Nella scorsa settimana la volatilità dei mercati internazionali è aumentata in maniera consistente, certificata dall’indice Vix (o indice della paura) e amplificata dall’origine geografica della preoccupazione: la Cina.
Già. Ancora la Cina. “Ancora tu”, per dirla alla Battisti. E un altro “Tocco di Alviero” era stato appena dedicato sulle recenti riforme avviate in Cina e i loro effetti sui mercati globali.
Ma cosa sta succedendo? Brevemente: la seconda maggiore società immobiliari cinese (Evergrande) sta fallendo e la banca centrale cinese, è già intervenuta immettendo liquidità per circa 110 miliardi di $, per impedire che l’intero settore immobiliare cinese possa cadere nel marasma. (Curiosità: il nome scelto dal fondatore fu mezzo italiano e mezzo inglese perché fosse di buon auspicio.: “Grande per sempre”… non è andata esattamente così).
Una crisi come tante altre? Non proprio, perché la crisi della società è deflagrata anche per l’atteggiamento più severo delle autorità cinesi in tema di regolamentazione dell’attività economica: è stato dato un giro di vite sui debiti societari e sull’utilizzo della leva finanziaria da parte delle imprese. Non potendo più facilmente finanziarsi sul mercato domestico, la società in questione è dovuta andare a cercare soldi fuori, con condizioni molto più impegnative e questi debiti sono i primi ad essere “saltati”. Stiamo assistendo a una crisi tipo Lehman Brothers?
Probabilmente (e per fortuna) no e per una serie di motivi. Primo perché il governo cinese ha da poco avviato un sistema di regole molto più severe in termini di indebitamento societario, mettendo già in conto anche qualche problema di tenuta finanziaria. Si ballerà di certo, ma la turbolenza di mercato dovrebbe rientrare e in ogni modo il sistema bancario cinese ha spalle grosse per assorbire la perdita senza eccessivi traumi e permettere al partito comunista di rispettare gli obiettivi strategici e di crescita di lungo periodo (raddoppio PIL al 2035). Secondo, perché l’indebitamento di Lehman Brothers era stato comprato dalle maggiori economie mondiali, mentre per Evergrande (almeno per i dati ad oggi noti) i creditori sono in grandissima parte domestici (banche cinesi e altre istituzioni) e il debito sembra essere molto parcellizzato.
Di certo, bisognerà però capire se questo sia un caso isolato, o la recente svolta attuata dal governo centrale per raggiungere quella “prosperità sociale” tanto ricercata, non comporti, per paradosso, una diffusa instabilità finanziaria e/o una distruzione permanente di ricchezza.
“Con la ricchezza aumentano le preoccupazioni, con la povertà non diminuiscono”. Lo diceva Socrate, ma forse sarebbe stato meglio se fosse diventato anche un proverbio cinese.
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