A proposito della (sgrammaticata) petizione con cui 40.000 ragazzi chiedono l’abolizione della prova di italiano all’esame di maturità, riporto qui la mia esperienza di professore di università che negli anni ’90 e nei primi anni del nuovo secolo si era abituato a ricevere dai propri studenti degli elaborati di tesi di laurea scritti in un italiano molto povero e approssimativo, che mostravano poca dimestichezza con la punteggiatura, difetto di padronanza del lessico, difficoltà nella progettazione della struttura dell’esposizione. Tanto che il lavoro del relatore della tesi consisteva principalmente in una correzione della forma della scrittura. Nel 2008 ho sospeso l’attività didattica, dopo l’elezione al Senato, per riprenderla dieci anni dopo. Nel 2018 ho dunque ricominciato a correggere gli elaborati delle tesi di laurea; e ho dovuto constatare che, rispetto a dieci anni prima, nella maggior parte dei casi si era verificato un peggioramento dell’italiano: l’esposizione era ridotta a una sequenza di frasette smozzicate, separate da un “punto e a capo”; spesso il “che” era diventato “ke”, il “perché” “perkè”; e soprattutto l’incapacità di strutturare in modo logico un’argomentazione compiuta era diventata drammatica. Chiedo agli studenti come lo scrivere è stato insegnato loro; mi rispondono che alle medie e al liceo il tema in classe si fa una o due volte al trimestre e che esso normalmente riceve un voto ma non viene corretto dall’insegnante; il tema come compito a casa, invece, non usa più. La questione da discutere, dunque, non è se mantenere o no la prova scritta di italiano alla maturità, ma come reintrodurre nelle nostre scuole l’insegnamento dell’italiano scritto, fatto di analisi logica, sintassi, costruzione del testo e tanta, tanta lesina quotidiana fatta di correzione dei temi parola per parola. Infine la constatazione più drammatica: questa scuola che non insegna l’italiano, ormai, ha incominciato a sfornare anche i professori che dovrebbero insegnarlo alle nuove generazioni. Il problema non è che molti di questi non ne abbiano voglia, ma che non sanno proprio da che parte incominciare.
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