Gentile Presidente Draghi,
nei giorni scorsi ho avuto modo di ascoltare e riflettere sulle parole del Ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani. Uno scienziato da Lei chiamato a far parte del Suo Governo, nell’ottica della creazione di un dicastero ad hoc, pensato e realizzato – ancora da Lei – per fare la nostra parte – quella dell’Italia e dell’Europa – di fronte alla sfida epocale del riscaldamento globale e, oserei dire, a presidio della nostra civiltà.
Accosto questi due concetti, apparentemente distanti, perché sulla base dell’urgenza espressa dalla loro connessione mi rivolgo a Lei per parlare di scuola.
La scuola, si sa, è un presidio di civiltà. È lì che i giovani imparano, o meno, ad agire comportamenti sociali come solo una palestra sicura come una scuola può consentire.
La pandemia ha portato una grave crisi globale a cui l’UE ha risposto positivamente, trovando la volontà comune di riattivare significativamente il processo di integrazione fermo da molti anni. Insomma, ha rilanciato verso una meta comune: rispondere al dramma innescato in ambito sanitario, economico e sociale con un’azione unitaria e di proporzioni mai viste fin dalla sua fondazione.
Augurando a questo nuovo corso comunitario tutto il successo possibile, le sfide di questo millennio sono comunque molto serie, a partire da quella ecologica. Al punto in cui siamo arrivati dobbiamo dire con chiarezza che la lotta per salvare la nostra civiltà è una sfida globale e costosa, che occuperà il prossimo decennio e si estenderà anche oltre. Il ministro Cingolani ha spiegato con estrema chiarezza, da scienziato qual è, le ragioni per le quali dobbiamo dare grande importanza alla lotta alla crisi climatica.
La presidente Von der Leyen aveva già indicato nel Green Deal europeo il primo pilastro del suo mandato quinquennale; e un forte intervento sui temi della sostenibilità è stato poi inserito nel piano Next Generation EU. Indicando così la volontà politica di fare della UE un “presidio verde” del pianeta. Dando il buon esempio, per poi lavorare con tutte le armi della diplomazia e della cooperazione internazionale per rendere più sostenibile l’impronta ecologica dell’umanità.
Ma nell’era dell’antropocene, non possiamo pensare che un reale e significativo cambiamento negli indicatori di salute del pianeta non debba passare da un intervento culturale. Per questo il pianeta ha bisogno della scuola.
E l’Italia ha bisogno di una scuola che funzioni bene, dagli ambienti di apprendimento alla qualità della docenza.
Senza un buon servizio di istruzione e di educazione alla civiltà dei nostri bambini e ragazzi non salveremo la vita dell’uomo sulla terra. E temo non salveremo neanche la civiltà occidentale basata su valori di libertà, di equità e di solidarietà politica, economica e sociale. Non salveremo neanche i sistemi democratici, perché la democrazia ha bisogno di persone che leggono e che comprendono ciò che leggono; si informano e poi formano le loro opinioni. Mentre pare che i livelli di analfabetismo funzionale siano ancora in aumento.
L’Italia dovrà fare la sua parte, anche con i soldi del PNRR, perché quanto sta già avvenendo mette a repentaglio la nostra civiltà, con effetti che potrebbero ripercuotersi su tutti gli Obiettivi dell’Agenda 2030.
Occorre avviare con decisione una lotta alla quale ognuno deve contribuire a seconda delle sue possibilità, che non deve aggravare le disuguaglianze nel Paese ma semmai ridurle, che non deve danneggiare l’apparato produttivo ma semmai stimolarlo verso nuove sfide, ma che deve essere impostata con un messaggio politico chiaro e coinvolgente. A partire da interventi decisi là, dove si impara ad elaborare le proprie opinioni ed a confrontarle “civilmente” con quelle degli altri. Dove si impara ed elaborare pensieri razionali ed esprimerli in maniera argomentata. Dove si impara a leggere la realtà che ci circonda ed i fenomeni in atto, comparandoli con gli eventi del passato.
Tutte competenze che devono diventare più diffuse di quanto lo siano oggi.
E solo una scuola di qualità può fare questo miracolo.
Allora La invito, Presidente, a mettere la scuola ad un livello alto tra le priorità su cui operare le scelte di governo e, magari, dare un primo segnale evidente di questa ritrovata considerazione della scuola nel decidere, fin d’ora, che le lezioni riprenderanno in presenza a settembre. E saranno (se necessario) tutte le altre variabili in gioco – i trasporti, i locali, il numero degli insegnanti – che dovranno essere adeguate a sostenere questa scelta.
Insomma, Presidente, ripartiamo dalla persona. Lavorando perché ogni persona possa formarsi al meglio e sviluppare la propria personalità ed i propri talenti, contribuendo al progresso del paese e dell’umanità.
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