Il mondo negli ultimi tre anni è stato funestato da due avvenimenti che hanno sconvolto le nostre esistenze: la pandemia e la guerra.
I due avvenimenti, nella loro assoluta drammaticità, potrebbero tuttavia aver accelerato due processi rivoluzionari per l’umanità intera: la transizione digitale e la transizione ecologica.
Se la digitalizzazione post Covid è ormai storia, con (semmai) dinamiche di eccessi da smart working più volte discussi in questo spazio, meno lineare ed intuitivo appare la relazione tra svolta ecologica e guerra.
Andiamo per gradi. Qualcuno potrebbe subito obiettare che la necessità di sostituire i combustili russi abbia costretto molte amministrazioni europee a riaprire miniere di carbone e mantenere le centrali elettriche inquinanti. Nessuno potrebbe negare questa evidenza. Tuttavia, secondo gli ultimi dati della Agenzia Internazionale per l’energia (IEA), nel 2022 l’economia mondiale è diventata del 2% meno energivora e grazie anche al clima più mite e l’utilizzo di strumenti a maggiore efficienza energetica, il continente europeo ( ad esempio) ha utilizzato il 6-8% di elettricità in meno rispetto al 2021.
In altri termini: l’impatto sempre più esteso di tecnologie più efficienti a livello mondiale (veicoli elettrici nella mobilità e pompe di calore nelle case) ci porterebbe ad essere ottimisti sull’avvio della nuova transizione ecologica. Inoltre, secondo l’IEA, l’attuale capacità produttiva mondiale di petrolio e gas sarebbe già satura: la Russia non può facilmente riorientare le sue infrastrutture di gas e le piattaforme petrolifere sono prive di personale e di pezzi di ricambio, dunque un forte rallentamento o addirittura stop all’attività estrattiva sarebbe imminente. Di contro, il boom dell’eolico e del solare ridurrà l’appetito per i combustibili fossili, soprattutto nei paesi più energivori e non solo in Europa. Sempre la IEA stima che persino la Cina si doterà, entro il 2025, di strutture di energia rinnovabile in grado di fornire fino a 1.000 terawattora, ( per intenderci equivale all’attuale produzione di energia elettrica del Giappone).
Questa transizione ecologica sarebbe inoltre favorita, a livello globale, dal generale calo dei prezzi dei contratti per i progetti eolici e solari fotovoltaici, sensibilmente più bassi rispetto a quelli dell’energia all’ingrosso (nella sola Europa è stato del -77% sul 2021) , da una diversa sensibilità dei consumatori sull’utilizzo di energie rinnovabili e dalla introduzione di normative molto favorevoli, tra cui, su tutte, spicca l’inflation reduction act dell’amministrazione americana.
Per capire meglio, sono in tutto 369 miliardi di $ da destinare all’ambiente nei prossimi 10 anni, e solo 69 miliardi saranno destinati ad imprese che produrranno turbine eoliche e/o batterie per veicoli elettrici. Ma non solo Usa e Cina si muovono nel solco della transizione ecologica, anche la vecchia Europa si sta attrezzando con il Net-Zero Industry Act, ovvero 250 miliardi di € per le aziende che investiranno nelle tecnologie pulite, anticipando così l’obiettivo di raddoppiare la attuale capacità solare installata nell’UE tra il 2025 e il 2030.
Quanto di questi impegni sarebbero stati adottati con questa urgenza, senza lo scoppio del conflitto ucraino? (con le note complicazioni in termini di approvvigionamenti energetici?)
Difficile rispondere, anche perché rimangono fortissime criticità.
Ad esempio, il conflitto ucraino ha fatto schizzare il prezzo di molti metalli fondamentali per i cavi, le turbine o i pannelli solari, o, più banalmente e allo stato attuale della burocrazia europea, è difficile immaginare la progettazione e la realizzazione di grandi parchi eolici e/o solari entro il 2030.
Ma pensiamo positivo e auguriamoci davvero che con l’aumento dell’energia verde e il calo contestuale dell’uso dei combustibili fossili, le emissioni di anidride carbonica possano davvero crollare drasticamente e restituirci un mondo più vivibile e pulito. Possibilmente anche più sereno e finalmente in pace, quello sarebbe il vero successo.
Lascia un commento