ll recente decreto sulla regolamentazione dei comportamenti necessari per combattere il Covid-19 ha elencato tutta una serie di misure senza indicare un ordine di importanza tra esse. Eppure ce n’è una che è più importante delle altre e che le condiziona tutte: è quella relativa ai controlli da mettere in atto perché tutte le altre misure siano effettivamente applicate. Si tratta di una vecchia storia ed è quasi d’obbligo la citazione delle grida manzoniane. Ma il fatto stesso che si tratti di un aspetto ricorrente nelle vicende italiane induce a riflettere sul fatto che forse si tratta di un aspetto costitutivo della nostra identità nazionale, che resta, pur attraverso i mutamenti, costante nel tempo.
Di che si tratta? Credo che si possa rintracciare nella nostra vita sociale e politica una tendenza alla menzogna che nel linguaggio politico si preferisce definire, in maniera meno diretta, doppiezza. Il temine doppiezza appare più accettabile di quello di menzogna perché implica il riferimento ad un atteggiamento fondamentalmente politico, mentre menzogna implica immediatamente un giudizio morale, riferito ad una specifica persona. Ma anche la menzogna può diventare un carattere definitorio dell’identità di un gruppo sociale o addirittura di una nazione; un carattere non innato, naturalmente, ma cresciuto ad opera delle vicende storiche.
La propensione italiana alla menzogna (o, se si preferisce, alla doppiezza) ha una lunga storia e se ne potrebbero forse rintracciare le origini ben lontano nel tempo. Ma c’è stato nella nostra storia più recente un periodo in cui questo carattere si è imposto con forza lasciando tracce profonde, che ancora sono presenti nella nostra vita associata ed è stato il periodo del fascismo.
Nelle analisi sulle caratteristiche del fascismo sono stati messi in evidenza aspetti diversi a seconda degli orientamenti ideologici: la violenza, il dominio di classe, il nazionalismo e altri ancora. Ma non si è sufficientemente tenuto presente – e quando è avvenuto lo è stato soprattutto in opere letterarie – che il ventennio fascista è stato fondamentalmente il regno della menzogna, imprimendo un segno profondo nel nostro carattere nazionale.
Le prove, o se si vuole le testimonianze, sono infinite. Si parte dalla ragione stessa dell’esistenza del fascismo, nato, si è sostenuto, per combattere il pericolo della rivoluzione bolscevica e per rivendicare i diritti dell’Italia vincitrice nella guerra ma spogliata di tali diritti al tavolo della pace: ma in realtà il pericolo di una rivoluzione bolscevica esisteva solo nel linguaggio dei socialisti massimalisti; e la vittoria nella I guerra mondiale non fu affatto “mutilata” perché portò l’Italia ai suoi confini geografici naturali includendo dentro questi confini popolazioni non italiane: tedeschi, sloveni, croati.
Il fascismo nasce e si afferma così sulla base di una doppia menzogna; ma ciò è ancora niente rispetto a quanto accadrà dopo la conquista del potere e in maniera crescente via via che il regime si consolidava. Gli esempi sono infiniti: il culto della romanità e della vocazione imperiale è uno dei più presenti ma quello che più colpisce è che dalla sfera pubblica declamatoria la pratica della menzogna passa rapidamente a caratterizzare tutti i rapporti, anche quelli sociali privati, fino a invadere anche la sfera familiare. Ma anche restando nella sfera pubblica giustamente un’importante mostra (con un bel catalogo) sulle leggi razziali e sull’antisemitismo fascista, tenuta a Bologna nel 1994, ebbe per titolo “La menzogna della razza”, perché che si trattasse di una menzogna era chiaro anche a parte della classe dirigente fascista. Ma quando si pratica per anni la menzogna come se fosse la verità ufficiale ciò inquina tutti i rapporti fino a penetrare, come si è detto, anche nella sfera privata.
Il periodo della guerra civile e della Resistenza è stato un momento di verità non solo per gli antifascisti ma per gli stessi fascisti. Ma l’abitudine alla menzogna era penetrata in profondità e si ripresentò nella pratica della vita politica del dopo guerra. Da parte del maggior partito di governo, la DC, che dalla sua cultura di base trae facilmente l’abitudine alla dissimulazione (che non è quella “honesta” di Torquato Accetto), premessa necessaria per la pratica della doppiezza e della menzogna. Ma anche il maggior partito di opposizione, il PCI, coltivò e diffuse la pratica della doppiezza e della menzogna sia rispetto ai suoi fini politici sia sulla natura dello Stato-guida a cui si ispirava, l’Urss. Così dopo vent’anni di pratica ufficiale della menzogna da parte fascista gli italiani si trovarono immersi per decenni di nuovo nella menzogna, anche se di segno diverso.
Le vicende italiane e internazionali a cavallo degli anni ’80 e ’90 tolsero molta forza alle menzogne accumulate per decenni ma ne crearono di nuove, consolidando, sia pure in forme nuove, quella abitudine alla menzogna che ha percorso tutta la storia d’Italia del ‘900. Era perciò inevitabile che questa abitudine fosse ancora presente quando l’Italia si è trovata immersa nella crisi provocata dalla pandemia. L’abbiamo vista riemergere con forza in quelle che possono sembrare pure follie, quelle dei no vax, che viceversa sono la testimonianza che il confine tra verità e menzogna era già stato annullato da decenni. Ma anche coloro che credono alla realtà della pandemia e alla utilità delle misure prese per combatterla sono oggi messi alla prova. E’ qui che emerge la centralità del tema dei controlli. Perché sarebbe di nuovo un modello di menzogna pubblica se venissero adottate misure efficaci per combattere il Covid e poi non venissero messi in atto i controlli necessari per rendere effettiva la loro applicazione. Al di là della situazione limite causata dal Covid-19, questa è un’abitudine assai radicata nella storia italiana e ci rimanda alle famose grida manzoniane: si fa una legge, magari anche ottima, ma non si mettono in atto i controlli che permettono di verificare se essa viene effettivamente applicata. È anche questa una forma di menzogna, ancora più sottile di molte altre. Adesso, posti di fronte al Covid, c’è l’occasione per verificare se questa incallita abitudine alla menzogna può cominciare a essere sconfitta.
Pubblicato in Attualità il 03/12/202. Ripreso per SoloRiformisti con il consenso dell’autore.
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