Il bello di ogni società di consulenza, anche di quelle più accreditate a livello internazionale, è che negli ultimi anni c’è sempre stato un elemento “disruptive”(distruttivo e imprevedibile) a stravolgere completamente lo scenario di partenza e dunque, le conclusioni delle loro previsioni economiche.
Covid, digitalizzazione, guerra in Ucraina, inflazione a doppia cifra: basterebbe fermarci all’ultimo triennio per averne piena conferma. E il mondo della intelligenza artificiale e del metaverso bussano già alla porta per avvertirci che siamo solo all’inizio. “Siate il cambiamento che vorreste vedere avvenire nel mondo”, proclamava Gandhi, ma temo che qui manchi completamente, almeno per gli ultimi avvenimenti, l’elemento della consapevolezza. Si subisce l’evento, non lo si determina.
E così in un mondo sempre più di difficile lettura, si fa fatica a credere a previsioni economiche che superino il prossimo biennio. Un anno fa, ad esempio, l’autorevole centro di ricercheCebr era uscito con uno studio che aveva fatto molto discutere, in cui, per sommi capi, si sanciva il superamento dei 100 trilioni di dollari del Pil Mondiale nel 2022, il contestuale primato della economia cinese su quella americana nel 2030 e la forte tenuta della economia russa nelle prime 10 economie mondiali nel prossimo decennio.
Pochi giorni fa è uscito un aggiornamento alla ricerca, un bel po’ più pessimista sul futuro dell’economia mondiale, (prevista tecnicamente in recessione), e un bel po’ più preoccupato sulle dinamiche inflattive e sugli effetti dei repentini rialzi dei tassi in atto.
Colpevoli, manco a dirlo, delle loro errate previsioni di un anno prima, sarebbero le “banche centrali, molto lente nel rendersi conto della portata dei problemi inflazionistici di cui avevamo avvertito”.Per lo meno, (sembrerebbe) che ci avessero avvertito.
Nel nuovo scenario, la Cina dovrà aspettare ancora un bel po’, prima di superare in termini di PIL gli USA (2036), ma soprattutto la Russia comincerà ad avvertire il peso delle sanzioni occidentali nei prossimi anni, assistendo a un costante e irreversibile declino. Consola il giudizio sull’Italia, che soffrirà sia per gli effetti di politiche monetarie molto severe (che peseranno sul debito pubblico) e sia per la eccessiva inflazione da offerta (per le miopi politiche di approvvigionamento passate), seppur in un conteso di sostanziale salute della economia domestica.
Insomma, ci salveremo “per un PIL”anche questa volta.
Ma in tutte queste previsioni che si susseguono e naufragano in un batter d’occhio al primo elemento imprevisto, forse e dico forse, non ci siamo mai chiesti se abbia davvero senso voler continuare a ricondurre il nostro concetto di futuro benessere sociale con un solo numero di sintesi. Ma questo, se vorrete, lo vedremo la prossima volta…
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