l presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, sabato scorso ha licenziato il capo dell’ufficio statistico del suo paese, Sait Erdal Dincer, dopo la pubblicazione del tasso di inflazione annuale del paese per l’anno scorso: il 36.1 per cento, il tasso più alto da 19 anni. Il signor Dincer era stato nominato direttore dell’ufficio statistico turco, TurkStat, solo dieci mesi fa.
Con questo gesto, Erdogan segue le orme della ex presidente dell’Argentina Cristina Fernández de Kirchner che, nel 2007, aveva fatto la stessa cosa licenziando la presidente dell’ufficio statistico nazionale (INDEC), Graciela Bevilaqua, e nominando al suo posto un “interventor“, una specie di commissario politico.
Erdogan sta seguendo l’esperienza argentina anche in altri campi, ha già licenziato tre governatori della banca centrale. Anche la signora Fernández Kirchner aveva fatto cose simili. Il licenziamento di Martin Redrado dal posto di governatore della banca centrale argentina nel 2010 ha avuto almeno il merito di indurlo a scrivere un libro interessantissimo: “Sin Reservas”
Ma Erdogan non ha studiato a sufficienza il caso argentino. Infatti, se la presenza dell’interventor era riuscita a moderare le cifre sull’inflazione prodotte dall’ufficio statistico argentino, quelle prodotte dagli analisti privati erano ancora molto, troppo alte. Nel 2011, durante una visita in Argentina, ho potuto costatare un grande successo sindacale. Il sindacato degli autotrasportatori era riuscito ad ottenere un aumento dei salari del 25 per cento mentre il tasso di inflazione pubblicato dall’INDEC era attorno al dieci per cento !
Guillermo Moreno, segretario per il commercio domestico (ma definito dal Financial Times il vero ministro del Tesoro argentino ai tempi della Fernández Kirchner) introdusse delle forti multe contro chiunque avesse pubblicato cifre sul tasso di inflazione diverse da quelle pubblicate dall’INDEC. Contro la Bevilaqua, che nel frattempo aveva assunto la direzione di un ufficio studi privato, fu perfino lanciata un’inchiesta penale e le fu comminata una multa per l’equivalente di 123mila dollari americani. Nel 2012, l’Economist smise di pubblicare le cifre sull’inflazione dell’INDEC e il FMI dichiarò inattendibili gli indici di prezzo ufficiali argentini.
Oggi l’INDEC sembra aver recuperato la sua autonomia se ha appena potuto annunciare un tasso di inflazione argentino per il 2021 del 50.9 per cento.
Anche senza interventi brutali come quelli appena descritti (dei quali ci devono essere molti altri esempi in tanti paesi), l’accuratezza delle misure del tasso di inflazione è spesso messa in dubbio anche in paesi con uffici statistici molto sviluppati e che lavorano con una grande trasparenza.
Si tratta di un dato politicamente molto sensibile e per il quale le percezioni individuali inducono spesso in errore facendo credere che il tasso di inflazione sia molto più alto di quello registrato dagli uffici statistici. Tendiamo a notare i prezzi che sono aumentati e non quelli che rimangono invariati. Notiamo poi di più gli aumenti di piccoli prezzi di beni e servizi di uso quasi quotidiano che non la stabilità dei prezzi di quello che costituisce il grosso delle nostre spese mensili.
Questo è stato messo in evidenza dalla credenza, particolarmente forte in Italia, che l’introduzione delle monete e banconote in euro all’inizio del 2002 abbia provocato un forte aumento dei prezzi. E questo nonostante il fatto che il tasso di inflazione italiano per il 2002 sia stato del 2.4 per cento.
I tanti che affermano di aver avuto esperienze di forti aumenti si riferiscono ad aumenti che, di solito, incidono poco sul totale delle loro spese (per esempio, il prezzo del caffè o del cornetto al bar). Per di più tendono a commettere l’errore di paragonare i prezzi in lire del 2001, venti anni fa, con i prezzi in euro di oggi.
La Banca d’Italia, l’ISTAT e molti ricercatori accademici hanno prodotto vari studi che mostrano che gli arrotondamenti dovuti al passaggio all’euro hanno causato un aumento dei prezzi una tantum stimato in circa mezzo punto percentuale. Molti di questi studi sono stati raccolti in un volume pubblicato da Il Mulino nel 2005 (L’euro e l’inflazione, a cura di Paolo del Giovane, Francesco Lippi e Roberto Sabbatin).
