Quando 25 anni fa ho voluto creare un gruppo di studi e ricerche sull’Europa è perché ho creduto nella necessità di “Pensare l’Europa”. Pensarla e ripensarla sempre.
Da allora “Thinking Europe” è diventato il motto comune degli istituti di Parigi, Berlino e Bruxelles ed è una sana igiene della mente.
La costruzione europea non è un programma preparato da zero, una procedura da eseguire, un progetto miracolosamente irreversibile. Non è mai un lungo fiume tranquillo, è esercizio di sperimentazione. Dobbiamo ripensare costantemente all’Europa in termini di ciò che è stato realizzato, ciò che ha funzionato e ciò che non ha funzionato e in termini di stato del mondo così mutevole, così brutale. Sarebbe indulgere nella pigrizia intellettuale e mancare di coraggio politico attenersi soltanto agli accordi del passato, allo status quo. Dobbiamo ispirarci ai “padri fondatori”, alle loro intuizioni originarie, alla loro audacia, ma per rinnovarli, per allargare l’orizzonte, per esplorare altre vie di unità, come la differenziazione che non è stata sufficientemente esplorata.
Il piano di stimolo fiscale e l’indebitamento contratto dalla Commissione per conto dell’Unione europea hanno dimostrato che gli europei sanno intraprendere nuove strade di integrazione. La pandemia da Covid ci porta anche a immaginare l’Europa della salute, alla quale fino ad ora quasi nessuno aveva pensato in Europa. L’idea e la realtà devono quindi essere in dialettica permanente. Questo è “Pensare l’Europa”. La Conferenza per il suo futuro ci invita a farlo in un modo inedito. Auguro che questa iniziativa, tuttora in corso, riceva tutta la considerazione politica e mediatica che merita. L’Europa, all’inizio, era pensata come un progetto di pace. Oggi deve anche considerarsi una potenza; una potenza in divenire, responsabile e generosa nel mondo.
25 anni fa, ho dato, al centro di riflessione e proposta che stavamo creando, il nome: “Notre Europe”. Vorrei insistere su questo possessivo plurale: nostra. Siamo in grado di “pensare l’Europa” come davvero nostra? Considerare il diritto europeo un nostro diritto e non un diritto uscito dal cappello, che ci verrebbe imposto dall’alto? Intendiamo il diritto europeo e la sua giurisprudenza come un diritto che ci vincola, che ci obbliga o lo vediamo come un diritto di cui ognuno può liberarsi a suo piacimento?
Se l’Europa è davvero nostra, non può essere solo quella che vuole la Francia o quella che conviene esclusivamente alla Germania o ad un qualsiasi altro Paese. Non dovrebbe nemmeno diventare quello della Polonia o dell’Ungheria. L’Europa non appartiene solo al Parlamento europeo, né può appropriarsene il Consiglio europeo. Non appartiene neanche alla Commissione. Ma la Commissione è più di una custode dei trattati. Attraverso le sue iniziative, è prima di tutto su di essa che ricade l’immenso compito di pensare la nostra Europa, di farle fare sempre dei passi avanti.
Affermare la nostra Europa – sottolineando “nostra” – significa che l’Unione appartiene a tutti noi, ma anche che è plurale nella sua essenza. Che è tanto un bene comune da preservare che un lavoro collettivo da realizzare. Sono lieto che la Presidenza francese del Consiglio dell’Unione abbia scelto al centro della sua azione il concetto di appartenenza all’Europa. È un’appartenenza con un doppio significato : l’Europa ci appartiene tanto quanto noi apparteniamo all’Europa.
Per tutti i nostri paesi, appartenere all’Europa oggi significa rifiutarsi di appartenere alla Cina, alla Russia, ed anche rifiutare di allinearsi docilmente agli Stati Uniti. Bisogna rifiutare che il nostro continente si divida di nuovo e che il suo destino non gli appartenga più..
Appartenere all’Europa non significa distaccarsi dal proprio Paese. Al contrario, è essergli fedele, con le parole di Albert Camus, “Amo troppo il mio paese per essere nazionalista”. Il progetto europeo non è mai stato nemico delle nazioni, che non possono prosperare nell’isolamento. Non c’è alcuna migliore garanzia di influenzare l’Europa per ciascuna di loro del proprio impegno europeo.
Possa questa occasione europea, che il nostro Paese sta per vivere, rafforzare questo sentimento di appartenenza senza il quale il nostro progetto crollerà come un castello di carte. Facciamo nostra l’Europa. Possa questo meraviglioso anniversario a Parigi in questo magnifico teatro europeo contribuire ad esso.
Jacques Delors
Président fondateur de Notre Europe – Institut Jacques Delors
Ripreso, con l’autorizzazione dell’Institut Jacques Delors , cui vanno i nostri ringraziamenti, dal sito dell’Istituto . Traduzione a cura di Luciano Pallini
https://institutdelors.eu/publications/message-de-jacques-delors-a-la-soiree-des-25-ans/
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