Anche quest’anno ho avuto l’onore di redigere la ricerca annuale sullo stato di salute del mercato dell’arte internazionale, con gli amici di Deloitte. Il tema della finanza dell’arte è del resto un tema che mi appassiona ormai da circa quindici anni (tempus fugit): capire come i mercati dei “luxury goods” reagiscano in tempi di instabilità economica, offre sempre interessanti spunti anche per capire meglio le implicazioni con le dinamiche finanziarie e dell’economia reale. Ma bando alle ciance e vediamo cosa è successo e cosa potrebbe ancora accadere. Il biennio pandemico ha determinato una profonda trasformazione del mercato, che si è affidato all’innovazione e a nuoveforme di partnership tra gli operatori. Del resto, è quanto accaduto anche in altri mercati più ampi e più regolamentati. La digitalizzazione è stata l’unica via per mantenere vive le relazioni con il proprio pubblico di riferimento per le case d’asta e, se possibile, sviluppare anche nuove relazioni: si parla infatti di Phygital, il cui mix virtuale e presenza in sala è basato sulla cosiddetta asta ibrida. “Primum vivere deinde philosophari” amava ripetere la mia professoressa di latino. E in effetti la svolta tecnologica effettuata “per limitare i danni”, si è presto invece trasformata in una formidabile via d’accesso a nuovi mercati e nuovi clienti. Il problema era semmai intercettare una domanda fortemente trasformata, sempre più dominata dal digitale e dalle giovani generazioni, che hanno portato sul mercato nuove esigenze, nuove abitudini d’acquisto e un nuovo gusto. E così le case d’aste (i cui battuti sono stati alla base dell’analisi) hanno saputo sviluppare nuovi clienti (mediamente il 40% per le più grandi case d’asta internazionali), educando invece i già clienti e meno avvezzi alla tecnologia, all’uso del digitale. Il 2021 è stato un anno di fatturati record, non solo rispetto al 2020 (ça va sans dire, con un +67,4%), ma persino rispetto ai livelli pre-Covid del 2019 (+17,7%). Il tutto impreziosito dal fatto che l’offerta ha annoverato numerosi lotti di qualità, senza avere però il pezzo straordinario (come è stato il Salvator Mundi nel 2017, ad esempio), anche se una collezione soprattutto (quella Macklowe) ha sicuramente aiutato sul fatturato complessivo. L’attenzione per autori meno quotati, contemporanei storicizzati e/o emergenti, ma dal solido background artistico, ha trascinato al rialzo il mercato, ma anche opere di indiscusso valore, come un “old masters” di Botticelli (terzo miglior top lot dell’anno) hanno contribuito al fatturato record. Stiamo parlando di opere che erano già pronte per il mercato anche l’anno prima, ma che il contesto di incertezza ha consigliato di attendere momenti più propizi per una più consona valorizzazione. E’ boom dei compratori asiatici, sempre più interessati ai modelli di estetica occidentale, ma anche molto sensibili all’acquisto dei cosiddetti Passion Assets (gioielli, orologi, vini pregiati…) che complessivamente sono cresciuti nel fatturato del +44,2% sul 2020 e del +11,8% sul 2019. Ci sono poi dei fenomeni in ascesa che è opportuno segnalare, in attesa di un definitivo consolidamento. Il primo è sicuramente l’esplosione delle aste “online-only”, dove vengono offerti lotti di minor qualità, ma che richiamano l’interesse di una platea sempre più giovane, economicamente solida e propensa alla diversificazione. In tal senso si inserisce l’esplosione dell’arte digitale, con particolare riferimento alla crypto art, con gli NFT che attraggono nuovi potenziali acquirenti, soprattutto Millennial. La presenza degli NFT è stata celebrata dalla vendita per oltre $69,3 Mln dell’opera dell’artista Beeple, divenuta la prima opera d’arte digitale mai venduta ad un’asta. Continua a crescere l’attenzione nei confronti di diversità e inclusione anche nel mondo dell’arte: la sola Christie’s ha registrato 66 nuovi record d’asta per artiste donne e 47 nuovi record per artisti BIPOC (black, indigenous and people of color). Cresce anche la sensibilità per la sostenibilità e sempre di più sono state le aste organizzate dalle majors per beneficienza. Insomma, è stato un anno luminosissimo per il mercato dell’arte, ma nubi cariche di inflazione, rallentamenti economici, forse recessioni e fragili equilibri geopolitici si avvicinano sempre più. Come reagirà il mercato dell’arte? Questo lo vedremo la prossima puntata…
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