Ma nonostante tutti questi lavori, la polemica continua. Prima delle elezioni del 2013 mi fu mostrata la bozza di un volantino sull’euro che un partito politico stava preparando. Nel testo si accusava Silvio Berlusconi di essere responsabile dei forti aumenti di prezzo dovuti al passaggio dalla lira all’euro. Stupito da questo testo, presi contatto con l’autore, un giornalista che lavorava in un noto settimanale. Alle mie osservazioni rispose dicendomi che sapeva benissimo che questi aumenti erano stati trascurabili (conosceva il volume del Mulino che ho citato). Ma secondo lui oramai gli italiani si erano convinti che questi aumenti di prezzi ci fossero stati e fossero stati forti, che sarebbe stato troppo complicato spiegare come stavano veramente le cose e che tanto valeva dare la colpa di questi aumenti a Silvio Berlusconi. Il volantino, fortunatamente, non fu mai stampato. Ma questo mostra le difficoltà che si incontrano anche quando l’indipendenza di un ufficio statistico, in questo caso l’Istat, non viene fondamentalmente messa in dubbio.
Abbiamo purtroppo dei problemi con l’indipendenza degli uffici statistici nazionali anche all’interno dell’Unione europea. Dopo lo scoppio della crisi del debito pubblico greco, una delle prime richieste fu quella di riorganizzare l’ufficio statistico greco che, come era sotto gli occhi di tutti, aveva fornito dati inaffidabili. Tra l’altro si scoprì che i sindacati interni dell’istituto avevano il diritto di vedere i dati statistici prima della loro pubblicazione. Fu quindi sciolto l’istituto statistico esistente e ne fu creato uno nuovo, l’Elstat. A dirigerlo fu messo Andreas Georghiou che era in quel momento il vicedirettore del dipartimento statistico del FMI; un cittadino greco che viveva negli Stati Uniti da molti anni.
Nel corso dei normali lavori di revisione statistica, a fine del 2010 l’Elstat pubblicò il dato definitivo del disavanzo pubblico per il 2009: il 15.8 per cento. Un ex membro del consiglio di amministrazione del vecchio ufficio statistico presentò una denuncia contro Andreas Georghiou per aver “agito contro l’interesse nazionale” sulla base di una legge greca che punisce questo comportamento con pene che vanno fino all’ergastolo!
La cosa è andata avanti tra l’incredulità internazionale di fronte a vari tribunali greci. A fine del 2014, dopo cinque anni di sofferenze, Andreas Georghiou ha dato le dimissioni. Alla fine è stato assolto da questa prima accusa, ma nel 2017 è stato condannato in un procedimento diverso: quello per aver trasmesso i dati a Eurostat senza aver informato il Consiglio di Amministrazione dell’Elstat.
Nel 2021 Georghiou è stato condannato alla fine di un terzo procedimento: una causa penale per “diffamazione semplice” (l’affermazione, anche se vera, non avrebbe dovuto essere formulata perché lesiva dell’onore di qualcuno !). È stato condannato a pubblicare a sue spese in vari media il testo della sua condanna come forma di scuse pubbliche.
La vera e propria persecuzione contro Andreas Georghiou è stata condannata da tutte le organizzazioni statistiche nazionali e dalla Commissione europea. Sono orgoglioso di aver partecipato alla raccolta di fondi per aiutare Georghiou a far fronte ai costi giudiziari della sua difesa.
Chi volesse saperne di più può fare le solite ricerche sull’internet o consultare la pagina speciale della American Statistical Association: https://www.amstat.org/asa/News/Greek-Statistician-Found-Liable-for-Slander-Continues-to-Face-Persecution.aspx.
Sappiamo che la democrazia non consiste solo nella possibilità di avere libere elezioni. Ma anche nell’avere quelle componenti essenziali che vanno sotto il nome di “stato di diritto” e sappiamo che la democrazia dipende in maniera fondamentale dalla libertà di espressione e informazione. Ci battiamo spesso giustamente per quest’ultima che è minacciata da molti lati, ma non dovremmo dimenticare l’indipendenza dai governi degli uffici statistici. Avere informazioni statistiche affidabili è la base essenziale di ogni discussione civile. I casi argentino e turco non ci toccano direttamente. Le minacce contro l’indipendenza degli uffici statistici nazionali dei paesi dell’Unione europea si.
De Angelis
Quello che deve preoccupare di più in Turchia è che criticare Erdogan significa firmare il proprio mandato di arresto così che le carceri sono piene di difensori dei diritti umani. Francesco
Walter J. Radermacher
Dear Fabio,
Thank you for your pertinent and relevant comment. “Seen from the viewpoint of politics, truth has a despotic character. It is therefore hated by tyrants, who rightly fear the competition of a coercive force they cannot monopolize, and it enjoys a rather precarious status in the eyes of governments that rest on consent and abhor coercion. Facts are beyond agreement and consent, … Unwelcome opinion can be argued with, rejected, or compromised upon, but unwelcome facts possess an infuriating stubbornness that nothing can move except plain lies.” (Arendt, Hannah. 1967. ‘Truth and Politics’, The New Yorker.) Making the public aware of this again and again is part of the statistical culture and data literacy that we urgently need and have to foster today.
Ciao,
Walter