Fiamma Nirenstein, giornalista e scrittrice, già parlamentare e membro del Jerusalem Center for public affairs, non crede a chi accusa Benjamin Netanyahu di autoritarismo. In occasione della sua visita a Palazzo Chigi, ricevuto da Giorgia Meloni, anche a Roma in contemporanea a Tel Aviv si sono svolte manifestazioni contro una riforma giudiziaria che Nirenstein definisce utile perché in Israele “il potere giudiziario è sconfinato, soprattutto per il fatto che un giudice può cancellare le leggi votate dal Parlamento”.
In Italia si è parlato molto della manifestazione di protesta contro Netanyahu mentre si trovava in visita dal premier Meloni.
Evidentemente si vuole sminuire questa visita così importante e densa di significati geopolitici. Vedo una grande confusione fra chi contesta la riforma giudiziaria e un antagonismo sfrenato nei confronti di Netanyahu, quando lo si accusa di una cosa di cui non è accusabile, ovvero avere tendenze autoritarie. Le due cose non hanno nulla a che fare l’una con l’altra e vengono sovrapposte in maniera capziosa. Il nodo verte innanzitutto la densità ideologica che a che fare con i movimenti pacifisti e della sinistra israeliana che nasce addirittura nell’ambito della guerra fredda.
Ovvero?
L’Europa con Olof Palme e quel radicalismo di Willy Brandt e Bruno Kreisky divenne sostenitrice dell’Olp e, al contempo, silenziò fatti gravissimi come il terrorismo e chi lo finanziava. In quel momento la sinistra israeliana invece di rimanere su posizioni idealiste e liberal-socialiste, venne spinta automaticamente in avanti verso una serie di cause che si sono rivelate fallimentari. La più palese fu quella degli accordi di Oslo, con la conseguenza che il fallimento del pacifismo è stato scaricato strumentalmente sullo Stato ebraico, mentre invece è figlio dei “no” palestinesi. Hanno sempre rifiutato lo Stato di Israele, opponendosi sin dal 1948 a due Stati per due popoli.
Quale il ruolo dell’Europa?
Nel frattempo l’Europa è diventata un ambito in cui l’amicizia con Israele era stata condizionata al permesso dei palestinesi di avere un rapporto positivo con Israele: nel corso del tempo questi due elementi, congiungendosi, hanno creato molta confusione. L’Europa ascrive alcune colpe a Israele e le somma alle proprie colpe nei confronti del terzo mondo, del mondo musulmano e della colonizzazione. In sostanza, poggia su Israele una quantità di colpe che la sinistra israeliana ha, essendosi alleata a questo sistema culturale. In tale quadro si inserisce questa specie di rivoluzione per le strade di Tel Aviv, che somiglia a un tentativo di colpo di Stato contro Netanyahu che stato eletto democraticamente e deve governare. Alla luce dei seggi in Parlamento, non c’è ombra di dubbio sul fatto che Netanyahu sia da considerarsi il legittimo leader dello Stato di Israele.
Chi protesta e perché contro la riforma giudiziaria?
Il fatto che le strade di Israele siano piene di gente che manifesta, con tutti i media che partecipano sfrenatamente contro la riforma, sono sicura che potrebbe indurre ad una riflessione il Governo. Alcuni aspetti potrebbero essere rallentati o cambiati nel corso delle prossime settimane, proprio perché non c’è traccia di autoritarismo in questo esecutivo. E chi per le piazze, di Tel Aviv ma anche di Roma, ha urlato contro il premier israeliano slogan come “democrazia” è smentito dai fatti. Vedo una malsana idea di voler ascrivere a Netanyahu una volontà golpista o antidemocratica.
Ricordo, invece, che in Israele il potere giudiziario è sconfinato, soprattutto per il fatto che un giudice può cancellare le leggi che poi non possono essere ripristinate, se non con un sistema molto complesso. In nessun paese del mondo credo vi sia un sistema giudiziario in grado di cancellare delle decisioni assunte dal Parlamento. Vige un principio che è detto ‘della ragionevolezza’: ma chi lo stabilisce? Il giudiziario, che a sua volta è fatto di una piramide auto eletta, che non risponde a nessuno, se non a se stesso.
Con quali conseguenze?
