Il 24 febbraio mi sono svegliata verso le cinque del mattino per il forte rumore dei bombardamenti, che si sentivano dalla città Brovary. Intorno alle sei e mezzo ho visto i miei vicini caricare la macchine e partire un’ora dopo, invece i nostri figli con nipoti e suoceri sono arrivati da Kiev a casa nostra verso le otto del mattino. A casa abbiamo un piccolo bunker che utilizzavamo come ripostiglio o cantinetta. Quando hanno iniziato a girare le voci sulla possibilità della guerra, lì abbiamo messo i letti, le coperte, l’acqua e il cibo a lunga conservazione. In questo rifugio abbiamo dormito due notti, dopo di che abbiamo deciso di partire verso la Transcarpazia.
La mattina del 26 abbiamo lasciato il bunker e siamo partiti presto. Eravamo in viaggio da tre giorni lontano dalla nostra casa di Bohdanivka, procedevamo lentamente perché i posti di blocco in cui controllavano i documenti avevano creato lunghe code.
Arrivati in Transcarpazia abbiamo vissuto un mese aspettando che la situazione migliorasse, ma poi, visto che la situazione peggiorava sempre di più, abbiamo deciso di andare in Italia.
Sono sempre rimasta in stretto contatto con i miei vicini di casa, ogni giorno ci sentivamo e mi aggiornavano sulla situazione: era terribile!
All’inizio di marzo sono entrati in Bohdanivka, il paese dove abitavo con mio marito, cinquanta carri armati e tanti militari russi.
I russi non permettevano a nessuno di lasciare il paese. Avevano messo lungo la strada carri armati che sparavano alle macchine lente. Le macchine più veloci che riuscivano a fuggire venivano tagliate a metà altezza da un cavo in acciaio posizionato più avanti.
Ad un mio vicino di casa hanno sparato mentre era in macchina e solo un mese dopo hanno permesso ai famigliari della vittima di dargli una degna sepoltura
Una famiglia che ha provato a lasciare il paesino è stata sterminata
I soldati russi giravano per le case in cerca di armi, telefoni, cibo e alcol e sequestravano tutto. Aprivano i bunker e senza guardare sparavano e poi controllavano se c’era qualcuno. In una casa viveva una coppia con un figlio, hanno ammazzato il padre e poi hanno violentato la madre davanti agli occhi del figlio.
I soldati russi hanno occupato le scuole e le case abbandonate, anche la mia, per entrare hanno spaccato una finestra.
Per qualche giorno nel mio paesino erano rimasti senza acqua, luce, gas, cibo e farmaci.
Solo all’inizio di aprile hanno iniziato a sentir parlare dei corridoi verdi. Hanno evacuato la gente nella città di Brovary, a quindici chilometri da Bohdanivka, dove c’erano grandi scontri che alla fine hanno visto gli ucraini respingere gli orchi (così chiamano da noi i soldati russi).
Ora i nostri soldati stanno ispezionando le case per sincerarsi che non ci siano mine lasciate dagli orchi, e ai residenti chiedono di non tornare ancora perché ci sono tante mine nei terreni e lungo le strade.
Tetiana
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