Non ha tutti i torti Marine Le Pen, ancora una volta perdente nella sfida con Macron, quando afferma che “siamo entrati in un nuovo bipartitismo, perché la distinzione tra destra e sinistra non esiste più: da una parte ci sono loro, i mondialisti, dall’altra ci siamo noi, i patrioti”. Questa sua affermazione consente di cogliere il filo rosso che unisce vicende geo-politiche apparentemente tra loro molto diverse e distanti: non soltanto la contrapposizione ormai pluridecennale tra sovranisti ed europeisti in atto in Francia come in ciascuno dei Paesi della Ue, lo scontro sulla Brexit in Gran Bretagna e la crescita impetuosa del trumpismo negli U.S.A.; ma anche, a ben vedere, la guerra civile che dilania il mondo islamico e le pulsioni imperialiste che oggi – e non si sa per quanto ancora – stanno prevalendo nella Russia di Putin.
Nel mondo musulmano, ciò che i jihadisti combattono con feroce determinazione è l’infiltrazione nel loro mondo della nostra cultura, del nostro stile di vita, dei nostri valori, di tutto quello che noi chiamiamo modernità. La guerra civile che hanno scatenato nei loro Paesi non è né di destra né di sinistra: mira essenzialmente a ostruire i canali di comunicazione che li collegano al mondo circostante. Quanto all’invasione dell’Ucraina, il suo scopo principale è fare argine al diffondersi in seno alla Federazione russa del modello liberal-democratico, contrastare la forza di attrazione esercitata dalla UE e, al tempo stesso, avvisare tutte le entità satellite e le etnie periferiche di ciò che accadrà loro se fossero tentate di cedere a quell’attrazione. È sempre lo scontro politico tra sovranismo e società aperta che continua con altri mezzi.
In questo nuovo contesto la dialettica destra/sinistra conserva, beninteso, una sua importanza; ma non corrisponde più alla scelta che a tutte le longitudini e latitudini si impone come prioritaria, talvolta in modo drammatico. L’alternativa più importante oggi, in Francia come in ogni altro Paese dell’Europa occidentale, non è quella tra le politiche “di destra” e “di sinistra”, ma quella tra l’accelerare e il frenare il processo di integrazione europea. Da una parte le politiche tendenti alla difesa delle sovranità nazionali, al ritorno alle vecchie frontiere fortificate, alla difesa dell’identità, alla protezione di imprese e lavoratori indigeni contro la concorrenza di chi viene da fuori, all’economia del “chilometro zero”; dall’altra le politiche tendenti, innanzitutto, alla costruzione di un ordinamento sovranazionale continentale, quindi alle riforme interne indispensabili per rendere possibile la nascita della nuova Unione Europea, tendenti inoltre a favorire l’afflusso di investimenti stranieri come portatori di innovazione tecnologica, lo scambio culturale, la mobilità delle persone, dei beni, dei servizi.
In tutto ciò il filo rosso di cui si parlava all’inizio ha un’implicazione inquietante: fortemente interessato agli esiti del confronto politico in atto in tutti i Paesi dell’Europa occidentale sul processo di costruzione della nuova UE è quello stesso Vladimir Putin che sta tentando di distruggere l’Ucraina per punire la sua scelta a favore del modello della società aperta. Al gioco politico interno in ciascuno dei Paesi dell’UE tra sovranisti ed europeisti è presente e concretamente attivo anche lui. Ovviamente a sostegno dei primi: ogni loro vittoria e ogni loro sconfitta sono una vittoria o una sconfitta anche sue.
(Questo articolo, con il consenso dell’autore, è ripreso dal sito www.pietroichino.it)
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