Il massacro di Uvalde è un coacervo di grandi questioni irrisolte che chiedono risposta immediata: non è sopportabile a una mente e a un cuore normale «la strage degli innocenti». È un eponimo di ciò che, anche secondo la Torah e secondo il Vangelo, è il segnale del picco dell’orrore sociale. La sua possibilità è immanente, ma è proprio superandola che si costruisce la civiltà. I bambini venivano sacrificati, per esempio e non solo, nelle società precolombiane, e ci pensiamo con un misto di interesse archeologico e di orrore. Forse un giorno, quando racconteremo che in poche settimane le scuole di Buffalo e di Uvalde hanno sofferto un attacco letale multiplo a colpi di mitra da parte di giovani di diciotto anni, potremo dire anche come questo orribile fenomeno è stato battuto. Per ora, non si sa: si guarda anche al fatto che in Texas solo nel 2022 ci sono stati 21 attacchi armati come a un fenomeno inevitabile, confusi: si parla di lobby delle armi, di repubblicani e democratici, di giovani problematici, ma qui c’è molto di più. Che cosa dovrebbe fare l’America per battere questo disastroso stato di cose? Come ha scritto il direttore di Jns, Jonathan Cobin, non bastano ritocchi, si dovrebbe rivedere proprio il Secondo Emendamento della Costituzione che garantisce a ogni americano il possesso di armi. Finché questo diritto sarà garantito, criminali e menti disturbate le avranno. Certo, si potrebbe bloccare l’accesso a chi ha meno di 21 anni e a chi ha problemi di droga e di alcool, ma per il resto, che ne sappiamo dei loro squilibri? Poverino, è molto disturbato, avrebbe detto uno psicologo e avrebbe anche notato come il ragazzo balbettava e non parlava: ma non era «poverino», era un potenziale serial killer che avrebbe dovuto essere scrutato; e la polizia non avrebbe dovuto permettergli l’accesso a scuola; e poi, ai primi spari, avrebbe dovuto immediatamente cercare di fermarlo. Qui una serie di comportamenti disegna una cultura incurante e permissiva; certo, vediamo prima di tutto la massima libertà di fornirsi di armi di distruzione, e questo deve essere bloccato: in Israele l’accesso privato è limitatissimo e specifico, e anche se tutti hanno le armi dell’esercito con sé nei tre anni di fermo, non c’è mai stato un episodio del genere. Il terrorismo ha la stessa caratteristica di strage degli innocenti. Il suo mercato di armi è clandestino, ma si nutre della normalizzazione della violenza come luogo preferito della fantasia, della legittimazione sociale, dell’incitamento su internet, della famiglia assente o troppo pigra, dell’assenza di un comportamento preventivo che limiti la libertà di movimento. Così è la nostra società postmoderna, come quella precolombiana.
(articolo ripreso con il consenso dell’autrice e già pubblicato da Il Giornale)
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