Nel suo discorso annuale sullo stato dell’Unione, pronunciato il 15 settembre 2021, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, non ha sviluppato un piano operativo per la difesa dello stato di diritto, così come si sarebbe potuto sperare. Ha tuttavia ricordato esplicitamente che i valori fondamentali dell’Unione europea, che la Commissione è determinata a difendere, sono garantiti dal suo ordinamento giuridico e che “le sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea le fanno prevalere. Queste sentenze sono vincolanti. E vigiliamo che vengano attuate. E questo in ogni Paese della nostra Unione. ”
Una tale precisazione dovrebbe risultare ovvia in un ordinamento giuridico nel quale la questione della supremazia del diritto dell’Unione europea è stata, in linea di principio, definitivamente risolta dal 1964. Tuttavia, la messa in discussione di questa gerarchia rischia di diventare una cattiva abitudine nelle corti costituzionali degli Stati membri, abitudine a cui le istituzioni europee faticano a reagire.
All’inizio c’era il principio della supremazia Il principio della supremazia non risale ai primi trattati [1] ma dalla sentenza Costa c/E.N.E.L. della Corte di giustizia del 1964, secondo la quale, per la prima volta, è stato affermato che «a differenza dei trattati internazionali ordinari, il Trattato CEE ha istituito un ordinamento giuridico specifico, integrato nell’ordinamento giuridico degli Stati membri al momento dell’entrata in vigore della Trattato e che è vincolante per le loro giurisdizioni”, per concludere che tale integrazione nell’ordinamento di ciascuno Stato membro di disposizioni provenienti da fonti comunitarie ha come conseguenza l’impossibilità per gli Stati membri di far prevalere un provvedimento nazionale contro un ordinamento giuridico che hanno accettato sulla base della reciprocità.Come il principio dell’efficacia diretta del diritto comunitario, sancito dalla sentenza Van Gend en Loos del 1963, il principio della supremazia, che garantisce la superiorità del diritto europeo sul diritto nazionale, è un principio fondamentale del diritto dell’Unione europea.Senza questi due principi, l’ordinamento giuridico europeo non avrebbe potuto svilupparsi e rafforzarsi – è infatti difficile immaginare come un ordinamento sovranazionale avrebbe potuto imporsi negli Stati membri se fosse stato solo facoltativo. È sicuro che gli Stati avrebbero applicato molto raramente una legge europea che non fosse ritenuta s vincolante, soprattutto quando entrasse in contraddizione con le regole nazionali, come a volte capita con le regole del diritto internazionale classico.A seguito di queste sentenze fondanti, la Corte di giustizia ha costruito un intero filone giurisprudenziale che ha consentito di affermare – e affinare – i lineamenti del principio della supremazia, sia che pronunciandosi su norme di diritto primario (trattati) o di diritto derivato (ossia strumenti giuridici fondati su trattati, quali regolamenti, direttive, decisioni e accordi), la Corte di giustizia non ha mai cessato di ripetere agli Stati membri ed alle loro più alte . giurisdizioni, che il diritto dell’Unione prevale sul diritto nazionale, quali che siano le conseguenze.In teoria, niente lasciava presagire che gli Stati membri potessero ritenere che il riconoscimento della supremazia del diritto dell’Unione sul diritto nazionale potesse essere lasciato alla loro discrezionalità. Ma questa convinzione non teneva conto dei venti di ribellione che hanno cominciato a soffiare in alcune corti costituzionali degli Stati membri.Rimettere in discussione il principio della supremazia: una tendenza pericolosa nelle corti costituzionali?Se alle norme del diritto dell’Unione viene riconosciuto senza troppe difficoltà il primato che meritano sulle disposizioni nazionali di common law, anche in tempi posteriori [2], la situazione delle norme costituzionali è spesso molto diversa, e questo contro la giurisprudenza della Corte in materia . Sebbene questa resistenza da parte degli Stati membri a considerare le proprie costituzioni interne come qualsiasi norma legislativa sottomessa alla supremazia del diritto dell’Unione europea non sia nuova [3], sembra tuttavia manifestarsi con maggiore frequenza. Così, in Francia, una recente decisione del Consiglio di Stato relativa all’applicazione delle disposizioni del regolamento