Lo sputtanamento mediatico in Italia nasce una trentina di anni fa, e poi è andato consolidandosi e perfezionandosi come metodologia comunicativa fino ad arrivare a livelli di straordinaria perizia nei nostri giorni.
La sua prima apparizione risale ai tempi di Mani Pulite, quando si venne a creare una santa alleanza tra un noto gruppo di magistrati inquirenti, i Pm della procura di Milano, e alcuni organi di stampa (tra cui il Corriere della Sera, Repubblica e l’Unità), con lo scopo determinato di smantellare i partiti di governo della Prima Repubblica: in primis Democrazia Cristiana e Partito socialista.
Lo sputtanamento consisteva, dunque, nello sbattere in prima pagina i nomi e le foto degli inquisiti, e farli passare come colpevoli già condannati o comunque certamente colpevoli di corruzione, concussione eccetera. Un giochetto che, come sappiamo, gli riuscì benissimo, tanto che i suddetti partiti si liquefarono sotto le inchieste giudiziarie, gli interrogatori, il carcere preventivo e l’indignazione popolare; qualche dirigente decise persino di ammazzarsi; qualcun altro morì di crepacuore; Bettino Craxi fece la fine che fece; anche se quasi nessuno venne poi condannato in via definitiva, a parte qualche ladro vero e proprio.
Quel metodo fondò una scuola, per cui continuò ad essere usato con costanza contro tutti i nemici politici o ritenuti tali; e il legame tra spezzoni di magistratura deviata e certi organi di stampa si strinse sempre di più.
Saltiamo gli anni dei processi contro Silvio Berlusconi e di tutto quello che è stato scritto per sputtanarlo: ormai anche il Ruby ter si sta concludendo con un buco nell’acqua e Berlusconi è uscito praticamente indenne da una sessantina di processi campati in aria; ma tant’è.
E veniamo ai più recenti casi di sputtanamento, perché qui il gioco si è fatto ancora più subdolo e davvero ci vorrebbe la penna di un Buzzati o di uno Sciascia per raccontarlo come si merita.
Cos’è cambiato dagli anni di Mani Pulite e di quelle campagne mediatiche contro la corruzione della classe politica?
L’entrata in scena di due nuovi attori: il populismo giustizialista grillino e il Fatto Quotidiano di Marco Travaglio, che del primo è insieme organo di stampa, propulsore e sostenitore.
In un certo senso, cioè dal punto di vista della strategia comunicativa messa in atto, credo che abbia pienamente ragione Piero Sansonetti quando sostiene che, se vogliamo trovare degli elementi di fascismo nella politica di oggi, non dobbiamo guardare ai partiti della Destra parlamentare, ma al Movimento 5 Stelle. Perché è grazie all’uso sistematico del “vaffa” e dell’odio che l’antipolitica è diventata fenomeno di massa in Italia, innestandosi perfettamente su quel filone moralisticheggiante e giacobino che aveva trovato nei Di Pietro e nei Davigo i suoi padri fondatori.
Torniamo agli sputtanati. Gli ultimi saranno i primi; e in verità, con i più recenti casi di sputtanamento mediatico, ne abbiamo viste di cose che noi umani non potevamo neppure immaginare…
Luca Morisi è (anzi lo era) l’esperto di social della Lega salviniana: il suo legame con il leader è diretto e chiarissimo, al punto che sputtanare lui significa colpire anche Matteo Salvini, che è entrato nel mirino della magistratura deviata da quando ha fatto il ministro dell’Interno.
Luca non è uno stinco di santo, conosce bene il lato oscuro del web: in passato ha diffuso fake news e manipolato contenuti a favore del partito per cui lavora. Ma non è per questo che viene indagato, anche perché non si tratta di un reato. Viene, invece, indagato per spaccio di droga ed immediatamente sbattuto sulle prime pagine e sui principali tg – laddove indagato diventa automaticamente accusato, di conseguenza colpevole -, quando organizza una notte di sballo e di sesso con due giovani rumeni che si prostituiscono sulla rete per sbarcare il lunario.
Gli ingredienti per una storia noir ci sono tutti: il sesso, la droga, i soldi e ovviamente la politica. Tutti o quasi tutti i media ci si buttano a capofitto, azzannano il collo di Luca Morisi e raccontano i dettagli più torbidi della vicenda. Solo dopo diversi giorni viene rivelata la verità: lui non è un pusher, la droga gliel’hanno portata i due ragazzi che per altro l’hanno minacciato e hanno cercato di estorcergli denaro. In realtà potrebbe essere più correttamente qualificato come vittima. Ma ormai il danno è fatto: la sua immagine pubblica insozzata, la sua salute mentale certamente danneggiata, e ha perso anche il lavoro.
E’ contro Matteo Renzi che lo sputtanamento mediatico tocca il suo apice, e dimostra ancora una volta l’esistenza di un legame perverso tra parte della magistratura, stampa e politica. Sorvoliamo sull’arresto dei suoi genitori, che è stata una pagina davvero obbrobriosa della Giustizia italiana, e veniamo all’episodio più recente: quando, in concomitanza con l’inchiesta sulla Fondazione Open, il Fatto Quotidiano pubblica per primo (altri importanti quotidiani lo seguono a distanza di un paio di giorni) il numero del suo conto corrente con relativa lista dei movimenti.
Premesso che tutto quanto è stato da Renzi guadagnato legalmente e, immagino, egli ci abbia pagato le tasse, possiamo fare solo un paio di semplici constatazioni conclusive: la prima è che le informazioni riservate sono state ovviamente passate ai giornalisti del Fattaccio Quotidiano dalla Procura amica con lo scopo di danneggiare la figura politica del leader di Italia Viva, sulla cui fondazione sta conducendo un’inchiesta molto discutibile; e la seconda è che, avendo invaso pesantemente la privacy di un cittadino italiano nonché senatore della Repubblica, Marco Travaglio ha superato di gran lunga il limite della decenza giornalistica.
Il segretario del Pd Enrico Letta, paladino dei diritti civili e delle minoranze, non pronuncia una sola parola in difesa di Matteo Renzi. Per fortuna, ci pensa il solito Carlo Calenda a dire come stanno le cose a proposito dello sputtanamento mediatico di Renzi: “Quello che accade tutti i giorni sui giornali contro di lui è barbarico”.
Luigi
Salve, ottimo articolo , condivido in pieno le parole e i concetti.
Il film Hammamet del regista Gianni Amelio, racconta la realtà storica, politica e umana, di uno dei più grandi politici Italiani, il quale ha subito l’aggressione giudiziaria e mediatica di cui fa riferimento l’articolo. Vi invito a guardarlo., quello che non ha fatto la Magistratura e la Stampa lo ha fatto il cinema: rendere giustizia attraverso la verità!