Elezioni amministrative siciliane. Si è votato con il sistema proporzionale in 7 comuni. 5 di questi hanno tenuto il ballottaggio domenica 12 maggio. In due, Caltanissetta e Castelvetrano, ha vinto il candidato dei 5Stelle, a Mazara del Vallo ha prevalso il candidato di una lista civica appoggiata dal centro-sinistra, a Monreale il candidato civico appoggiato dal centro-destra, e a Gela, la città più popolosa, un candidato appoggiato da un’inedita coalizione fatta da PD e Forza Italia. Negli altri due comuni assegnati al primo turno, Bagheria e Aci Castello, avevano prevalso due candidati appoggiati dal centro sinistra.
L’immagine che è venuta fuori dai reportage di giornali e televisioni è stata quella di un grande risultato dei 5Stelle. Questo perché Di Maio si è precipitato a Caltanissetta dove ha subito parlato di trionfo. Tutti hanno ripreso pari pari le dichiarazioni del leader pentastellato senza fare nemmeno due conti e due paragoni. Il Tapiro dell’informazione farlocca lo ha comunque vinto il TG1 delle 20.00 di lunedì 13 che ha aperto dando ampio risalto alle dichiarazioni di Di Maio e poi, come se niente fosse, solo a metà giornale, ha dato i risultati complessivi del voto. Insomma, prima i commenti e poi i fatti. Inutile sindacare. Se uno infatti non capisce da solo la gravità di un simile modo di fare informazione o è in malafede o è cretino e nell’un caso come nell’altro è del tutto inutile stare a spiegare la realtà delle cose.
Numeri a parte, in Sicilia si è vista, per la prima volta, una cosa che in diversi pensano ma di cui nessuno parla. E cioè che la coalizione PD-Forza Italia che ha vinto a Gela, fra l’altro la realtà più importante fra quelle che sono andate al voto sia per popolazione che per contesto economico, possa essere una risposta “possibile” al qualunquismo e al sovranismo imperante. Se ci fermiamo alla superficialità delle cose sembra una bestemmia ma se ci riflettiamo le cose cambiano. PD e Forza Italia sono due forze politiche che, lungo l’asse centro-destra/centro-sinistra, erano nate in tempi di legge elettorale maggioritaria. Al loro interno una forte diversità di posizioni, un po’ come succedeva nella Prima Repubblica quando, non in conseguenza della legge elettorale ma della forte caratterizzazione ideologica del voto, DC e PCI avevano al loro interno diverse sensibilità e posizioni politiche. Con il ritorno al proporzionale e con il venir meno delle ideologie, queste forze politiche hanno di fatto perso la loro ragion d’essere. Anche da qui le difficoltà attuali. Entrambe stanno cercando di reagire guardando al passato ma se invece di tornare ai santi vecchi cercassero di guardare avanti e di adeguare la loro proposta politica ai cambiamenti che sono avvenuti e stanno avvenendo nella società Il risultato cambia. Certo, mettere insieme le sigle attuali, non è facile. Diverso invece il discorso degli elettorati, almeno per quanto riguarda le loro componenti liberal. Se, dopo le europee in presenza di risultati deludenti, si avviassero dei chiarimenti interni, anche il modello Gela potrebbe diventare non “la” ma “una” risposta possibile per evitare di andare allo sfascio, come Paese.
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