati internazionali. In tale contesto il vasto programma di riforme e investimenti delineato nel PNRR offre al Paese l’opportunità di rafforzare questi segnali di vitalità, affrontando con il sostegno di mezzi finanziari significativi alcuni dei problemi strutturali che ormai da un quarto di secolo ne frenano la crescita. Il piano riveste una rilevanza particolare per il Mezzogiorno, dove alcune delle criticità strutturali che riguardano anche il resto del Paese si presentano, come abbiamo visto, in forma più acuta. Le risorse rese disponibili dai fondi europei e nazionali sono ingenti. Se saranno impiegate adeguatamente e se saranno anche occasione di accrescere la qualità delle politiche ordinarie, il Mezzogiorno, come il resto del Paese, potrà conseguire un deciso miglioramento delle sue prospettive di sviluppo e assicurare ai suoi cittadini una migliore qualità della vita
(Sintesi dei risultati del rapporto di ricerca – Giugno 2022 di Antonio Accetturo , Giuseppe Albanese e Roberto Torrini (coordinatori), Domenico Depalo , Silvia Giacomelli , Giovanna Messina , Filippo Scoccianti e Valerio Paolo Vacca)
https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/collana-seminari-convegni/2022-0025/n-25_mezzogiorno.pdf
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