La presidente del consiglio ha fatto un buon discorso programmatico. L’ho prima ascoltato in diretta, poi letto nel testo ufficiale. Ho visto in diretta gli ultimi cinque minuti. (Proprio alla fine una delle poche sbavature che m’ha dato fastidio: il gesto con la mano destra a far tacere un applauso considerato inopportuno. Piccole cose cui deve stare, più di altri attenta.)
Ha controllato l’accento romanesco (per fortuna!), ha calibrato praticamente ogni parola, ci ha messo la giusta dose di passione, ha confermato l’impressione di volersi presentare (e probabilmente essere davvero) una persona tosta, una che sa quel che vuole e esibisce senza incertezze il perseguimento di valori tradizionalmente associati alla destra («il coraggio, di certo non ci difetta», lealtà, «non vi tradirò mai»). Ne è venuto fuori un discorso difficilmente attaccabile nella sostanza (magari un po’ troppo lungo, 70 minuti): ovviamente un discorso “di destra” (e quello intendeva essere), ovviamente un discorso per delineare politiche alternative a quelle dei predecessori e in particolare di centrosinistra (con qualche inevitabile accento critico caricaturale), ma volto essenzialmente a presentarsi come destra liberale conservatrice europea, con spruzzi di nazionalismo appena accennati.
Dal mio punto di vista in materia economica gli aspetti meno convincenti, ma nel quadro di una prudenza molto accentuata, tanto accentuata che – secondo me – i mercati reagiranno bene.
FINE INTRODUZIONE (impazienti saltino alla fine)…
Mi soffermo sui passaggi che considero più significativi:
– il ringraziamento a Draghi che ha garantito un passaggio di consegne veloce e sereno («tanto a livello nazionale quanto internazionale»
– la parte dedicata al suo essere la prima donna presidente del Consiglio, con la scelta retoricamente felice di proporre un vero e proprio pantheon delle grandi italiane dalla patriota risorgimentale Cristina Trivulzio di Belgioioso a Chiara Corbella Petrillo passando per Tina Anselmi, Nilde Iotti, Rita Levi M., Oriana Fallaci, Marta Cartabia, Samantha Cristoforetti, la stessa Elisabetta Alberti Casellati (certamente una scelta aver omesso Emma Bonino: peccato);
– ha rivendicato con pacata determinazione il diritto (e dovere) ad attuare per cinque anni – anche scontentando qualche potentato: raro accenno populista – il programma quadro della coalizione di destra; ha rivendicato che il suo è un governo politico a tutto tondo;
– ha respinto l’idea che l’Italia del governo Meloni sia considerata all’estero sotto tutela, ma subito dopo ha avuto parole chiare sulla politica europea ed estera: su UE, Nato, Ucraina; non ha mancato di evocare le famose «radici classiche e giudaico cristiane» dell’Europa e perfino San Benedetto (nel discorso i riferimenti al cristianesimo cattolico sono stati diversi);
– ha detto che l’Italia farà sentire la sua voce non “verso” ma “dentro” le istituzioni europee, per un’integrazione europee più efficace e «più vicina a cittadini e imprese», «più efficace nell’affrontare le grandi sfide che l’attendono», a partire dall’approvvigionamento energetico e di materie prime;
– in ogni caso «questo Governo rispetterà le regole (economico-finanziarie, NdR) in vigore e nel contempo offrirà il suo contributo per cambiare quelle che non hanno funzionato…» in materia di patto di stabilità e crescita;
– all’Europa ha agganciato con sottolineatura l’occidente (messaggio che piacerà agli Usa);
– sull’Ucraina, dal mio punto di vista, ha detto parole inequivoche e del tutto soddisfacenti: il sostegno al “valoroso popolo ucraino” «è il modo migliore di difendere il nostro interesse nazionale»; «sbaglia chi ritiene possibile barattare la libertà dell’Ucraina con la nostra tranquillità» (applauso!);
– sul prossimo bilancio 2023 ha detto chiaramente che le risorse saranno spese per contenere il caro bollette rinviando al 2024 altri provvedimenti; (qui non è entrata nei dettagli: e si spera che il sostegno avvenga per le famiglie bisognose e non a pioggia!);
– in materia energetica ha fatto capire che si ridarà il via alle trivelle per il gas italiano (rimangiandosi le posizioni assunte al tempo dell’assurdo referendum del 2016: FdI aveva fatto votare sì);
– ha puntato molto sulla crescita e lo sviluppo: né «la cieca austerità imposta negli anni passati né gli avventurismi finanziari più o meno creativi»; si è impegnata a rimuovere gli ostacoli (anche burocratici e normativi) alla crescita;
– ha difeso il Pnrr e si è impegnata al suo miglior utilizzo curiosamente attribuendo a Tremonti il merito di aver proposto per primo il debito comune europeo;
