Che l’Occidente democratico, abbia tenuto botta al primo anno di guerra con una compattezza d’altri tempi è indubbiamente un fatto. Che anche l’Europa, divisa praticamente su tutto, abbia ritrovato nella guerra ucraina una ragione d’unità e, in campo energetico, una spinta all’emancipazione e all’approvvigionamento differenziato è altrettanto indubbio. Che, infine, la Russia sia stata messa all’angolo da un atteggiamento imprevedibile ma anche assai plausibile del “mondo libero” è senza alcun dubbio una realtà.
Detto ciò, rimane un vulnus: l’incapacità di un confronto serio, maturo e realistico con la pace. L’incapacità, cioè, di trovare in otto anni di guerra, prima, e ad un anno dalla sciagurata invasione russa, adesso, un modo/piano/percorso politico-diplomatico per mettere al riparo questo nostro tempo da una (mai tanto vicina) catastrofe nucleare.
Quella democrazia che alla prova della guerra ha dato segni di estrema vitalità riconoscendo e riaffermando i valori della libertà, dell’autodeterminazione dei popoli, della inviolabilità dei confini nazionali e del rispetto dei trattati internazionali per una convivenza comune, rischia di manifestare tutta la propria fragilità e la propria inadeguatezza di fronte alla pace.
Il problema è che tutti, in Occidente, vanno fieri della guerra e sulla guerra vedono crescere il proprio consenso. Un Joe Biden alle corde all’interno del Partito Democratico americano ha ritrovato nella guerra -che, c’è da immaginarlo, farà durare fino alle soglie delle elezioni presidenziali del 2024 per poi tentare di farsi paladino della pace- la ragione della ricandidatura. Per non parlare di Emmanuelle Macron isolato in patria, o la stessa Premier italiana Giorgia Meloni che dalla visita a Kiev ha riscontrato un aumento di consensi personali del 5% in qualche ora.
Questa è la realtà. Realtà che rivela come ogni tentativo di pace, di accordo, di soluzione sia -al momento: vedi l’accoglienza riservata in queste ore alla timida proposta di pace cinese- criticata, osteggiato, persino, deprecato.
Ecco il vero banco di prova della democrazia: non già la guerra che è l’opzione sempre più facile, conveniente e persino scontata in un mondo di “nemici”, bensì la pace; quella soluzione giusta e duratura per un conflitto scellerato nato -non si dimentichi mai- quasi dieci anni fa.
Questa la sfida per un Occidente che si gloria di rappresentare la “casa della democrazia” e il “baluardo della libertà”
Lascia un commento