In polemica con i riformisti Andrea Orlando ha pubblicato su Facebook un posto che dice così: Ci sono molti riformisti. Sarei curioso di sapere che riforme hanno fatto di preciso…. Sempre su Facebook gli ha risposto Luigi Marattin con il post che riprendiamo integralmente e che dimostra, dati alla mano, come i populisti e i demagoghi di una sinistra, ormai vecchia e superata, non sono nemmeno più in grado di vedere (ma forse sarebbe meglio dire rifiutano di vedere) quello che è sotto gli occhi:
Caro Andrea Orlando, non so se potrò soddisfare la tua richiesta di precisione, ma provo a risponderti io.
I riformisti hanno riformato il sistema degli incentivi alle imprese, passando da una logica generalizzata a pioggia a incentivi specificatamente mirati all’innovazione e trasformazione tecnologica.
Parlo ovviamente di Industria 4.0, l’unico strumento di politica industriale che negli ultimi 25 anni abbia davvero funzionato.
I riformisti hanno riformato il sistema delle banche popolari, dove la logica “una testa un voto” (che va bene per le banche piccole, ma non funziona in quelle con svariati miliardi di attivo) stava impedendo che contendibilita’ e concorrenza si diffondessero in un sistema bancario altrimenti troppo asfittico. Ed è grazie a quella riforma se sono nati gruppi bancari in grado di competere con i due player maggiori.
I riformisti hanno riformato il mercato del lavoro, aumentando crescita dimensionale e assunzioni a tempo indeterminato (qui la prova: https://t.co/UDYjnURyT7 ; mi raccomando occhio perché un ex-premier – al quale siete molto affezionati – recentemente ha sbagliato riforma, quando cercava studi che riportassero i risultati).
I riformisti hanno riformato lo status giuridico delle persone che si amano, anche se dello stesso sesso. Prima li si citava nei convegni, si organizzavano manifestazioni. Ma non si dava loro i diritti. Lo hanno fatto i riformisti.
I riformisti hanno riformato una parte del sistema fiscale, introducendo la dichiarazione dei redditi pre-compilata, la fatturazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi. È costato sputi in faccia quasi da tutti, ma è grazie al fisco elettronico se l’evasione fiscale è diminuita da 110 mld a 99 mld (sempre troppi; ma prima, anche qui, ci si limitava alle chiacchiere).
I riformisti hanno fatto leggi importanti sul Terzo Settore, sulla piaga del capolarato, sulla cooperazione internazionale.
I riformisti volevano fare anche altre riforme importanti.
Due esempi su tutti: scuola e funzionamento istituzionale.
Ma non è andata bene. Un pò per errori degli stessi riformisti, un pò per via di conservatori come te, un pò perché in quel periodo – usciti da 3 recessioni in 5 anni – gli italiani avevano soltanto voglia di mandare tutti a fan*ulo. E guarda un pò, poco tempo dopo arrivò un partito che aveva esattamente quello come unico programma politico. Lo conosci bene, c’è ancora: è quello con cui da tempo coltivate amorosi sensi.
I riformisti in Italia non sono solo i protagonisti delle riforme che, a titolo di esempio, ti ho elencato. La riforma Maroni delle pensioni del 2004 era una giusta riforma. Per smontarla, il successivo governo Prodi (sotto dettatura di sindacati e sinistra estrema) spese 10 mld all’anno di soldi dei contribuenti, e in più aggravando problema della sostenibilità che sta minacciando il futuro dei giovani.
I riformisti oggi stanno un pò dappertutto, costretti nelle catene di questo bipopulismo che ha trasformato la politica in uno stadio.
Ma sono tenuti insieme dall’idea che in questo paese dobbiamo assicurarci di tornare a produrre reddito, prima di preoccuparci di distribuirlo.
Dall’idea che ad essere redistribuite subito, invece, debbano essere le opportunità: in un paese che è ancora in fondo alla classifica della mobilità sociale del mondo occidentale.
Dall’idea che il paese debba affrontare la modernizzazione delle sue strutture (dalle istituzioni al sistema formativo, dal settore pubblico alla giustizia), quella modernizzazione che sostanzialmente rimanda da 50 anni. Che è esattamente il momento in cui la produttività (il motore della crescita economica) ha smesso di crescere.
E senza crescita non c’è benessere, non c’è sviluppo, non c’è giustizia sociale.
I riformisti, infine, sono quelli convinti che non è vero che ad ogni problema italiano la risposta debba necessariamente essere “più soldi pubblici” oppure “più Stato”. Pensa che all’interno del vasto campo (“campo largo” mi pareva brutto, abbi pazienza) dei riformisti, c’è anche una sparuta pattuglia che crede che non sempre nel nostro paese il pubblico è stato la soluzione a tutti i problemi: anzi spesso e volentieri ne è stata la causa.
Ho finito Andrea, non so se hai avuto la pazienza cortesia di leggermi fino alla fine.
Sai, mi verrebbe anche voglia di chiudere facendoti a mia volta una domanda.
E cioè in cosa si sia concretizzata per i più deboli tutta la retorica egualitarista e di sinistra con cui avete altezzosamente prima additato e poi allontanato chiunque non venisse dalla vostra storia fino alla quinta generazione. Contribuendo così a spianare la strada ai populismi, che tanti danni hanno fatto e stanno ancora facendo.
Quali risultati in concreto, intendo (numeri, cifre, risultati insomma).
Ma non te lo chiederò.
Rimani un avversario stimabile e intelligente, e l’ultima cosa che vorrei è metterti in qualche forma di imbarazzo.
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