Quando dicemmo che il centrodestra ideato e fondato da Silvio Berlusconi era sulla via del tramonto per la senescenza ma anche l’ostinazione del suo leader a non volere riconoscere il ciclo naturale di ogni cosa, francamente non ci aspettavamo che sarebbe bastata una tornata elettorale come l’ultima per ridurlo in briciole: basta vedere il numero degli attuali viceministri e sottosegretari di Fratelli d’Italia (19) e della Lega (11), e metterlo a confronto con quelli di Forza Italia (10) per capire che ormai al governo c’è un destracentro a tutti gli effetti. Se poi consideriamo che a Forza Italia non sono toccate presidenze nelle varie commissioni e che Berlusconi ha dovuto arrendersi finanche sulla vicenda di Ronzulli ministro, e accontentarsi di Tajani agli Esteri che, però, non condivide la sua simpatia per l’amico Putin, allora capiamo quanto tutto sia cambiato in quel mondo lì; e certo non per lasciare le cose come stavano prima alla maniera del Gattopardo.
Come faranno, allora, i liberali di Forza Italia e non solo a digerire una tale svolta di destra che di liberale non ha più un fico secco, questo è un altro paio di maniche e lo vedremo presto. Anzi, lo stiamo già vedendo.
Su che cosa Letizia Moratti ha rotto clamorosamente con il presidente leghista della Regione Lombardia? In buona parte per motivi personali, che a noi interessano assai poco; ma anche sulla questione del reintegro immediato dei medici no Vax deciso a Roma da Giorgia Meloni, con grande soddisfazione di tutti quelli (l’elenco sarebbe lungo perché spazia da Matteo Salvini a Massimo Cacciari) che in passato hanno tuonato contro il green pass e l’obbligo vaccinale in nome dei diritti fondamentali “de l’homme et du citoyen”. Una scelta assai dura da mandar giù per la Moratti, che ha fatto l’assessore alla sanità nella regione più martoriata dalla pandemia.
Ma attenzione: questa ventata di libertarismo anarcoide che sancisce il “liberi tutti”, mentre le varianti del Covid non si sono affatto placate e l’inverno è ormai alle porte, è tipico di una certa destra italiana (quella del “me ne frego”, tanto per capirci); e non ha niente a che fare con la sana tradizione conservatrice dei Croce e degli Einaudi. Perché la libertà, nelle democrazie mature, non significa “faccio il che mi pare” tanto la salute è mia e quindi mi drogo quanto voglio, corro sull’autostrada oltre i limiti stabiliti e mi vaccino soltanto se lo decido io. La democrazia si declina necessariamente attraverso le regole, le leggi e finanche la priorità della salute pubblica.
In democrazia, inoltre, quando si limitano (necessariamente) le libertà individuali, lo si deve fare in modo razionale, senza farsi trascinare dall’impeto autoritario e manettaro che è l’altra faccia del libertarismo anarcoide: perché i due non sono affatto antitetici, anzi sono complementari e possono convivere benissimo dove non si riconoscono gli insegnamenti del liberalismo.
Non è un caso che, insieme al reintegro dei medici no Vax, il governo di destracentro abbia varato un decreto contro i rave party scritto in modo generico e soprattutto pericolosamente repressivo: visto che il principio della libertà di riunione è costituzionalmente sancito (art 17), e quindi bisogna andarci molto piano quando si mette mano a una materia come questa. E poi: c’era veramente bisogno di un’altra legge per proteggere la proprietà privata dall’invasione dei raver? Il rave di Modena non è stato sedato e disciolto con grande professionalità dalle forze di polizia, facendo uso della legislazione già esistente e senza menare manganellate?
E qui veniamo al punto dolente di cui sopra: come faranno i (pochi) liberali del centro di questo governo ad accettare tutto ciò? Giorgio Mulè, vicepresidente forzista della Camera, ha criticato aspramente il provvedimento del ministro Piantedosi, dicendo: “Il problema nasce dalla genericità della norma e dalla sua ampiezza”. E mentre la/il presidente Meloni si dice “fiera” della nuova norma, Mulé promette emendamenti di Forza Italia in Parlamento: praticamente battaglia annunciata.
Insomma, il destracentro inizia a traballare; e questo, a una decina di giorni dalla nascita, significa che la sua struttura è fragile.
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