Adesso tocca all’Italia, certamente Mario Draghi sa benissimo che il nostro Paese non deve permettere che si consenta alla vergogna di Durban di prendere di nuovo le ali. Ieri Macron l’ha annunciato: la Francia non ritiene opportuno partecipare alla quarta replica della conferenza del 2001 che, sotto l’egida dell’UNESCO e col titolo fasullo di “conferenza contro il razzismo la xenofobia e l’intolleranza” ha creato, sempre più alta negli anni, l’attuale ondata di letale antisemitismo. Le basi teoriche e politiche erano tutte lì. Qui prende corpo il più rabbioso antisionismo che attacca insieme Israele e il popolo ebraico e non nasconde il suo scopo genocida, un movimento pericoloso perché senza confini geografici, sposato col terrorismo e con la violenza e travestito, proprio come la prima conferenza di Durban, coi panni dei diritti umani e della “critica legittima” a Israele. La quarta replica di questa conferenza avrà luogo il 22 settembre: gli USA, il Canada, la Germania, Israele, la Repubblica Ceca, l’Inghilterra, l’Olanda, hanno già annunciato il loro boicottaggio. Lo stesso deve fare l’Italia e così rifiutare la criminalizzazione dello Stato d’Israele e l’antisemitismo che essa genera: Durban si inventò, e oggi continuano su questa strada i suoi eredi, gli slogan di Israele stato razzista, di apartheid e genocida contro ogni realtà dei fatti, dato che lo Stato Ebraico,, spasmodicamente democratico, pratica una politica che è l’opposto di questa; Durban nel 2001 disegnò l’idea dell’occupazione “fuorilegge”, ignorando gli accordi di Oslo firmati da Rabin e Arafat e contro tutta la storica discussione giuridica sull’argomento; fece della questione dei territori occupati un punto per chiamare Israele illegittima e coloniale, senza mai tirare in ballo le tante altre occupazioni, come quella Turca di Cipro o quella Cinese del Tibet..Martin Luther King lo disse chiaro: fratello, se attacchi con odio Israele sei semplicemente antisemita.
A Durban, da inviata della Stampa, ho raccontato giorno dopo giorno incredula come Arafat, Fidel Castro, Mugabe, forti del sostegno antiamericano e antisraeliano basato sulla tradizione sovietica, inveissero a turno dalla tribuna. Nelson Mandela era là presente; li ho sentiti propagandare il loro odio antisemita mentre le delegazioni di tutto il mondo si agitavano inquiete senza sapere che fare, dire che Israele era uno stato di apartheid e che quindi doveva cessare di esistere; Israele diventò lo zombie del colonialismo contemporaneo a fronte di uno Stato palestinese mai esistito, ma improvvisamente divenuto, mentre i terroristi palestinesi con la seconda Intifada compivano strage di donne e bambini nelle strade di Gerusalemme, un ideale simbolico onnicomprensivo della salvezza del mondo. Gli ebrei erano stati gli assassini di Cristo, poi la razza inferiore da cancellare, poi gli infedeli invasori dell’Islam, con Durban diventano la bestemmia della religione dei nostri tempi, i diritti umani. Proprio, paradosso, mentre a fatica e sempre in guerra, sono la speranza democratica del Medio Oriente. Oggi rischiamo, andando a Durban di rinvigorire le teorie razziste che l’hanno dominata.
L’inveire dei famosi leader echeggiava nell’emiciclo semibuio, affollato e confuso, circondato dal brusio perplesso delle delegazioni che uscivano nel corridoio per cercare un accordo impossibile sulle risoluzioni. Dalla delegazione italiana Margherita Boniver si batteva coraggiosamente, quando ci incontravamo nei corridoi ci scambiavamo parole disperate. Negli intervalli incontravo altri ebrei come me, rifugiati e inseguiti, gli speaker venivano impediti dal prendere la parola. E ad ogni momento stavano riunite in permanenza le ONG che distribuivano materiali di odio antiebraico come i protocolli dei Savi di Sion, si abbellivano con la Kefia, terrorizzavano la delegazione israeliana. I tutsi, i tibetani, i guatemaltechi del Premio Nobel Rigoberta Manchu che si aggirava nei suoi abiti multicolori, gli “intoccabili” indiani, gli Uiguri…tutti gli oppressi furono ridotti a comparse in confronto alla ben programmata guerra contro Israele. La vergogna della celebrazione di un simile evento deve essere evitata per il bene dell’umanità. Accusare Israele di genocidio e di razzismo, delegittimarne l’esistenza stessa, è il nutrimento primario del movimento antisemita contemporaneo in continua crescita, che in più si è arricchito in questi ultimi tempi del termine “suprematismo”. Le folle, impugnando a piacere la bandiera dei diritti umani, quella dei musulmani contro l’islamofobia, o dei neri contro il razzismo (“black lives matter”) o delle donne, sulla linea dell’equivoco di Durban gridano “from the river to the sea Palestine will be free”, ovvero chiedono la cancellazione di Israele, e “Fuck the jews” si è sentito gridare a Londra, o “chi è ebreo qui?” in un ristorante di Los Angeles.
Signor Primo Ministro, chiudiamo almeno questo rubinetto d’odio. Dopo il primo Durban, otto anni dopo Gheddafi ne ha presieduto la prosecuzione; poi nel 2011 Mahmoud Ahmadinejad vi ha tenuto il suo show negazionista. Seguendo una manifestazione organizzata nel 2001 dalle ONG, sopra le teste dell’umanità variopinta fiera della sua recente liberazione dall’apartheid, la cronista vide ondeggiare i ritratti sollevati bene in alto di Osama Bin Laden. Pochi giorni dopo, tornata a Gerusalemme, vidi in diretta il disastro che ha cambiato il mondo.
(questo articolo con il consenso dell’autrice è ripreso da Il Giornale)
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