In America l’hanno già chiamata “the Great Resignation”: un fuggi fuggi dal mondo del lavoro che non ha precedenti. E il fenomeno, in grande espansione, non risparmia nemmeno i paesi economicamente più sviluppati, con la stessa Italia a giocare un ruolo da protagonista. Un range che oscilla dal 2% al 3% di persone che di colpo e con motivazioni diverse, decide spontaneamente di licenziarsi.
Paghe troppo basse, la paura di contrarre il virus, la volontà di godersi maggiormente la vita dopo aver riscoperto nei vari lock down il piacere di alcune passioni sopite, o meno poeticamente una politica particolarmente generosa di sussidi governativi sono le ragioni che spingono molte persone a un radicale cambiamento di vita.
In USA la chiamano generazione YOLO (you live only once e non penso serva la traduzione), ovvero coloro che dopo aver sperimentato le ferree restrizioni dei lock down in certi settori oppure i carichi dello smart working in altri settori in cui la digitalizzazione è dilagata senza regole, hanno detto: “basta, grazie, non fa per me”.
È sicuramente un punto di rottura, come altri fenomeni, che magari vedremo la prossima settimana circa gli effetti della pandemia sul mercato del lavoro.
È ancora presto per capire se questo sia un fenomeno transitorio o duraturo, soprattutto perché non abbiamo memoria di una così forte ripresa economica a seguito di una pandemia mondiale.
Guardando ai soli dati italiani, per fare un esempio, poco meno di mezzo milione di persone tra aprile e giugno si è dimessa, un dato del+37% rispetto allo stesso periodo dell’anno prima e comunque superiore anche al dato “normale” del mercato 2019.
E mentre sempre più aziende faticano a trovare manodopera qualificata e personale per coprire i picchi di domanda di una economia in forte ripresa, (si narra) che ci sia mezzo milione di persone (almeno da noi), che suggerisce con fare flemmatico e rilassato di prendersela con più calma: del resto si vive una volta sola…
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