Il M5s è morto. Con le recenti elezioni amministrative che ne hanno decretato l’irrilevanza sui territori e con la scissione di Di Maio che ha spaccato in due la rappresentanza parlamentare, il Partito del “vaffa” sembra aver terminato la sua corsa.
Per chi ha malsopportato in questi anni tutte le fandonie, le false verità e le banalità del Movimento è una buona notizia. Possiamo ben dire “non ci mancherete”. Ma c’è qualcosa che non lascia sereni i sinceri riformisti e democratici di questo paese.
Ed è la sensazione che se l’involucro Partito è scoppiato per le mille e mille contraddizioni insanabili nel rapporto con la “realtà”, che se il Movimento ha perso molte delle sue certezze e della sua arroganza originaria non per questo se ne sono andate molte delle idee forza propagandate in questi anni e che sono state alla base del successo mediatico e quindi politico del “grillismo”.
In primo luogo la fandonia dell’”uno vale uno”. Certo di fronte allo scempio e alla macabra rappresentazione di persone “portate dalla piena”, senza alcuna esperienza politica o professionale, a ricoprire ruoli di alta rappresentanza politica o amministrativa, lo slogan sembra aver perso la sua iniziale “forza propulsiva”. Ma se grattiamo a fondo nella “pancia del paese” è possibile rilevare ancora forti tracce di questo sentimento.
Lo svilimento della scienza e della conoscenza pensate come “punti di vista opinabili” al pari di idee bislacche e per nulla fondate, l’elogio della incompetenza e della inesperienza per la copertura di ruoli significativi, la mancanza di un serio impegno formativo per poter ambire ad una seria collocazione nella società. Sono tutte idee portate dallo slogan “uno vale uno” che ha rassicurato e dato forza a masse di ignoranti finalmente non discriminati nel loro personale sviluppo di carriera. Ma non attraverso il superamento dell’ignoranza ma attraverso la negazione del necessario impegno per una crescita personale in termini di una qualche competenza.
E’ per questo che non turbano molto le statistiche dell’Ocse sul grado di preparazione dei giovani studenti italiani. Saper leggere un testo e capirlo non ha una grande importanza per chi pensa che, alla fine, ignoranti e colti possono svolgere lo stesso ruolo. E la bassa produttività del sistema? Perché c’entra con la formazione delle risorse umane? E qui si chiude il cerchio.
Su questo punto si inserisce la seconda grande idea forza grillina di cui il Reddito di cittadinanza rappresenta lo strumento principe. Se uno vale uno, se non ha importanza la formazione e l’impegno individuale qualsiasi elemento di “debolezza” degli individui non va superato ma va indennizzato. Lo Stato non deve aiutarmi a trovare una migliore collocazione individuale, anche sostenendomi nel “passaggio” fra una collocazione ed un’altra, ma deve risarcirmi della mia “debolezza” di cui ovviamente non ho la minima responsabilità e per superare la quale non ho alcuna necessità di coinvolgimento. Ed ecco a voi il “concetto puro” di Reddito di cittadinanza. Deresponsabilizzazione individuale, lo Stato come “agente risarcitore” e scarsa spinta al cambiamento.
E poi cosa troviamo ancora nel basket del Movimento grillino? La democrazia diretta come primo atto di svilimento delle istituzioni rappresentative del paese. Ogni cittadino, a prescindere dalla sua preparazione e conoscenza, è in grado di decidere su tutte le vicende del paese. Decide sulla base dell’ultimo discorso al bar o della discussione avuta col carrozziere in attesa che gli aggiustasse la macchina. La vera libertà, ancora una volta, non deriva dalla responsabilità di approfondire e conoscere un tema e quindi di giudicare una soluzione ma è quella di dire la prima cosa che ti viene in mente senza stare troppo a pensarci. In fondo, come ci dice Daniel Kaneman in “Pensieri lenti e pensieri veloci”, la gran parte delle decisioni che gli uomini prendono nella loro vita sono completamente irrazionali e mal fondate su scarsa conoscenza e scarsa preparazione. Perché non volere questo anche nelle decisioni degli Stati e per la collettività?
Insomma molti veleni gettati dal Movimento grillino, o raccolti in fase di crescita e rafforzati con una vera e propria battaglia politica e comunicativa, continuano a girare nelle nostre acque. Nona avremo più Toninelli Ministro di questo paese. E questo è già un “bene in sé”. Ma ho paura che se non lavoriamo sui fondamentali, che sono la formazione e la responsabilizzazione degli individui, la nostra comunità sarà ancora una volta facile vittima di “questa tipologia di predatori”. Difficili da combattere perché fondano il proprio successo anche sul contrasto, a volte ben giustificato, verso la debolezza, morale e cognitiva, delle nostre elites nazionali.
E allora cosa ci resta da fare, a noi che crediamo nelle riforme, nell’importanza della politica, nel ruolo delle elites e nello sviluppo del paese?
La prima cosa da fare e “Rifondare” il sistema della istruzione e della formazione del paese. E’ giunto al capolinea. E se va bene forma a livelli omogenei ma bassi le nuove generazioni di italiani. A cui non basta più conoscere la lingua e avere una qualche infarinatura di materie tecniche e umanistiche.
La seconda cosa da fare è lavorare seriamente sulle elites del paese. Ci sono tanti modi per selezionarle. In Italia valgono in maniera forte le eredità familiari, le corporazioni professionali o di altro tipo e la cooptazione politica. Sono tutti elementi che è difficile “togliere” dall’armamentario evolutivo di una comunità, in particolare come quella italiana. Però possiamo aggiungere lo strumento meritocratico e rafforzarlo per avere un paese più aperto e innovativo e per togliere l’alibi ai tanti “fannulloni e incompetenti” che imprecano e richiedono un “risarcimento” per la loro, non felice, collocazione professionale e sociale. Non è una proposta risolutiva, ma può essere uno strumento per annacquare e depotenziare i veleni sparsi in questi anni nella nostra società che certamente non finiscono il loro effetto con la scomparsa, si spera definitiva, del Movimento grillino.
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