La morte sul lavoro è una questione reale e drammatica, che occorre affrontare in modo concreto e pragmatico. Come del resto si è fatto, peraltro con un ruolo attivo e decisivo del Sindacato; i dati parlano: secondo le rilevazioni INAIL tra il 1971 e il 1980 la media dei decessi sul luogo di lavoro era 8,1 al giorno, fra il 1981 e 1990 era 5,7 al giorno, fra il 1991 e il 2000 era 4,1; fra il 2001 e il 2020 intorno 3,5.
La Legge 626 ha stabilito norme, criteri, procedure e diritti di intervento e controllo del Sindacato, che naturalmente sono migliorabili e adeguabili, ma hanno prodotto risultati importanti.
Non si capisce allora perché il Sindacato, anziché dedicarsi a utilizzare al meglio ed eventualmente implementare gli strumenti che ha conquistato preferisca dar vita ad una propaganda piangente e affranta, annaffiata di abbondantissima retorica, il cui risultato (forse non voluto, forse sì) è di comunicare una strage, un’ecatombe senza fine che cresce ormai senza limiti.
È falso! Basterebbe citare i dati sopra riportati per dimostrare che per quanto tragica si tratta di una realtà che viene affrontata efficacemente e si riduce gradualmente. Ma anche i dati comunicati il 28 aprile dall’INAIL che hanno dato luogo ad un’emozione pubblica particolarmente forte all’insegna del “la strage è sempre più grande” dicono una realtà piuttosto diversa: basta prendersi la briga dli leggerli! “Le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate all’Istituto entro il mese di marzo 2022 sono state 189, quattro in più rispetto alle 185 registrate nel primo trimestre del 2021 e 23 in più rispetto alle 166 del periodo gennaio-marzo 2020. A livello nazionale i dati rilevati al 31 marzo di ciascun anno evidenziano, pur nella provvisorietà dei numeri, un incremento per il primo trimestre del 2022 rispetto al pari periodo del 2021 solo dei casi in itinere, passati da 31 a 51, mentre quelli avvenuti in occasione di lavoro sono scesi da 154 a 138”
Il che significa che l’aumento significativo è rispetto al 2020, quando però moltissimi lavoratori non erano in attività per via del Lock down, e rispetto al 2021 l’aumento riguarda soltanto gli incidenti stradali mentre quelli sul lavoro diminuiscono.
Il che ovviamente non elude il fatto che siamo di fronte ad un problema grave, non ancora debellato: ma perché invece di una comunicazione sobria, realistica, che faccia capire che si è fatto tanto ma occorre fare ancora di più e siamo in grado di farlo, una propaganda granguignolesca e terrorizzante, intesa a dipingere una carneficina in via di progressivo peggioramento?
C’è dietro una complessa strategia o è soltanto una delle manifestazioni della degenerazione senile del sindacato italiano?
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