Nella vita di città “intermedie” come Pistoia le tornate per le elezioni amministrative non devono essere caricate di indebite attese. Nessuna sorpresa, dunque, se il confronto elettorale sia ancorato, a livello micro, su un tentacolare ventaglio problemi specifici e contingenti (di tutto, di più!), mentre sul piano macro prevale l’ansia, non priva di carica simbolica, per la conferma del centro destra o del ritorno del centro sinistra.
Del tutto o quasi assente l’attenzione per il livello “meso”, quello sul quale è più difficile catturare le simpatie degli elettori. E nessuno spin doctor consiglierebbe di caratterizzare la crociata elettorale contro il rischio che la città diventi un luogo afono senza una chiara collocazione nella nuova geografia economica della Toscana. I processi di riorganizzazione regionale, infatti, non sono neutri e i loro effetti non si spalmano in maniera omogenea. Le spinte degli ultimi anni hanno scardinato la matrice poliedrica di un sistema economico che nella seconda metà del secolo poggiava su un rapporto paritario tra centri politici-amministrativi, da un lato, e i sistemi locali diffusi della “campagna urbanizzata” e dei distretti industriali, dall’altro. Le due aree metropolitane di Firenze e Pisa-Livorno, con le università, i servizi avanzati e le reti infrastrutturali, oltre ai fondi del PNRR stanno calamitando giovani, ricercatori, architetti, designer e manager ai quali offrono densità del mercato del lavoro, vivacità culturale e socialità. Per contro, i centri intermedi e le aree interne (compresa la montagna pistoiese) mostrano segni di fragilità correlati alla maturità demografica.
Le difficoltà a ridefinire la propria identità non riguardano solo Pistoia. L’indagine svolta da PoieinLab-Ricerca Sociale dà voce allo stesso indistinto senso di insoddisfazione e di marginalità che pervade molti centri toscani. Le risposte su come sono cambiate le condizioni di vita si dividono in parti uguali tra l’area del mugugno (per il 35% è “peggiorata”, per il 10% “molto peggiorata”) e quella di una tacita convivenza (per un altro 35% è rimasta “uguale” mentre per il 16% è addirittura “migliorata”). Sui rivoli di inquietudine fa leva un’offerta politica schiacciata sul presente che inevitabilmente promette più di quanto si può ragionevolmente costruire nei successivi cinque anni, mentre le schermaglie tra i candidati strapazzano proposte non prive di senso solo perché avanzate da schieramenti opposti. Rimossi i cocci della campagna elettorale, la prossima Giunta, sia quella che sia, dovrà mettere mano a un programma generale capace di coniugare inclusione, crescita economica, innovazione e l’accoppiata sostenibilità e circolarità, una sfida nel suo insieme decisamente impegnativa. Amministratori, associazioni di categoria e organizzazioni sociali, ognuna in base ai propri interessi, si faranno carico di operare una prima selezione; saranno poi i tecnocrati, in base alle opportunità offerte dai finanziamenti e dai bandi, a concentrare risorse ed energie su un numero ancora più circoscritto di progetti da mettere a terra, che non è mai comunque facile (per tutti si veda il caso dell’hub tessile di Prato, sempre su Solo riformisti).
La deriva che, secondo l’indagine PoieinLab-Ricerca Sociale sembra spingere Pistoia verso ruoli di marginalità abbraccia un po’ tutta la vita locale: tessuto imprenditoriale, lavoro, commercio di vicinato, servizi sanitari, impianti sportivi, viabilità e verde (sic!). Il mugugno, soprattutto se eccessivo, tende peròa inibire le energie della comunità che perde fiducia anche se non preclude affatto traguardi di prestigio, come ci ricordano l’offerta museale (da Marino Marini alla fattoria di Celle e alla Fondazione Michelucci), il settore vivaistico, alcune imprese meccaniche, Hitachi Rail e spezzoni di offerta di eventi culturali (blues, festival…). Il territorio ha bisogno, certo, di eccellenze ma ancora di più di elevare il livello medio delle imprese e delle persone. Il fatto di essere un centro intermedio non è necessariamente un handicapsempre che si investa di più sulla dotazione di capitale immateriale e materiale e sulle relazioni tra gli attori. L’ identità, più che sul reboot delle aree Breda e dei Ceppi, si costruisce sull’armonia tra tante tessere di un mosaico coordinato e coerente con le risorse, la storia, il carattere e le dimensioni demografiche. Ed occorre l’impegno non solo degli “eletti” ma di tutti i gruppi di persone che influenzano le scelte in materia di politiche pubbliche locali.
Tornado alle elezioni, in un rapido sguardo ai programmi si rincorrono, spesso senza una chiara gerarchia, proposte per colmare i vuoti creati dall’allentamento delle attività tradizionali: arte, economia circolare, rigenerazione urbana, digitale, green, terzo settore, salute, recupero contenitori industriali, offerta turistica non convenzionale (cammini, ciclo tour, attività open air, giacimenti enogastronomici) e sedi universitarie. Tutto questo si intreccia con la crescente sensibilità verso gli SDGs e, più in generale, con gli obbiettivi di economia circolare e sostenibile, fronte sul quale Pistoia vanta già brillanti risultati nel vivaismo e nella mobilità su rotaia. Anche se esula dal perimetro delle elezioni comunali e indipendentemente dal responso delle urne, al pari delle altre città intermedie toscane Pistoia dovrà incastonare i propri progetti in una cornice capace di guardare oltre i confini comunali. Per come è stata costruita la rilevazione, PoieinLab-Ricerca Sociale in proposito ha cercato di far convergere le preferenze degli intervistati su un set predefinito di opzioni. E per quanto riguarda la direzione degli assi di sviluppo nelle risposte prevale (41,5%) quello che guarda a Prato e Firenze: l’identità, questo suggerisce la ricerca, si rinnova partendo dalla costruzione di un rapporto più stretto e al tempo stesso più reciprocamente rispettoso con le due città della Toscana centrale.
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