– ha riconfermato la proposta di riforma presidenziale chiarendo finalmente di voler «partire dall’ipotesi di semipresidenzialismo sul modello francese», pur rimanendo aperta ad altre soluzioni (non una parola sulla legge elettorale…: la proposta include il maggioritario uninominale a doppio turno?);
– ha detto che riforme le vuole fare “più condivise possibile”, ma senza accettare veti o pregiudiziali per dare all’Italia «un sistema istituzionale nel quale chi vince governa per cinque anni e alla fine viene giudicato dagli elettori per quello che è riuscito a fare»;
– sul fisco ha confermato il programma elettorale: progressiva introduzione del quoziente familiare, elevazione della tassa piatta per le partite IVA da 65 a 100.000 euro, tassa piatta anche sugli incrementi di reddito, tregua fiscale (condono?), e nuovi criteri per valutare la performance dell’Agenzia delle entrate (non l’accertato ma il riscosso);
– prudentissima (per fortuna) sulle pensioni. Ha ipotizzato la proroga delle misure Draghi fino al budget 2024, per ora;
– sul reddito di cittadinanza ha annunziato che sarà sganciato dalle politiche per il lavoro: «per chi può lavorare la soluzione non può essere il RdC»
– per l’ambiente ha parlato di transizione verde ma nel rispetto del principio di neutralità tecnologica (apertura al nucleare?);
– ha ribadito l’impegno di politiche a sostegno della famiglia;
– ha avuto parole inequivocabili contro totalitarismi, fascismo espressamente incluso, contro antisemitismo (le leggi razziali del 1938 «il punto più basso della storia italiana») e ha rivendicato i valori della democrazia liberale;
– a proposito di libertà ha detto che nel caso di nuove pandemie il modello delle chiusure e restrizioni non sarà replicato e ha anche annunciato una commissione d’inchiesta sulla gestione della pandemia (durante il Conte II);
– ha ovviamente insistito sulla sicurezza (oltre che sulla legalità e la lotta alla mafia) e sulla corretta gestione dei flussi migratori (con la consueta connessione che la destra tende a fare fra migrazione e criminalità);
– ha evocato il modello della missione navale Sophia per bloccare le partenze dei barconi dal nord Africa (ma poi ha richiamato una serie di strategia già perseguite con alterno successo da molti governi precedenti: a partire dagli accordi coi paesi rivieraschi e di origine dei migranti); ha ipotizzato una sorta di “piano Mattei” per l’Africa per recuperare un ruolo nel Mediterraneo (ma sempre nel quadro UE);
– ha rivendicato con orgoglio le proprie modeste origini familiari e le proprie minoritarie provenienze politiche (sono un “underdog”, ha detto: lo sfavorito che per affermarsi deve stravolgere i pronostici…);
PARTE CONCLUSIVA
Meloni ha concluso con un’altra delle diverse citazioni di personalità cattoliche, evocando una frase di Giovanni Paolo II (pontefice, statista, santo): «la libertà non è fare ciò che piace ma nel diritto di fare ciò che si deve». Frase bella ma ambigua che effettivamente riassume idealmente tutto il discorso di Giorgia Meloni.
Poteva risparmiarsi certe frasi caricaturali (a fin di polemica e di rivendicazione identitaria della diversità della destra)? La presunta subalternità ad altri paesi EU dei governi della sinistra…; Bibbiano; gli oligarchi che guadagnano senza far nulla dalle concessioni pubbliche (Benetton ed altri); la BCE troppo restrittiva (quando è tutto il contrario: come si pensa sia nata l’inflazione al 10% se non dalle valanghe di liquidità rovesciate nel mondo, una vera e propria droga che ci si sta rivoltando contro…). Poteva risparmiarsele? Diciamo la verità: no. A me non piacciono e stonano in un discorso, come ho detto, sostanzialmente attento e ben calibrato. Ma chi come me ha votato per chi le elezioni le ha perse non può permettersi di pretendere che Meloni faccia il discorso che avrebbe fatto al posto di lei. Che è lì perché ha indiscutibilmente vinto le elezioni.
Abbiamo invece il diritto di pretendere che non faccia la Truss italiana, né l’Orbàn, che rispetti la Costituzione e i suoi valori, che non scassi l’economia e che non metta in discussione i diritti civili: a questo riguardo il suo discorso ha inteso essere (e sulla carta è) del tutto rassicurante. Ma naturalmente attendiamo lei e ancor più i suoi soci nalla prova dei fatti, l’unica che conta.
(Con il permesso dell’autore questo articolo è ripreso dalla pagina Facebook dello stesso)
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