Gli esami di Stato del I e II ciclo rappresentano un passaggio educativo importante, ho apprezzato la conferma dell’esame e la decisione di lasciare spazio – anche per le superiori – alle singole scuole e ai consigli di classe.
Nessuno vuole dimenticare che i ragazzi che si apprestano a terminare l’ultimo anno delle scuole superiori, abbiano svolto nel triennio molta didattica a distanza, abbiano subito il lockdown due anni fa e l’anno scorso abbiano dovuto svolgere molta didattica davanti ad un video.
I ragazzi dopo un periodo non semplice, hanno bisogno di normalità non di altro, e il governo Draghi ha cercato a più riprese di difendere ed agevolare il ritorno alla normalità della didattica in presenza, in classe, davanti ai propri insegnanti ed insieme ai propri compagni. La scuola non essendo una semplice trasmissione di nozioni bensì un percorso educativo fatto di relazioni, rapporti, scoperte, paure, dubbi, ha bisogno della “presenza” e non della “distanza”. Non è un giudizio negativo nei confronti del grande lavoro dei nostri docenti ma una constatazione. Ci ricordiamo quelle manifestazioni di ragazzi e docenti che chiedevano di tornare in classe, studiavano a distanza o ascoltavano le lezioni al freddo davanti alle loro scuole, i loro gesti e le loro parole erano il segno evidente di quanto sia importante la scuola fatta di relazioni personali.
Le scelte del governo Draghi vanno nella direzione, dopo la straordinarietà dello scorso anno, di riportare progressivamente la cosiddetta maturità nell’impianto della riforma del 2017. Con una novità di non poco conto che tiene in considerazione la preoccupazione dei ragazzi che nel triennio non sempre sono riusciti a svolgere l’intero programma. La seconda prova, quella di indirizzo, viene decisa in autonomia da ogni singola scuola attraverso il consiglio di classe. Saranno i docenti che hanno seguito i ragazzi in questi anni, a decidere la prova: l’auspicio e la volontà è che questa venga calibrata su quanto effettivamente svolto nel periodo pandemico.
Una decisione di buonsenso che si inserisce nella riforma voluta dalla Ministra Fedeli nel 2017 che decise di modificare la valutazione dell’esame di stato: non più la “fotografia” dei giorni dell’esame, ma un “bilanciamento” tra valutazione del triennio e valutazione delle tre prove. Per la precisione 40/100 la valutazione del triennio e 60/100 quella delle tre prove, con 20/100 come valutazione per ogni prova.
L’attuale decisione del governo ci sembra di assoluta serietà ma soprattutto di buonsenso, non comprendiamo quindi le proteste di parte del mondo politico e associativo. Chi ha suggerimenti per migliorare gli esami li avanzi, la scuola ha bisogno di suggerimenti per migliorare, chi vuole utilizzare ragazzi e docenti lasci perdere: non bisogna lucrare un po’ visibilità, ma occorre pensare al bene e al benessere di studenti e professionisti della scuola.
È tempo che questo paese si confronti seriamente su cosa chiede e vuole dalla scuola, che, sarà bene ricordarlo, è fatta per la crescita dei ragazzi.
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