Think global, act local.
“Pensare globale, agire locale” coniato da Zygmunt Bauman non è solo uno slogan ripetuto da sociologi, giornalisti e politici negli ultimi quarant’anni.
Si tratta di un vero e proprio processo a cui la rete (social network, community, forum, siti web) sta dando grande slancio. Da ciò i territori possono cogliere una grande opportunità, a condizione che la politica decida di assumere il ruolo di promotore dello Sviluppo economico ed una leadership territoriale, visionaria e pragmatica, in cui noi di Pistoia Davvero ci riconosciamo.
I drammatici eventi internazionali che tutti conosciamo – pandemia, guerra in europa, crisi energetica e delle materie prime – hanno convinto molti autori a pensare che sia in atto un declino del processo di globalizzazione economica. Al suo posto risulta sempre più apprezzato un concetto che ne è la sua evoluzione: la glocalizzazione.
La glocalizzazione sta diventando il vessillo di un mondo in cui le relazioni economiche, sociali e politiche internazionali vengono ripensate sulla base delle necessità (ma anche delle risorse) tipiche dei nuclei sociali territoriali. Gli strumenti essenziali sono due:
- il www che da sempre consente di passare dal globale al locale nel semplice gesto di un click;
- la volontà politica degli enti territoriali di promuoverla.
La glocalizzazione, infatti, consiste nella diffusione su scala mondiale, grazie ai nuovi mezzi di comunicazione, di elementi culturali, idee, stili di vita propri di realtà locali.
È una strategia economica e politica che ha l’obiettivo di ridurre gli aspetti più problematici della globalizzazione sui territori, sfruttandone le opportunità per valorizzare a livello mondiale il ruolo di governi, mercati o imprese locali.
È un approccio innovativo che dà valore culturale e sociale alle tecniche di marketing territoriale perché parlare “locale” significa differenziare la propria offerta, renderla umana e tangibile, significa farsi riconoscere e competere con gli altri territori. Evitando così che certe realtà, beni e servizi si “snaturino”, piegati a logiche molto distanti dalla loro identità, incarnata nel bene. Allo stesso tempo, le innovazioni globali possano così tradursi in spunti di una crescita creativa che porta progresso per tutti.
Ancora una volta, uno dei mezzi che le aziende possono usare per fare marketing territoriale è la rete, che crea connessione tra le persone utilizzando i canali che noi tutti conosciamo, a partire dai più desueti forum fino ai più moderni social network e passando per quegli aggregatori di notizie che sono i blog e i siti aziendali.
Il bello di fare marketing territoriale è rappresentato dal fatto di far conoscere una identità. Le aziende si mettono a nudo con le realtà locali, dando un volto umano a quelli che online rischiano di rimanere sterili avatar e link, ma anche dando risposte concrete e tangibili a una comunità (che è cosa diversa da una community) di persone.
In questo gioco delle parti, oltre all’ente pubblico – il Comune – e le imprese del territorio, un ruolo essenziale è quello ricoperto dagli enti del Terzo Settore, realtà di cui la nostra città è ricca. La legge le definisce come atte “a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona”.
Ma questo intenso lavoro di co-progettazione che porta Sviluppo economico alla città, non può che essere avviato da una chiara volontà Politica, che ne fa il suo vessillo per un intero mandato.
Insomma, il modo c’è e il bisogno pure.
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