Dispiace che sia italiana questa collezionista di luoghi comuni. La base ideologica della politica che ha portato allo sterminio degli ebrei, proprio ieri ha risuonato alla Ca’ Foscari: la delegittimazione e la criminalizzazione degli ebrei oggi è travestita dalla più banale «damnatio» dello Stato d’Israele. Non spenderò parole su questa ultima incarnazione dell’antisemitismo: bastano i testi del professor Robert Wistrich. Antisemitismo oggi è la criminalizzazione di Israele, il ridurlo nei panni di uno stato colonizzatore, di apartheid, indegno di vivere la Albanese ne è campione. E non conosce remora, e questo fa vergogna, all’Onu, al suo Paese d’origine. Ne ha fatto anche oggetto di interrogazione il senatore Giulio Terzi di Sant’Agata, con i documenti di 4mila avvocati dell’International Legal Forum impegnato nel contrasto all’antisemitismo e nella promozione dei diritti umani, e di un gruppo bipartisan del congresso Usa. Chiedono all’alto commissario per i diritti umani Volker Turk di licenziare la fomentatrice di odio. L’Onu ha sempre scelto male, la maggioranza automatica ne fa una fucina di condanne per Israele e di finanziamenti ai palestinesi che finiscono in terrorismo e propaganda dell’odio. Ma Albanese è speciale: anche quando è stato ucciso Alessandro Parini, anche quando due ragazzine, Rena e Maya Dee, e la loro mamma sono state ammazzate la «rapporteur» riporta che Israele non ha diritto all’autodifesa. Albanese ha partecipato a varie iniziative di boicottaggio Bds, ha definito «difensori dei diritti umani» individui arrestati per terrorismo, ha comparato quella che i palestinesi chiamano la «nakba», cioè l’esodo del 1948 durante la guerra da essi iniziata, all’Olocausto, su questa linea indecente ha paragonato Hamas a Gaza agli ebrei del Ghetto di Varsavia, ha anche scritto che l’Europa e l’America sono soggiogate «dal senso di colpa e dalla lobby ebraica», difende i missili da Gaza, ha partecipato a conferenze con Hamas, ha lodato terroristi come Leila Khaled; sull’accusa di apartheid, la più assurda, sostiene che non è abbastanza. Albanese non accetta l’indubitabile appartenenza storica degli ebrei alla terra di Israele, a Gerusalemme. Per lei la sparizione di Israele è un obiettivo, ha detto che è stato creato «in Palestina», nome inventato dai romani dopo la distruzione del Tempio. Il modo in cui Albanese agisce vellica le speranze genocide, chiude la porta alla convivenza, ignora l’autocrazia e la corruzione in cui i palestinesi sono rinchiusi. È tempo che l’Onu abbandoni il gioco della Guerra Fredda, l’ammiccante propaganda antiebraica.
(questo articolo, già pubblicato da Il Giornale, è ripreso con il consenso dell’autrice)
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