La domanda, giusta e ineludibile, da farsi dopo il clamoroso dietro front di Calenda è la seguente: cosa è successo tra la sottoscrizione del patto con Letta e l’annuncio che si trattava di uno scherzo? Assolutamente niente. Ovvero, se i partiti correttamente intesi esistessero, si dovrebbe dire che non è successo niente. Perché nessun organismo di Azione si è nel frattempo riunito per discutere e approvare, in presenza di fatti nuovi, una diversa linea politica. Calenda aveva deciso da solo e da solo ha dato disdetta.
Ma non si tratta di un evento eccezionale. Tutti i partiti italiani sono fatti così. E’ la regola che i segretari, una volta acquisita la posizione, facciano tutto da soli. Al massimo, accettano consigli da consiglieri da essi stessi scelti e nominati. La verità è che la nostra democrazia, la democrazia italiana, è nelle mani dei partiti (tutti i partiti, maggioranza e opposizione, destra e sinistra, persino centro, qualora esistessero) ma questi custodi della democrazia parlamentare non permettono alle regole della democrazia di albergare al loro interno.
Da sostenitori di una aggregazione dello sperduto mondo della cultura politica e della tradizione laica, liberale e riformista, avevamo storto la bocca di fronte all’accordo stipulato in solitaria con Letta da Azione e +Europa. Avremmo preferito che fosse stato preceduto da una chiamata a raccolta, in forma solenne, di questo universo sperduto e attualmente senza una reale patria politica, per iniziativa di chi quanto meno già possiede un minimo di presenza organizzata: certamente Calenda e Bonino, ma anche Renzi, il PSI, probabilmente qualche altra piccola formazione e, soprattutto qualche personalità della cultura e delle professioni. Avrebbe dato l’immagine di una pari dignità tra le parti (PD da un lato e aggregazione laica liberale e riformatrice, dall’altro) assai più del trionfale sventolamento della quantità di seggi assegnati, sulla carta, in proporzione 70-30 per cento. L’epilogo della vicenda dimostra ancora una volta due cose che i politici di lungo corso sanno benissimo. La prima è che non ci si improvvisa leader politici. La seconda che svolte, più o meno rilevanti, devono essere adeguatamente preparate.
Naturalmente, quanto accaduto non ci fa piacere. Continuiamo a pensare che in questa fase uno schieramento di centro-sinistra in competizione con quello di centro-destra sia utile al Paese. E che prima ancora degli schieramenti sia necessario privilegiare i contenuti. Che, secondo noi, sono i contenuti dell’agenda Draghi e, se possibile, anche il metodo: nessuna polemica, dichiarazioni essenziali, non demonizzazione degli avversari, capacità di tessere relazioni sul piano internazionale, autorevolezza e competenza. Quale che sia l’esito, i vincitori del 25 settembre li giudicheremo anche da questo.
Lascia un commento