generale sulla protezione dei dati, ricorda la tendenza, ancora evidente, del giudice amministrativo a ritenere che il diritto dell’Unione europea prevalga su tutte le norme di diritto interno, escluse quelle derivanti dalla Costituzione. Con sentenza del 21 aprile 2021, l’Alta Corte Amministrativa ha così aggiornato la controversia, ritenendo che “nel caso in cui l’applicazione di una direttiva o di un regolamento europeo, così come interpretati dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea, possa avere l’effetto di privare di garanzie effettive uno di questi requisiti costituzionali, che non benefici, nel diritto dell’Unione, di una tutela equivalente, “il giudice amministrativo dovrebbe escluderne l’applicazione, nella misura limitata che il rispetto della Costituzione richiede”[4]..Sull’altra riva del Reno, in maniera molto più clamorosa, la Corte Costituzionale tedesca, il 5 maggio 2020, ha emesso una sentenza in cui criticava il mancato controllo da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sull’azione dei la Banca Centrale Europea, che aveva, secondo la Corte di Karlsruhe, ecceduto il proprio mandato adottando, nel 2015, un programma per l’acquisto di titoli pubblici sui mercati, arrogandosi così il diritto di giudicare le decisioni assunte dalle istituzioni europee interessate.Infine, questo nuovo movimento refrattario ha trovato il suo culmine nella richiesta avanzata dal governo polacco alla sua Corte costituzionale, il cui esito è atteso da tempo. La Corte di Giustizia, infatti, il 15 luglio ha dichiarato contrarie al diritto europeo le riforme giudiziarie avviate dal governo polacco, ricordando che quello deve prevalere sulla normativa nazionale. Una decisione impugnata dal presidente del Consiglio Mateusz Morawiecki il quale, ritenendo che i giudici del Lussemburgo avessero abusato del proprio ruolo, riteneva legittimo affidare alla Corte costituzionale del suo Stato membro il compito di pronunciarsi sulla questione della supremazia del diritto dell’Unione europea sulla legislazione polacca. Questa posizione si colloca nel movimento di contestazione sistematica della giurisdizione del giudice europeo in cui si è inserito il governo polacco, anche per quanto riguarda le riforme giudiziarie della Romania cui fa riferimento la sentenza della Corte di giustizia del 18 maggio scorso [5] Si tratta, a dir poco, di casi preoccupanti che, nel loro insieme, costituiscono una minaccia all’armonizzazione giuridica operata dalla Corte di giustizia negli ultimi sessant’anni, e il cui ruolo federativo ha progressivamente consentito ai cittadini europei di beneficiare degli stessi diritti in tutto il territorio dell’Unione.La reazione più che mai urgente da parte delle istituzioni europeeDi fronte a tali clamorose contestazioni, tutti gli occhi sono naturalmente puntati sulle istituzioni europee, dalle quali ancora non viene una risposta decisa.Da un lato, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha optato per il coordinamento e la pedagogia. Intervenendo, su invito della Corte costituzionale lettone a una conferenza a Riga il 2 e 3 settembre, la Corte lussemburghese ha potuto discutere con le corti costituzionali degli Stati membri, in modo che ciascuna parte potesse presentare il proprio lavoro al fine di favorire la comprensione reciproca degli approcci. Una soluzione che ha senso, soprattutto quando si conosce l’attaccamento del giudice europeo al dialogo tra i giudici, istituito nell’ambito del meccanismo della “questione pregiudiziale” , grazie al quale i giudici del Lussemburgo hanno tanto consolidato la costruzione europea.Sorprende, invece, la reazione relativamente debole della Commissione europea, nei confronti della Polonia, tra gli altri. In qualità di “custode” dei trattati, è sua responsabilità garantire la corretta applicazione del diritto dell’Unione negli Stati membri. È inoltre questa responsabilità essenziale che giustifica il ricorso per inadempimento , nei cui termini la Commissione può chiamare in giudizio uno Stato membro che non ha rispettato le disposizioni del diritto europeo all’interno dei suoi confini.Se la posizione della Commissione europea in tema di Stato di diritto può legittimamente essere materia di discussione [6], c’è un punto su cui non può scendere a compromessi: la supremazia delle norme europee sulle norme nazionali. Per