“Strano posto è quello dove si legalizza l’uso della droga e si iniziano a ritenere illegali le opinioni. Libertà di drogarsi ma non libertà di espressione? Sarebbe così compiuto quel che vedeva un gran poeta come Baudelaire, contrario alla legalizzazione delle droghe: ci riducono a sudditi”: così ha scritto Davide Rondoni, scrittore e commentatore, sul Quotidiano Nazionale di martedì 30 novembre. Mettendo da parte la questione della droga, sulla quale bisognerà pure pronunciarsi, immagino che il riferimento alla libertà di espressione comprendesse anche la recente vignetta di Riccardo Mannelli sulla Leopolda discinta pubblicata su Il Fatto Quotidiano ed alla canea che si è scatenata sui social, nei quali in tanti si sono pronunciati apertamente per la censura, sostenendo fosse giusto impedirne la pubblicazione, mentre altri, non altrettanto numerosi, l’hanno ritenuta scadente, di cattivo gusto, collocata nel contesto sbagliato di un quotidiano generalista, senza tuttavia avere il coraggio di sostenere il diritto a pubblicarla, per il legittimo esercizio del diritto alla libertà d’espressione, che trova i suoi limiti esclusivamente nel codice penale e nei reati in esso previsti. Di fronte ai nemici della libertà d’espressione è significativa la citazione di Baudelaire che fu processato e condannato nel 1857 per la pubblicazione de I Fiori del Male, accusati di “offendere la morale pubblica e il buon costume”[1]
Personalmente sono contro ogni forma di censura: contro i roghi di “arte degenerata”, contro i gulag o i manicomi per intellettuali che contestano il potere, nella convinzione che le opinioni si contrastano con opinioni, che niente c’è di peggio della censura (e l’autocensura) in nome del politicamente corretto che diventa“ un’ingessatura o un’ossessione censoria”
Per tornare alla vignetta incriminata, ripropongo quanto scriveva nel 2016[2] Michele Serra, giornalista e scrittore satirico di grande notorietà, in riferimento ad una vicenda-fotocopia (stesso autore, stesso quotidiano, stesso bersaglio politico, non ho idea se nel frattempo Serra ha mutato opinione, mi piacerebbe che su questi giudizi si sviluppasse una discussione.
È bravo Mannelli, è volgare la sua vignetta?
Serra lo giudica “un eccellente disegnatore, nella deformazione “alla Bacon” della fisionomia umana è da sempre equanime, maschi e femmine, corpi di potere e non di potere. Più che volgare è, a volte, atrocemente ostile al genere umano”, casomai ritiene un quotidiano “medium troppo “generalista” per reggere l’urto di uno così”, ma questo attiene alla linea editoriale del quotidiano, Il Fatto Quotidiano vive di queste provocazioni, d’altronde non ci si ponevano tanti problemi quando “La Repubblica”, pubblicava in anni lontani, le vignette – non proprio affettuose – di Forattini con Spadolini nudo ed il pisello piccolo piccolo.
Allora va tutto accettato?
Risponde Michele Serra che “ detto che è normale e lecito dire “che brutta vignetta”, così come capita di dire “che brutto articolo” o “che brutto progetto di legge”, poi dopo che cosa si dovrebbe fare, istituire
un Vaglio Ufficiale del buon gusto?”: conoscendo l’Italia, le Regole Ufficiali del buon gusto per gli amici si interpreterebbero, ai nemici si applicherebbero ( mi intristiscono le regole sulla comunicazione istituzionale equa, sostenibile e condivisa siano esse dell’Unione Europea come della Toscana).
“Esiste una inesauribile ragione del contendere, tra satira e politica. È lecito offendersi, e sono insopportabili le pretese castali dei satirici di poter dire tutto su tutti senza pagare mai pegno: per i contenziosi rimediabili basta il tempo a cicatrizzare, per quelli irrimediabili ci sono i tribunali, il gioco, nelle comunità civilizzate, è questo. Non fa parte del gioco, invece, pretendere che la satira smetta di essere, quando le capita di esserlo, anche sgradevole, e farlo nel nome di una “correttezza politica” che andrebbe nominata solo quando occorre, per non renderla consunta e inutilizzabile”
Vogliamo ritornare alla censura, alle norme del buoncostume, a quelle che stabilivano quali film potevano andare nelle sale e quali no (Andreotti giovane vigilava..), quelle che volevano dettare i comportamenti personali, quelle cui si richiamava nel 1950 un giovane deputato, poi assurto alla Presidenza della Repubblica, che in un affollato ristorante di Roma, dove una signora si era tolta un bolerino a causa del caldo rimanendo a spalle nude, avrebbe attraversato la sala per gridarle: “E’ uno schifo! Una cosa indegna e abominevole! Lei manca di rispetto al locale e alle persone presenti. Se è vestita a quel modo è una donna disonesta. Le ordino di rimettere il bolerino!”
Davvero vogliamo che Leopolda si rimetta il bolerino? E quel “passerotto”? Davvero lo lasciamo andar via? Tradendo così l’invocazione di un cantautore popolarissimo?
[1] Solo il 31 maggio 1949 la Corte di Cassazione francese decise di riabilitare opere e memoria del poeta scomparso, revocando la condanna per oscenità ricevuta in vita da Baudelaire, tramite il procedimento di revisione e annullamento senza rinvio.[
[2] Da Spadolini a Boschi: la satira e il potere nudo, La Repubblica 11 agosto 2016. La vignetta riguardava le cosce di Maria Elena Boschi
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