Il 12 giugno siamo chiamati alle urne non solo per le elezioni amministrative nelle città interessate ma anche per i referendum sulla giustizia promossi dal Partito Radicale e dalla Lega di Salvini.
Complessivamente gli aventi diritto sono circa 46 milioni di cui poco meno di 9 milioni saranno gli elettori coinvolti nelle elezioni amministrative.
Nella storia della repubblica, si contano 67 referendum abrogativi dal 1974;
1 referendum istituzionale (monarchia- repubblica)
1 referendum di indirizzo (per l’Europa)
4 referendum costituzionali
Dei 67 referendum abrogativi:
39 (58%) hanno raggiunto il quorum
28 (42%) Non hanno raggiunto il quorum
Già il 21 maggio 2000 si tennero altri referendum sulla giustizia tra i 7 totali indetti e tutti non raggiunsero il quorum con una affluenza di circa il 32%.
I quesiti di allora riguardavano:
Elezione del CSM; abrogazione del sistema elettorale
Separazione delle carriere dei magistrati
Incarichi extra giudiziali dei magistrati
Per inciso dei 67 referendum abrogativi arrivati al vaglio elettorale ben 42 vedono i Radicali esserne promotori o essere tra i promotori, quindi oltre il 62% delle volte.
Va ricordato a tal proposito che la metà esatta, cioè 21 sui 42 referendum proposti dai radicali non hanno raggiunto il quorum.
Tutto ciò detto per cercare di capire il quadro in cui si ricorre, in quale modo e con quali esiti all’istituto del referendum abrogativo nel nostro paese.
Gli elettori questa volta andranno a votare?
Hanno le conoscenze per dare un voto affidabile e ponderato perché frutto di conoscenza della materia?
Saranno gli elettori capaci di capire le forze in campo? Lo scontro nella magistratura? Le lobby?
Personalmente non credo ci sia un livello così alto.
Non credo che l’elettore medio sappia quale sia la posta in gioco.
Non credo sappia discernere sottilmente.
L’elettore medio cosa vuole?
Una giustizia che funzioni, una giustizia veloce ed equa.
Una giustizia chiara che non può esserlo con le migliaia di leggi e leggine che ci sono.
Una giustizia che può essere capita da tutti e che non necessiti di eserciti di avvocati per interpretare le leggi.
Una giustizia che se ti capita di finirci dentro non sai come e cosa fare oltre a firmare lauti assegni per laute notule.
La nostra è una democrazia rappresentativa, cioè eleggiamo dei nostri rappresentanti. Li paghiamo bene, com’è giusto che sia, perché assolvano ai compiti loro demandati.
Loro devono studiare i dossier, complicati come quello della giustizia e non solo.
A loro il compito di arrivare a sintesi nell’interesse del cittadino contemperato all’interesse generale.
Non si può ricorrere ai referendum come forma di democrazia diretta e pensare che possano risolvere le problematiche.
Si rischia di peggiorare le cose. Non tutto si può o si dovrebbe assoggettare a referendum, specie in campi particolari come la giustizia.
Da parte mia il 12 giugno andrò alle urne.
Sicuramente voterò per le amministrative.
Non ho ancora deciso se ritirerò due sole schede, quella relativa alla legge Severino e quella relativa alle misure cautelari per mettere un netto, sincero e convinto NO, oppure se invece declinerò l’invito a votare tout court non ritirando nessuna scheda.
Sugli altri tre quesiti referendari confesso la mia totale ignoranza e quindi non esprimerò scientemente un voto su di essi.
Mi avvarrò del mio diritto a non votare.
È una scelta ponderata. Il non voto non vuol dire non essere interessati, vuole essere una richiesta di presa in carico seria da parte della politica di problematiche che le appartengono.
Aldilà delle mie decisioni non credo che i referendum raggiungeranno il quorum, neanche con l’adozione dell’élection day.
D’altronde il « tutti al mare » mica l’ho inventato io.
roberto zei
La sinistra non ha mai amato i referendum, l’idea che il popolo scelga direttamente senza l’intermediazione dei partiti non piace. La democrazia è il governo del popolo che certamente non può occuparsi direttamente di fare le leggi ma può chiaramente esprimere quale è la sua volontà. Lo ha fatto sul divorzio, sull’aborto, sulla responsabilità dei giudici e sulle riforme costituzionali dove il referendum è addirittura obbligatorio e senza quorum. La tesi che i quesiti sono complessi è una sciocchezza per giustificare l’ignavia di chi non vuole informarsi. Al limite si può sempre votare come indica il tuo partito di riferimento o qualunque persona di cui ti fidi. In realtà il problema è un’altro. Noi stiamo usando un referendum abrogativo come se fosse propositivo. Da questo deriva anche la sua complessità. Purtroppo la realtà è che siamo costretti a farlo perchè la politica non è più in grado di decidere anche quando è chiara la volontà del paese come nel caso dell’eutanasia.