questo ha aperto una procedura di infrazione contro la Germania per aver messo in discussione lo stato di diritto dell’Unione europea attraverso la decisione della sua Corte costituzionale.Inoltre, e in particolare per quanto riguarda la Polonia , la situazione è tanto più complessa in quanto il governo polacco sembra pronto a impegnarsi in un vero e proprio braccio di ferro con l’esecutivo dell’UE. Il rinvio alla Corte costituzionale a seguito della sentenza della Corte di giustizia è infatti solo una delle tante manifestazioni di sfiducia delle autorità polacche nei confronti delle istituzioni europee. Tuttavia, la Commissione non si è tirata fuori ed ha potuto dimostrare di non aver detto l’ultima parola. Ad esempio, ha rifiutato di approvare il piano nazionale di rilancio presentato dalla Polonia – necessario per sbloccare il Recovery Fund nel Paese – e possiamo facilmente immaginare che la sfida allo stato di diritto dell’Unione operata da Varsavia non sia estranea. Da questo sembra emergere che la Commissione abbia optato per una posizione ferma ma diplomatica. È tuttavia lecito chiedersi se, di fronte a una simile pretesa di mettere in discussione la supremazia del diritto comunitario, non debba mostrarsi più determinata, se vuole continuare a vedere applicato, all’interno dell’Unione, il principio della supremazia. Tuttavia, in un’Unione della quale gli Stati che la compongono hanno deciso sovranamente di farne parte e possono anche decidere di recederne, è chiaro che non esistono mezzi più coercitivi dei meccanismi previsti dalla legge nei trattati. A differenza dell’articolo 50 del Trattato sull’Unione europea, che consente a uno Stato membro di uscire dall’Unione, non esiste alcun mezzo giuridico atto a consentire l’esclusione di uno Stato che non si conformi alle disposizioni dei trattati da lui stesso convenuti aderire. Mantenere o aumentare la pressione politica e legale sul governo polacco potrebbe essere un’idea allettante, se non comportasse il rischio, a lungo termine, di vedere la Polonia decidere di uscire dall’Unione. Un risultato del genere, in un contesto post Brexit, sarebbe un duro colpo per il progetto europeo.In quanto organizzazione sui generis, si dice spesso che l’Unione europea si rafforzi attraverso le crisi, trovando soluzioni innovative per rispondere a situazioni senza precedenti. È così che la Corte di giustizia è riuscita a creare il principio della supremazia, che si è rivelato essenziale per la realizzazione della costruzione europea. Possiamo scommettere che le Istituzioni europee saranno ancora una volta all’altezza della sfida posta dall’atteggiamento intransigente assunto da alcuni Stati membri e che troveranno l’innovazione politica e giuridica che consentirà all’Unione di uscirne rafforzata
NOTE
[1] Solo nel 2009, con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e della Dichiarazione n. 17, il principio è entrato nei Trattati.[2] Nell’ordinamento giuridico francese, si ricorderà qui la consacrazione sorta grazie alla Société des cafes Jacques Vabre (1975) della Corte di Cassazione e Nicolò del Consiglio di Stato (1989).[3] Citeremo qui, in particolare, il ragionamento svolto dalla Corte costituzionale federale tedesca nelle sue sentenze Solange I (1974) e Solange II (1986).[4] Riprendendo così la giurisprudenza Société Arcelor Atlantique et Lorraine et al.(2007) del Consiglio di Stato[5] Così, in una recente sentenza del 18 maggio 2021, secondo la quale la Corte di giustizia è stata chiamata a pronunciarsi su una serie di riforme giudiziarie da parte del governo rumeno e a ricordare l’importanza del principio del primato, il governo polacco governo ha presentato osservazioni volte a mettere in discussione la competenza della Corte di giustizia sulle questioni pregiudiziali ad essa rivolte dai giudici rumeni su iniziativa delle questioni pregiudiziali.[6] La Commissione ritiene pertanto che il regolamento sulla condizionalità di bilancio legata allo Stato di diritto, entrato in vigore il 1° gennaio 2021, richieda ancora l’elaborazione di linee guida, che il Parlamento europeo contesta formalmente, così come lo ha ribadito in sua risoluzione del marzo 2021.
(Con l’autorizzazione dell’Institute Delors. Tradotto da Luciano Pallini. La responsabilità della traduzione è esclusivamente del traduttore. )
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