Proprio la guerra in Ucraina ci dovrebbe spingere a capire che l’Unione europea potrebbe svolgere un ruolo più incisivo sulla scena internazionale. Vorrei ricordare a questo proposito quello che ha scritto Jacques Delors, uno dei padri fondatori della Ue. Era il 7 dicembre del 2021 quando a Parigi, all’Odéon-Théâtre de l’Europe si celebrava il 25° anniversario dell’Istituto intitolato al suo nome per “Pensare l’Europa”. In quell’occasione c’era il Presidente della Repubblica francese Macron, in procinto di assumere la presidenza del Consiglio europeo.
Per la situazione che viviamo oggi, le parole di Delors hanno un grande significato. «Sono lieto – scrisse Delors – che la Presidenza francese del Consiglio dell’Unione abbia messo al centro della sua azione il concetto di appartenenza all’Europa […] Per tutti i nostri Paesi, appartenere all’Europa oggi significa rifiutarsi di appartenere alla Cina, alla Russia, ed anche rifiutare di allinearsi docilmente agli Stati Uniti. Bisogna rifiutare che il nostro continente si divida di nuovo e che il suo destino non gli appartenga più». Poi Delors continuava toccando temi cruciali, oggi più che mai: «Appartenere all’Europa non significa distaccarsi dal proprio Paese. Al contrario, è essergli fedele, con le parole di Albert Camus, ‘Amo troppo il mio Paese per essere nazionalista’. Il progetto europeo non è mai stato nemico delle nazioni, che non possono prosperare nell’isolamento».
Mentre la guerra alla pandemia ha sicuramente rafforzato il senso dell’Unione nelle istituzioni e nei cittadini europei per fronteggiare insieme la guerra anche economica contro il virus, la guerra in Ucraina ha reso più grave il ruolo dell’Unione sul piano internazionale. L’aggressione di Putin all’Ucraina ha certamente presentato una spinta potente alla difesa dell’Unione, ma ha evidenziato, ancora una volta, i limiti delle istituzioni europee nel trovare un ruolo autonomo ancorché coordinato con la NATO proprio sul piano dell’azione politica e diplomatica, sia per la sicurezza, sia per l’autonomia energetica.
Jacques Delors concludeva il suo intervento con un auspicio ed un ammonimento: «Possa questa occasione europea, che il nostro Paese sta per vivere, rafforzare questo sentimento di appartenenza senza il quale il nostro progetto crollerà come un castello di carte».
Il progetto dell’Unione a cui si riferiva Delors non prevedeva un ruolo gregario in una situazione come quella che viviamo a livello internazionale, anche perché fin dal Trattato di Maastricht si prevedeva la creazione di una forza autonoma dell’Unione europea. Oggi persino gli Stati Uniti e la NATO avrebbero tutto da guadagnare da un ruolo più forte dell’Europa nel contesto euro-mediterraneo per affrontare i pericolosi crinali della geopolitica mondiale.
Vorrei ricordare che proprio mentre Delors celebrava i 25 anni di vita della sua istituzione “Pensare l’Europa”, a Firenze nasceva l’ISFE, l’Istituto di Studi Firenze per l’Europa. Un seme piccolo, ma ricco di tante adesioni di personalità che condividono l’idea di essere cittadini italiani e insieme cittadini europei.
Come scriveva Delors dovremmo sentire che sempre di più è necessario più Europa e non il contrario.
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