Spesso dimentichiamo che Israele è un Paese sempre in guerra, in cui c’è una componente arabo-palestinese importantissima: per cui è corretto chiedere che la giustizia sia davvero indipendente. Ce lo insegna la storia d’Italia, con una intera classe dirigente eliminata nel 1992: il giudiziario può distruggere la politica, non implementarla, quando perde il check and balance indispensabile alla democrazia. Mi chiedo se qualcuno sia stato mai arrestato in Israele per aver manifestato la propria opinione o se a qualche cittadino sia stato impedito di scendere in piazza. E allora su quali basi si accusa il governo di autoritarismo? Israele è il paese più liberale che si possa immaginare, dove si insegna il pacifismo nelle scuole, mentre altrove si fa propaganda insegnando ad ammazzare gli ebrei.
A mio figlio a scuola insegnano ad essere pacifisti: la società israeliana è una società iper liberale anche perché il suo premier è un laico ed un liberale. Per cui, accusare Netanyahu di voler fare un colpo di Stato va lontanissimo dalla discussione reale che invece va affrontata sulla riforma del giudiziario. Accade più o meno la stessa cosa in Italia, perché appena la destra si permette di vincere le elezioni, ciò scatena una sorta di inorridito furore da parte di un mondo che crede di essere nato col cucchiaino d’argento in bocca, accusando gli altri di essere tutti fascisti. Ribadisco che di fascisti non ce ne sono più da un pezzo e che la storia di Netanyahu è una storia di promozione della modernità.
Netanyahu in questo momento è, tra i leader al potere, forse il più longevo dell’intera area euromediterranea e mediorientale. Un nuovo ponte tra Italia e Israele quale dividendo può generare?
Lotta all’antisemitismo, lotta alla siccità, partnership sul gas: Israele sta investendo davvero sulla governance italiana e questo elemento si lega ai nuovi accordi stipulati tra Cina e Iran. Durante il vertice con Giorgia Meloni, donna solida nella lotta all’antisemitismo, Netanyahu ha ripetuto che una delle sue finalità essenziali è quella di costringere l’Iran a rifiutare i suoi progetti imperialisti, pericolosissimi prima di tutto per Israele ma anche per tutto il mondo. In questi giorni è stato pubblicato un articolo da un quotidiano inglese che spiegava come gli iraniani mandino le loro squadre terroriste in giro per il mondo, come dimostrano i droni di Teheran utilizzati da Putin contro l’Ucraina o come dimostrano i movimenti degli Hezbollah o i conflitti nello Yemen o in Iraq. Tale ruolo internazionale dell’Iran è di sicuro un oggetto di discussione in tutte le democrazie occidentali, al fine di contenere queste alleanze antidemocratiche e anti occidentali che si vanno disegnando sempre di più, fino a prospettare una guerra mondiale.
Quale potrà essere il ruolo dell’Italia?
Con Israele questa Italia potrà davvero disegnare il futuro del Mediterraneo: al di là delle parole di stima dette da Netanyahu a Giorgia Meloni, si sta costruendo un rapporto fra due leader occidentali che sono vicini nel voler preservare da un lato la democrazia e dall’altro la determinazione a farsi valere anche negli equilibri mondiali. Ciò produrrebbe un vantaggio anche in Ue.
In che modo?
L’Europa ha sempre avuto con Israele un rapporto tremendamente ambiguo: ha bisogno di Israele per tutti gli aspetti tecnologici e medici, come dimostra anche il rapido ed efficace soccorso in Turchia, e per tutti gli aspetti di sicurezza e difesa. Di contro, però, maltratta Israele avallando risoluzioni prive di una conoscenza reale, e lasciandosi andare alle menzogne che poi causano questa ondata di antisemitismo. Io penso che Netanyahu cerchi di mettere fine a tutto ciò, cercando un ponte verso l’Europa e il ruolo di Giorgia Meloni sarà decisivo sotto questo aspetto. È una donna molto intelligente e ha capito che l’Europa dovrebbe smettere con queste condanne, perché quando l’Ue seguita a dire che Israele sta facendo delle mosse per prevenire la fondazione di uno Stato palestinese, dimentica che i palestinesi sognano la distruzione dello Stato di Israele. Un’autentica pace, invece, potrebbe ottenersi investendo molto sugli accordi di Abramo.
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