Vorrei partire dall’ “Exponential Pardox” di cui si tratta nella letteratura economica americana. Cioè se si guardano i grafici sull’innovazione tecnologica siamo di fronte a continue curve di crescita. E si afferma che “molte applicazioni stanno diventando meno costose, più potenti e sempre più pervasive”. Siamo quindi, dal punto di vista tecnologico, alle porte dell’Eden. Anzi, siamo già entrati, e a grandi passi procediamo verso un futuro di “abbondanza tecnologica”.
A fonte di questi inarrestabili trend si assiste oramai da tempo, ecco il paradosso, alla stasi della produttività economica e, a parte i “colossi” come Cina e in parte l’India, che tuttavia partivano da livelli di reddito molto bassi, non sembra esserci una correlazione fra “spinta tecnologica” e “spinta economica”. Come invece era accaduto nelle precedenti fasi economiche. E, più recentemente, nel periodo post bellico fino all’incirca agli anni 80.
Una parte della spiegazione, che è anche molto “consolatoria”, è che gli indici economici non colgono troppo bene il “vero” incremento di benessere e quindi di reddito generato dalla attuale rivoluzione tecnologica. Dentro un iPhone, che costa intorno ai 1000 euro, ci sta un computer, una macchina fotografica, un televisore, una radio, un supporto di scrittura, un archivio etc. Insomma forse il “valore” di questi ”nuovi prodotti” è superiore al loro “valore economico”. E’ un discorso complesso. Non facile da affrontare in termini di statistica economica e quindi di valutazione secondo gli schemi consolidati che portano ai noti indicatori del pil, della produttività, del valore aggiunto e così via.
Ma c’è anche una spiegazione “meno consolatoria” che, secondo alcune ricerche dell’Ocse, va sotto la metafora del “best and the rest”. Cioè, secondo questa interpretazione, il tipo di tecnologia che avanza in questa fase ha caratteristiche di non “facile assorbimento” per cui spinge il sistema verso una forte dicotomia fra i soggetti migliori, i vincenti dal punto di vista tecnologica, ed il resto dei soggetti più arretrati che rappresentano la maggioranza del sistema economico. E’ in tal modo spiegato perché, nonostante le potenzialità di crescita quasi esponenziali, la realtà economica cresce invece con una certa lentezza e non sfrutta al massimo tutte le possibilità che sarebbero accessibili.
Il fatto è che il ciclo dell’innovazione, rappresentato dalla filiera “innovazione, diffusione e assorbimento”, non si realizza in maniera automatica e naturale ma necessita, per realizzare il massimo della potenzialità, di istituzioni e strumenti capaci di rafforzarne la dinamicità. Cioè dalla innovazione all’assorbimento, e quindi all’utilizzo diffuso in economia e nella comunità sociale, ci sono una serie di passi che possono portare a lentezze, interruzioni, ritorni indietro e perdite se non sostenuti da qualche supporto. Primo fra tutti il supporto formativo e culturale dei soggetti che devono far uso delle innovazioni tecnologiche a tutti i livelli.
E facile capire quali possono essere questi tipi di supporti. Certamente una formazione universitaria a livelli adeguati e rivolta alle facoltà STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics). Superando, come ci dicono le direttive europee, quel “gender gap” che non mette in campo, come invece sarebbe necessario, l’ingresso delle donne nel mondo scientifico. E certamente una offerta di lavoro tecnologicamente preparata anche sui livelli tecnici intermedi (la famosa formazione tecnica di cui, in Italia, si ricorda spesso la mancanza).
Insomma per “assorbire” l’innovazione tecnologica ci vuole un “campo arato” in grado di far crescere i “semi della scienza” e farli diventare piante diffuse, rigogliose e continuamente cangianti attraverso processi di innovazione incrementale e, sui grandi numeri, anche casuale.
Ma c’è un altro punto importante. Ed è la crescita culturale della comunità rispetto alla tecnologia, alle sue continue e diffuse applicazioni e alle “cose tecnologiche” che si possono creare ed usare nella vita quotidiana e nelle attività economiche, sociali, mediche, culturali, emergenziali di società e istituzioni pubbliche.
Questa cultura è importante in sé, come elemento indispensabile perché la comunità possa utilizzare il grande volume di “cose e servizi” che la tecnologia mette a disposizione, ma anche dal punto di vista economico. Perché, specialmente in sistemi caratterizzati da piccole e medie imprese, da artigianato tecnologico e da professionisti individuali la cultura della comunità, come ci ha insegnato l’economia dei distretti industriali marshalliani, è uno degli asset fondamentali dello sviluppo economico.
E allora occorre creare questa cultura, certo rafforzando la formazione universitaria e superiore, certo incrementando le relazioni fra imprese dell’area “best” con quelle dell’area “rest” ma anche diffondendo fra la popolazione in generale ed in particolare fra gli imprenditori, i tecnici, gli amministratori locali, i docenti e gli studenti la conoscenza e la competenza tecnologica.
Per diffondere la conoscenza e aumentare la competenza della comunità ci sono diversi strumenti. A Firenze è stata organizzata d’intesa con il Dipartimento Nazionale della protezione Civile e con tanti altri soggetti istituzionali, di ricerca e del mondo produttivo una Expo sulle applicazioni tecnologiche per la Terra (Earth Tech Expo – etexpo.it) che ha, appunto, questo obiettivo. La Expo di Firenze, presso la Fortezza da Basso a Firenze Fiera, dal 13 al 16 Ottobre mette in mostra le applicazioni tecnologiche che interessano Istituzioni e imprese che agiscono sulla Terra e quindi sulla vita delle comunità locali. Si tratta tecnologie per la gestione delle emergenze, per il controllo delle infrastrutture viarie, ferroviarie e portuali, per la gestione dei servizi pubblici locali, per la conduzione avanzata nel mondo agricolo, per la produzione e la distribuzione dell’energia, per lo sviluppo del 5G e la creazione di Smart City.
A Earth Tech Expo ci saranno incontri di altissimo livello con tutti i protagonisti e gli stakeholder dei diversi settori. La visita alla Expo, che è gratuita e libera per chi è dotato di “Green Pass”, contribuirà a dare ad ognuno una fotografia dell’oggi ma con una forte proiezione verso il futuro. E darà, in particolare ai giovani, l’immagine del mondo in cui si troveranno a lavorare e ad agire nei prossimi anni. E consegnerà a tutti un’immagine del paese più avanzata e più dinamica di quanto, troppo spesso e da troppe parti, si sente parlare
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