Piano, decisamente troppo piano ma qualcosa si sta muovendo nello spazio politico tra il centro-destra e il PD. Se volessimo semplificare, usando le categorie politiche della Prima Repubblica potremmo anche chiamarlo Centro. Ma non lo facciamo perché in realtà del vecchio Centro non ha quasi niente. Si tratta invece di un vuoto che è venuto improvvisamente a crearsi per le scelte che hanno fatto da un lato la Lega e Forza Italia e dall’altro il PD.
Il processo è iniziato con la nascita del Conte II. Era il settembre del 2019. Il governo giallo-rosso fece intravedere al PD la possibilità di riassorbire i voti persi verso i Cinquestelle. Certo, il prezzo da pagare era quello di far proprie molte delle loro istanze ma la posta in gioco era molto appetibile e così “più che il dolor, poté il digiuno”. Parimenti, sul fronte opposto, il populismo della Meloni aveva iniziato a far crescere i consensi di Fratelli d’Italia. Forza Italia e Lega, per frenare lo smottamento a destra, hanno fatto la stessa operazione su quel versante e il populismo è così diventato la cifra di entrambi gli schieramenti.
Poi, complice la pandemia, il processo ha subito una battuta d’arresto con la nascita del governo Draghi. Quello però che ha fatto da detonatore è stata l’elezione del Presidente della Repubblica. La nullità di Conte e di Salvini, le divisioni dei Cinquestelle, il tentativo della Meloni di far saltare il governo per andare alle elezioni hanno costretto molti a vedere che si stava andando verso un burrone. La rielezione di Mattarella ha bloccato le fibrillazioni del quadro politico ma qualcosa si è rotto. Da più parti, anche per gli avvenimenti sul piano internazionale, si è iniziato a capire che non ci può essere una seria prospettiva di crescita del Paese fuori dall’Europa e da uno stretto rapporto con gli USA, il che, sul piano economico, significa che devono essere attuate scelte che siano compatibili con quelle delle altre economie occidentali e su quello politico che deve essere nuovamente presidiato quello spazio che è stato lasciato libero dallo spostamento a sinistra del PD e a destra di Forza Italia e Lega.
La cosa è stata capita a Roma dove si sono già registrati movimenti significativi in occasione delle votazioni presidenziali, e dove ora Forza Italia inizia a smarcarsi dall’abbraccio mortale di un Salvini populista e di una Meloni sovranista (in pratica sono entrati contemporaneamente in crisi sia il progetto del “campo largo” che quello del “centrodestra unito”).
E la novità è stata recepita anche sul territorio. Anzi, è proprio dal territorio che stanno venendo alcuni segnali molto interessanti che potrebbero avere ripercussioni sul piano nazionale, accelerando o frenando i processi in atto.
Facciamo l’esempio di quanto sta accadendo in Toscana. Per la prossima tornata amministrativa si vota in tre città capoluogo: Lucca, Pistoia e Carrara. Ebbene in tutte e tre queste realtà le forze politiche e i movimenti, anche civici, che si richiamano ai principi liberaldemocratici e riformisti stanno provando a trovare convergenze politiche e programmatiche che potrebbero far saltare la deriva a sinistra del PD, ancorandolo ad una impostazione più riformista. L’importante, come ha scritto Franco Camarlinghi, in un editoriale del Corriere Fiorentino, è che questi movimenti non siano un “espediente per la conquista di un potere locale, ma che vengano costruiti come il rinnovamento di una strategia e di una cultura politica di valore nazionale”.
Sergio
Scenario suggestivo e stimolante per rinnovare una politica degna del terzo millennio. Occasione importante per ridisegnare l’intero assetto istituzionale con caratteristiche più moderne .