Le elezioni europee sono in calendario per il 6-9 giugno 2024. Le amministrative del 14-15 scorso hanno soggiaciuto a logiche specifiche, non meccanicamente generalizzabili. Eppure credo sia utile riflettere sulle tendenze emerse, avendo presenti cifre e percentuali delle consultazioni politiche del settembre 2022. Non guasta rifarsi a annosi dibattiti da non dimenticare. Ebbe notevole fortuna, a partire dal 1966, la categoria di “bipartitismo imperfetto” coniata da Giorgio Galli. L’imperfezione consisteva nell’impraticabilità dell’alternanza: il fattore K (copyright Ronchey) condannava i comunisti all’opposizione. Il centrosinistra non navigò in acque tranquille, ma non fu neppure impegnato in rovesci: ebbe una sorta di instabile continuità. Da poco è uscito un testo curato da Salvatore Vassallo e Luca Verzichelli che raccoglie una decina di saggi elaborati nella fervida officina della Fondazione Carlo Cattaneo (“Il bipolarismo asimmetrico L’Italia al voto dopo il decennio populista, il Mulino, Bologna 2023) che propone una categoria suggestiva: il “bipolarismo asimmetrico”, appunto. Il panorama disegnato dalle elezioni anticipate del 2022, secondo gli autori e le autrici, delineò problemi inediti, non dissimili negli effetti da quelli conseguenti alla definizione di Galli. Ad ostacolare, però, l’alternatività sarebbe oggi non più il fattore K, ma l’ “asimmetria” di schieramenti che a destra hanno affrontato le competizioni con un’alleanza di norma almeno formalmente unita, malgrado le differenze che la investono. Sulla sinistra, invece, il Pd è accerchiato da una vischiosa frammentazione difficilmente componibile. Giovanni Sartori, con l’intenzione di aggiornare Galli, dedicò nel 1966 un saggio al «pluralismo polarizzato», configurando una dinamica plurale ma tendenzialmente dualistica.
Veniamo ai sintomi che traspaiono da una prima lettura dei risultati di questo maggio. Il concetto di Sartori in linea di massima regge abbastanza per interpretare la situazione attuale . L’“asimmetria” è stata ridotta da una certa polarizzazione. Veri e propri poli incentrati su un asse egemone in funzione di motore si sono avuti, ma a livello locale le differenziazioni, spesso personalistiche e concorrenziali, non sono state irrilevanti: esplicite perlopiù a sinistra, non assenti a destra. Il Terzo Polo ha mandato in scena l’ennesimo litigio tra Renzi e Calenda e par proprio destinato a non coagularsi. «Se per partiti – osservano Vassallo e Verzichelli – si intendono aree politiche, partiti o alleanze tra partiti, dotate di un consenso sufficiente a consentire loro di competere in una dimensione elettorale maggioritaria con qualche chance di vincere, dovremo fermare il conteggio al solo centrodestra». E nelle conclusioni del dossier a più voci i curatori si dicono persuasi che il loro “bipolarismo asimmetrico” resterà dominante almeno fino alle europee. Le cronache attestano che i rapporti si stanno facendo movimentati e una più o meno intensa partizione bipolare è assai visibile. Il centrodestra ha contato non poche vittorie immediate nei 13 Comuni capoluogo (a caso: Imperia, Latina, Sondrio, Treviso, Teramo…), ma non esiguo è il numero dei ballottaggi del 28-29 maggio: da Ancona a Brindisi, da Terni a Vicenza. Quanto alla Toscana sono in agenda sia Siena, dove la destra si é suicidata frantumandosi in vari rami e rametti, e Massa dove si è clamorosamente divisa. Neppure il leghista Michele Conti ce l’ha fatta a Pisa a ridiventare sindaco subito: ha perso per 15 voti! A Massa i candidati a sindaco erano 8, le liste 20. A Pisa le liste erano 6: un panorama più compattato. A Siena 8 candidati a sindaco, 23 liste, oltre 600 in corsa per un seggio consiliare! Il meccanismo dei ballottaggi provvederà a far di necessità virtù e calcolate sfumature della vigilia cederanno il passo a obiettivi ravvicinati e netti. Da notare che a Siena il ballottaggio sarà al femminile tra Nicoletta Fabio (FdI) e Anna Ferretti (Pd). Qualche dormiente o astenuto si sveglierà. Già sono cominciati incontri e colloqui programmatici che puzzano di disinvolto trasformismo. Una “bella confusione”. Insomma l’affermazione schiacciante a guida meloniana non si è avuta. E se si analizzano da vicino i risultati ci si accorgerà che le aree di opposizione alla destra espressive di un largo malcontento o da un marcato astensionismo sono più estese di quanto si poteva prevedere. Taluni ballottaggi sono aperti anche laddove il pronostico era tutto a favore delle destre. Il fatto è che la pessima legge elettorale favorisce la frantumazione e le contrattazioni preventive, più che mai frenetiche in vista delle sfida del 28-29 maggio. Prende attualità, tra accordi sottobanco e sottaciuti scambi a dispetto una versione del “pluralismo polarizzato” di cui discettò Sartori?
Il futuro dipenderà essenzialmente dalla capacità espansiva e dalla credibilità di incisivi e realistici programmi di Elly Schlein & c. e dal principale partito antagonista che Salvatore Vassallo e Rinaldo Vignati definiscono la Terza Fiamma, cioè la terza edizione, dopo il Msi e Alleanza nazionale, di una forza cioè che inglobi, mascherandoli, punti propri dell’ideologia neofascista. Si veda l’analisi esemplare esposta in “Fratelli di Giorgia Il partito della destra nazional-conservatrice” (il Mulino, Bologna, 2023). FdI dovrà proseguire un percorso arduo. Definirsi semplicemente “democratici afascisti” o rifugiarsi nel coacervo di un confuso “postfascismo” non basta. Le sfide indispensabili che il partito guidato con governativa energia deve sbrogliare per attingere una dimensione davvero innovatrice sono – secondo i due autori – impegnative. La prima è liberarsi dall’ossessione identitaria di un vetusto e minoritario nazionalismo. Il “social conservatism” da cui derivano posizioni contrarie a principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali a base dell’Unione europea è all’origine di discriminazioni inaccettabili per un ruolo che non intenda arrendersi a pregiudizi verso diritti da garantire con laica neutralità. FdI ha all’ordine del giorno – sostengono Vassallo e Vignati – la pratica al suo interno di una democrazia effettiva, l’allargamento di una classe politica viziata (checché ne dica la leader) da inquietanti nostalgie, il “superamento delle narrazioni cospirazioniste” di impronta razzista, l’adesione convinta ad un patriottismo costituzionale che rimuova tentazioni di nativismo e non faccia della patria un irato distintivo di fazione.
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