Chi crede che le idee politiche della gente siano in ultima istanza determinate da interessi economici, personali o di classe, è del tutto fuori della realtà.
La realtà politica, come del resto la nostra stessa vita, è fatta di sogni. In politica si afferma il leader che è capace di far sognare… E questo sia a destra che a sinistra – Berlusconi fece sognare milioni di italiani per anni. Questo sogno si è riproposto nelle ultime elezioni primarie del partito democratico, vinte da Elly Schlein.
Ma perché Elly è una donna di sogno? E di chi è il sogno? Il confronto tra le biografie sua e del suo principale avversario, Stefano Bonaccini, può darci una risposta.
La biografia di Bonaccini è quella ideal-tipica del dirigente comunista medio dal Dopoguerra in poi. Viene dal proletariato, suo padre era camionista e sua madre operaia, entrambi iscritti al PCI, lui è nato in un piccolo centro rurale del modenese. Appassionato di calcio, pare che non abbia mai fatto l’Università. In compenso sin da giovane ha fatto politica, prima nel PCI, poi nel PDS quindi nel PD. È sposato con una piccola imprenditrice emiliana e ha due figlie. Dichiara di essere interessato al cinema e alla letteratura, ma non ci dice quali autori o generi preferisca. Sostanzialmente la sua vita-carriera si è svolta tutta in Emilia-Romagna, di cui è presidente dal 2014. Da questi dati risulta quel che chiamiamo un uomo d’apparato, ottimo amministratore, con esperienze tutte regionali senza scorribande all’estero, campione di una normalità eterosessuale post-proletaria che ha aderito in modo profondo alla svolta liberal-socialista presa dal principale partito della sinistra a partire dagli anni 1990. Non a caso Bonaccini ha vinto la competizione con Schlein nei voti dei circoli PD, dove si esprime una platea di militanti ben navigata nei canali e canaletti della politica reale e che non veleggia nel mare aperto dei sogni e dell’Utopia.
Rispetto al mondo strapaesano di Bonaccini, quello di Elly Schlein appare invece appartenere a un altro pianeta. Le sue origini e la sua vita sono assolutamente cosmopolitiche. Meloni si vanta di essere “una mamma italiana”, Elly invece non è madre (anzi è lesbica, peggio, bisessuale) e nemmeno italiana, potremmo dire, dato che ha la cittadinanza statunitense ed è naturalizzata svizzera. Suo padre è ebreo americano, politologo accademico; sua madre, italiana, è professoressa ordinaria di materia giuridica presso l’Università di Insubria. Il fratello è un matematico che lavora a Zurigo; la sorella svolge la carriera diplomatica, è primo consigliere all’Ambasciata italiana ad Atene. Elly si è laureata in giurisprudenza a Bologna col pieno dei voti. Al contrario di Bonaccini che ha militato sempre nello stesso partito, anche se il partito ha cambiato nome, Elly si è iscritta un mese prima delle primarie al PD giusto per diventarne la segretaria. Insomma, lei è la globalizzata esemplare, poliglotta con più cittadinanze, membro di un ceto borghese culturalmente molto alto.
Ha lavorato come militante volontaria per Barack Obama a Chicago nel 2008 e nel 2012, ma ha anche esperienze col cinema come segretaria di produzione del documentario ‘Anija – La nave’ sull’immigrazione albanese (vincitore del David di Donatello nel 2013). Dice che avrebbe fatto la regista cinematografica se non avesse fatto politica – essere cineasta è il sogno artistico più ambizioso oggi. Il suo unico libro, La nostra parte. Per la giustizia sociale e ambientale, del 2022, è stato pubblicato da una delle più grandi case editrici italiane, Mondadori. Invece i tre libri di Bonaccini sono pubblicati da Piemme, una piccola casa editrice nota per la narrativa per ragazzi, anche se oggi integrata nell’impero Mondadori.
Le preferenze culturali di Elly confermano la sua dimensione sofisticata, elitista e post-modernista. Tra i suoi registi cinematografici preferiti c‘è il cinese Wong kar-wai, autore raffinatissimo famoso per In the mood for Love, il coreano Kim Ki-duk autore di straordinari film d’avanguardia, e Quentin Tarantino, considerato il nuovo Hitchcock dalla crema dei cinefili e intellettuali euro-americani. E c’è il “cinema d’auteur” dell’australiano Baz Luhrmann, regista di film personalissimi come Moulin Rouge! ed Elvis. Da notare che nessun regista italiano appare in questa high parade di Elly. In musica ovviamente la sua preferenza va al rock, ma a un rock anch’esso non popolare, elegante, come quello dei Mumford & Sons; o di The National, esempio di “college rock” molto elaborato e intriso di accademica malinconia. Nulla insomma che possa essere capito o gustato dalle “masse subalterne”, dai left behind della società moderna, ovvero da coloro che non hanno raggiunto quella modernità in cui vivono. Perché, parafrasando Flaiano, potremmo dire “tanti non sono di sinistra perché non se lo possono permettere”.
Ma è molto significativo il fatto che Schlein, proprio come campione (nel senso dell’inglese sample) delle élite colte e globalizzate, guidi l’ala sinistra del PD. Più vicina a Conte che a Renzi e Calenda. I suoi riferimenti politici sono per lo più leader donne (come vuole ormai l’ordine discreto della correttezza politica), Aleksandra Ocasio-Cortez e Greta Thunberg. E soprattutto figure dell’estrema sinistra ecologista e tipo Occupy Wall Street. Ma il fatto che il provinciale Bonaccini attragga i favori dei moderati liberal-socialisti mentre la mondializzata Schlein attragga il voto della sinistra-sinistra è solo in apparenza un paradosso. Direi in effetti che mentre una figura come quella di Bonaccini è sostanzialmente omogenea al tipo di elettorato che il PD ha perduto – la classe operaia, i ceti più sfavoriti, la gente “semplice” che non parla inglese, insomma quelli che volgarmente si chiamano perdenti – una figura come quella di Schlein è del tutto omogenea al tipo di elettorato che oggi vota per la sinistra, e non solo in Italia: la medio-alta borghesia colta e metropolitana, i vincenti. La sconfitta di Bonaccini ha in questo senso una connotazione storica: rappresenta il divorzio ormai quasi definitivo della sinistra politica rispetto alle classi dei “lasciati indietro”, di chi vive in provincia, è attempato e non ha alti titoli di studio, di chi si sente estraneo alla galassia LGBTQ+, insomma di tutti coloro che ormai votano per la destra, soprattutto per quella più buzzurra e meno educata. Mentre il voto per Schlein sancisce definitivamente la conversione dei partiti di sinistra a corifei di una middle class studentesca, americanizzata, molto urbanizzata e molto jet set. Perché sono proprio queste élite a riprendere oggi l’eterno sogno della sinistra, il sogno di una società senza élite. Solo chi appartiene alle élite più alte può crederci.
(articolo ripreso da https://www.leparoleelecose.it con il consenso dell’autore e della testata)
Ennio
mi sembra un’analisi molto circostanziata è aderente ai fermenti eterni della sinistra italiana .C’è il pericolo che tutto finisca come il “’68’ .Di sicuro i ceti popolari ,la classe operaia ,le falangi di disoccupati senza prospettive sono trasmigrati a destra.
Elisabetta Briano
Ottima analisi