Mi chiamo Larysa sono nata nel 1975 in Unione Sovietica. Ai bambini in URSS, alla nascita, rilasciavano il certificato di nascita. Sul mio c’è scritto che sono di nazionalità ucraina. Sono nata e ho sempre vissuto nel sud-est dell’Ucraina, nella nella regione di Zaporozhye. Zaporozhya è La patria dei cosacchi che un tempo erano la gloria della nostra Ucraina. A Melitopol ci furono aspre battaglie durante la seconda guerra mondiale perché la città di Melitopol è la porta della Crimea, come diceva Hitler molti anni fa. Ora la storia della porta della Crimea si ripete, solo che stavolta non è Hitler ad aggredirci, ma Putin.
Da brava studentessa, sono stata un’ottobrina poi una pioniera e persino membro del Komsomol, in realtà non avrei potuto fare diversamente perché l’iscrizione alla Gioventù Comunista era praticamente obbligatoria.
Il sud-est dell’Ucraina in epoca sovietica era molto diverso dall’Ucraina occidentale, qui la popolazione parla prevalentemente la lingua russa, molti hanno parenti in Russia e a scuola tutte le materie si studiano in russo. Al liceo ci è stato permesso di non frequentare le lezioni di lingua e letteratura ucraina, chi voleva poteva non studiare questa materia se i suoi genitori glielo avessero permesso. Io ero una brava studentessa, ma c’erano sempre molte lezioni e quindi avrei voluto non aggiungere altri impegni di studio e ho riflettuto un po’ sull’argomento. Quando sono tornata a casa, ho chiesto a mia madre di poter non studiare la lingua ucraina. Lei mi ha detto: ”Tira fuori il tuo certificato di nascita, apri e guarda cosa c’è scritto sopra.” Ho aperto e ho letto, mia madre mi ha detto che ho letto ad alta voce che c’era scritto “nazionalità ucraina” e ha aggiunto “Ora vai e impara”.
Allora non sapevo che potere avrebbero avuto le parole di mia madre, non sapevo che mi sarei portata dentro queste parole per tutta la vita e che un giorno sarebbero risuonate di nuovo dentro di me.
Nella nostra città tutto era tranquillo. Ucraini, Tatari, Russi e tutte le altre nazionalità vivevano insieme in pace, ma in un momento tutto è cambiato Come se tutte le persone mostrassero la loro natura profonda e di cosa sono capaci. Per me è stato scioccante vedere le persone non come mi sono sempre sembrate. Era il 2014, lavoravo in mensa estiva come cameriera in un’unità militare ucraina, abbiamo appreso che le truppe russe erano entrate in Crimea senza combattere e l’hanno occupata.
E poi iniziarono ad accadere cose strane e, secondo me, spiacevoli: i nostri soldati ucraini che prestavano servizio nell’unità di volo nella città di Melitopol improvvisamente iniziarono a parlare del fatto che avrebbero voluto che la Russia annettesse le terre ucraine, sognavano i grandi stipendi che l’esercito russo avrebbe dato loro. Erano potenziali traditori. Ho protestato apertamente, li ho richiamati al loro dovere, ho ricordato loro che hanno giurato fedeltà all’Ucraina e hanno obblighi nei confronti della Patria. Ero molto spiaciuta, nello stesso tempo ho partecipato attivamente alle discussioni con i russi sul sito web di Odnoklassniki, cercando di trasmettere loro informazioni veritiere e convincerli che avevano una falsa idea dell’Ucraina. Tutto è stato vano, solo uno di loro si è aggiunto ai miei amici e ha lottato attivamente contro la propaganda di Putin. Si chiamava A. G..
Dal 2014 A. ha dovuto nascondere il suo nome, perché già allora era perseguitato perché diceva la verità. Poi c’era il Donbas e uomini civili mobilitati che hanno cominciato a essere portati nella nostra unità militare, si sono fermati nella nostra unità prima di essere inviati alle operazioni antiterrorismo. Erano migliaia, molti di loro, di passaggio dalle nostre parti, erano per lo più civili chiamati a prestare servizio nell’esercito, uomini provenienti da diverse regioni dell’Ucraina, dall’Ucraina occidentale, dalla parte centrale del nostro paese e dall’Ucraina sudorientale. Le persone che mi passavano accanto avevano un’espressione da condannati, molti non volevano andare in guerra, la maggior parte credeva che l’Ucraina non avesse bisogno di essere difesa.
Una volta ho sentito tali conversazioni da uomini che sono entrati nella nostra unità dalla regione di Zaporozhye, hanno detto “Perchè andiamo in Donbas? Chi ne ha bisogno?” Ho risposto che io ne ho bisogno e anche le persone come me. In mano avevo un grosso coltello con cui tagliavo il pane e ho detto: “Datemi un’arma o vado in Donbas con questo coltello.” Da quel momento è iniziata la nostra amicizia e ora non ci sono più lamenti, i ragazzi si sono rasserenati, hanno messo le cose in ordine nell’unità militare, i militari si sono persino meravigliati perché da molto tempo non vedevano tanta disciplina e ordine nell’unità. Dopo qualche tempo il comando dell’esercito ha ringraziato la nostra mensa nella persona del nostro capo. Siamo stati ringraziati perché i soldati sono diventati veri combattenti e non persone con uno stato d’animo debole, come succedeva in altre unità militari, e ha spiegato quanto sia importante avere uno spirito combattivo.
Da due anni io e alcuni miei amici dall’Ucraina e il mio amico A. dalla Russia lottiamo contro la propaganda russa in rete.
Nel 2016 mi sono licenziata dal mio lavoro in una mensa e sono andata a lavorare in Italia. In Donbas in quel periodo c’era una guerra strisciante e ho smesso di raccontare la verità ai russi che Putin sta ingannando, ma sono rimasta sorpresa che un uomo tra così tanti indifferenti, A., continua a combattere e a discutere anche dopo essere stato cancellato dai social russi. Io stavo in silenzio e guardavo come lui provava a far arrivare la verità alla gente. Quanto era difficile a far arrivare la verità ai russi, che non volevano neppure ascoltare e ripetevano solo le parole della propaganda subita tutti i giorni dai mezzi d’informazione controllati dal governo. Nel 2022, un mese prima dell’invasione russa su internet iniziavano a circolare informazioni sull’inevitabile guerra tra Russia e Ucraina. A quel punto non potevo più tacere, ho ricominciato a condurre antipropaganda sul sito russo Odnoklassniky, ma diventava sempre più difficile e pericoloso perché mio marito e mia figlia erano ancora là. Non ho avuto paura di parlare della guerra che si avvicina, non volevo sconvolgerli e speravo che dopotutto non ci sarebbe stata la guerra e che saremmo stati in grado di uscire da grossi guai. La sera del 23 febbraio, ho chiamato il mio marito e gli ho detto che probabilmente la guerra sarebbe iniziata presto.
La mattina del 24 febbraio alle cinque, mio marito mi ha chiamato in Italia e mi ha detto che è iniziata la guerra. Da allora io e alcune persone che avevo in amicizia sul sito Odnoklassniki abbiamo iniziato a contrastare attivamente la propaganda del regime di Putin. Questi sono ucraini che vivono all’estero, ucraini che per sicurezza devono nascondere il volto e il nome. Tra loro c’erano anche A. e altri quattro russi. Noi abbiamo diffuso anche in Russia un video che denunciava i crimini dell’esercito russo in Ucraina.
Ci siamo resi conto che molti russi subiscono passivamente la propaganda trasmessa attraverso i mezzi di informazione controllati dal governo, sono come zombificati e non riescono a capire che cosa sta succedendo… Melitopol’, la nostra città è stata occupata dall’esercito russo fin dall’inizio della guerra. Una volta ho scoperto informazioni riservate operative che 15 ragazze dai 15 ai 25 anni hanno poi condiviso nella mia pagina su un sito russo. Su questo sito c’era la mia foto e il mio nome e, dato che avevo in amicizia ex colleghi di lavoro e parenti, non è stato difficile trovarmi digitando il mio nome e cognome. Dopo che ho pubblicato questa informazione mi ha scritto un soldato russo di Donetsk, mi ha detto che loro sono nella mia città e che se sono qui anch’io mi troveranno e mi faranno a pezzi. Dopo cinque minuti lui mi ha comunicato che sanno chi sono e sanno anche che ora sono all’estero. Più tardi ha provato a tracciarmi per verificare se ho amici partigiani e se faccio parte di un gruppo nella città Melitopol’ che sta combattendo contro gli invasori.
Sapevo che le forze russe terrorizzano, uccidono, torturano, rapiscono e violentano chi si oppone a loro.
Sapevo che stavano perseguendo non solo quelli che non volevano restare in silenzio, ma anche le loro famiglie. In Melitopol occupata dall’esercito russo, sono rimasti tutti i miei parenti ho dovuto tacere perché sono preoccupata per le loro vite. Ora mia sorella con i suoi due figli e mia figlia sono venuti qui in Italia, come rifugiate. Invece miei genitori e mio marito sono rimasti là, a Melitopol. Mio cognato è andato a combattere nell’esercito Ucraino in Donbas. Noi stiamo pregando per i nostri parenti, per il Donbas, Maryupol, Kharkiv, Zhaporizha preghiamo per tutta l’Ucraina. Speriamo di poter tornare a casa nostra e di avere ancora una casa dove rivederci saranno vivi. Inoltre vorrei sapere cosa successo a A. G., che otto anni fa mi ha confidato il suo nome e cognome in segreto e se sta bene. Lui non si stancava di combattere la menzogna russa, anche quando tutti erano già stanchi e niente poteva spezzarlo, non la propaganda, non la stupidità del regime nè l’indifferenza della maggior parte di coloro che gli stavano intorno.
Larysa Havryliuk
Enrico martelloni
Questo racconto deve fare ben capire chi abbiamo di fronte e la barbarie dei moscoviti e di ciò che stanno facendo. Nel 2015 ero in Ucraina proprio quando a Debaltsevo si consumava una tragedia militare per l’invasione dei carri armati moscoviti.